Canto di Natale II
Sì, va be’: ho un bel fare la cinica, e poi mi sciolgo ogni volta che sento questo:
Che devo dire? God bless us, everyone!
Sì, va be’: ho un bel fare la cinica, e poi mi sciolgo ogni volta che sento questo:
Che devo dire? God bless us, everyone!
Nel Galles ci sono bizzarre abitudini natalizie. O almeno c’erano.
Francamente non so quanta gente vada ancora in giro per i villaggi avvolta in un lenzuolo e con un teschio di cavallo in testa, bussando alle porte, scambiando insulti rimati in Gaelico (pwnco) con i padroni di casa. Chi se ne va in giro in questa guisa, solo o in gruppo, prende il nome gaelico di Mari Lwyd, che potrebbe significare “giumenta grigia”. Tradizione voleva che se la gente della casa restava sconfitta nella tenzone poetica, la Mari Lwyd avesse il diritto di rimanere a cena con tutto il suo seguito. In ogni caso, era buona creanza offrire almeno un glennig, che è una piccola mancia, o un bicchiere di glaster, ovvero acqua e latte.
Meno macabra è la tradizione del Plygain: nelle zone di campagna, la notte della Vigilia, tutti gli uomini del villaggio si riunivano in chiesa e cantavano canti natalizi a tre o quattro voci, senza accompagnamento, dalle 3 alle 6 del mattino. Buone ugole e buoni polmoni, evidentemente.
Quanto ai dolci, in famiglia si preparava il taffy, fondamentalmente una pasta tipo caramelle mou o toffee. Dopo cena, ci si riuniva attorno alla stufa, si raccoglieva a turno una cucchiaiata d’impasto di zucchero ben caldo e la lasciava cadere a nastro in una pentola di acqua fredda. A contatto con l’acqua, il taffy si arricciava, e i giovani cercavano di vedere nei riccioli l’iniziale del proprio vero amore. Adesso il taffy si compra nelle drogherie chic.
Quando stavo a Cardiff, il Natale era molto inglese: gli studenti di musica venivano a cantare le carols sotto le finestre, i cappellani dell’Università dicevano messe/funzioni di durata regolamentare e ad orari assennati, i negozi vendevano pudding e candy canes, e nessuno andava in giro con un teschio di cavallo in testa.
E però, quasi mi dispiace non avere visto nemmeno una Mari Lwyd: quando mai mi capiterà più di sentire gente che s’insulta in Gaelico (e in rima) la sera di Natale?
Non so più dove ho letto che Canto di Natale, la storia natalizia per eccellenza, in realtà non è poi così edificante.
Scrooge è avaro e misantropo, maltratta lo Spirito dei Natali Passati, si scuote ben poco davanti allo Spirito del Natale Presente ma si spaventa a morte (pun intended) davanti allo Spirito dei Natali Futuri. Scopre che non gli piace per nulla l’idea della tomba solitaria, della morte illacrimata… Ed ecco che la fifa blu compie il miracolo che né la nostalgia né il buon senso avevano potuto, e Scrooge, improvvisamente filantropo e festevole, si precipita a fare incetta di tacchini e dolciumi, e piomba nelle feste natalizie altrui.
E’ davvero così bello e istruttivo, tutto ciò? Così rassicurante?
Di solito appartengo alle folte schiere dei lettori che negli ultimi centocinquant’anni e rotti sono stati ben felici di lasciarsi incantare da Dickens e dai suoi fantasmi… Di solito non mi domando se, passate le feste, smaltiti gl’incubi e digerito il pudding, Scrooge non debba fatalmente tornare quello di prima. Si sa, gli spaventi impallidiscono col tempo, e immagino che Bob Cratchit rimanga la timida, benintenzionata e inefficace creatura che è, e che Fred resti un simpatico e scanzonato giovanotto… per quanto tempo ci andrà d’accordo il vecchio Scrooge?
Sì, ecco, di solito non mi faccio questo genere di domande, ma stasera sono di umor cinico, che ci posso fare?
Santa Lucia deve avere letto il post dell’altro giorno, perché mi ha portato un mug favoloso.
Da una parte c’è Snoopy che scrive “Era una notte buia e tempestosa…”, e dall’altra Snoopy che immagina di essere un asso della I Guerra Mondiale. In mezzo c’è il manico, utile per quando si vuole bere il tè, oltre a contemplare il bracchetto.
“Se si eccettua il baseball,” mi si è commentato, “Snoopy praticamente sei tu: o a scrivere, o persa a immaginarti delle battaglie.”
Ma io protesto, protesto vivacemente: non so se inizierei un romanzo con “Era una notte buia e tempestosa…” (oddìo, non si sa mai… peccato che l’abbia già fatto Bulwer-Lytton), ma una cosa è assolutamente certa: non immaginerei mai di combattere contro il Barone Rosso. Io immaginerei di essere il Barone Rosso, che caspita!
E per tutta la giornata, immaginatemi china sulle mie carte, con la tazzona fumante accanto.
Essendo domani Santa Lucia, parliamo di regali e regalini.
“Che cosa si regala a uno scrittore?” mi domanda E. E’ possibile che questa sia in realtà una manovra poco sottile per scoprire che cosa vorrei sotto l’albero, ma forse a E. interesserà sapere che uno scrittore è un tipo di animale che, avendo ricevuto una domanda del genere, per prima cosa ci fa un post.
Allora, vediamo un po’. Come rendere felice uno scrittore/aspirante scrittore la sera del 24?
– Taccuini. Magari di quelli con lo spazio per una penna, ma piccoli, da tenere in borsetta o in tasca, da portarsi sempre dietro, ma proprio sempre, perché non si sa mai quando si vorrà prendere nota di qualcosa. La scelta è infinita, dal classico taccuino Moleskine ai Paperblanks che riproducono rilegature antiche, ai quadernini minimalisti Ikea*… Ha anche il vantaggio di essere uno di quei regali dove fare un doppione non conta, perché di questi arnesi, lo scrittore medio ne consuma a bizzeffe.
– Cancelleria. Con giudizio, e premurandosi di conoscere preventivamente il metodo del destinatario: una scatola intera di biro blu confezionata con cura è molto benaugurante per chi scrive tutte le sue prime stesure a mano. Per gli aficionados della tastiera, però, meglio un mousepad a tema. Una volta, durante un periodo di sconforto, ho ricevuto una scatola: dentro c’erano un bel po’ di biro e una risma di carta, sul cui primo foglio il donatore si era premurato di stampare un’ipotetica copertina del romanzo in cui ero impantanata. Avevo apprezzato molto. Un caveat: la penna elegante, questo classico tra i regali, non è sempre la migliore delle idee. Chi scrive con una penna speciale, probabilmente la penna speciale ce l’ha già, mentre la maggior parte degli amanuensi usa biro, roller o matite di largo consumo.
– Mugs. Ovvero quelle tazzone alte con il manico. Potrei dire che è un dato di fatto: gli scrittori fanno le ore piccole e si sostentano a tè e caffè lungo; oppure potrei dire che è un fatto: gli scrittori scrivono nelle soffitte, dove fa freddo, e una bella tazzona fumante serve a scaldarsi le mani ogni tanto… Ma siamo onesti, il fatto è che il mug fumante accanto alla tastiera/quaderno/pila di fogli fa tanto, tanto, ma proprio tanto scrittore all’opera. Che ne esistano tante a tema*** è senz’altro d’aiuto. Qui di fianco ne vedete uno shakespeariano. Una tazza di caffè, Yorick?
– Penne colorate. O pennarelli. O matite. Per sottolineare le fotocopie degli articoli, per cercar di chiarire il tortuosissimo schema del XXXII capitolo, per codificare gli interventi necessari in fase di revisione (verde: sono così felice di essere la persona che ha scritto questo paragrafo; giallo: a cosa stavo pensando quando ho scritto ciò?; arancione: urge energico intervento; le sfumature di rosso vanno dal disastro al macello, alla catastrofe, all’apocalisse, a come-ho-mai-potuto-pensare-di-avere-un-briciolo-di-talento?), per disegnarsi luoghi e personaggi se si è abbastanza bravi. Ad ogni modo, lo scrittore medio ama le penne colorate. Come le Stabilo Pen 68, che esistono a punta media e punta fine, e in una cinquantina di colori.
– Writing Software. C’è di tutto un po’. Ci sono editor di testo/gestione progetti a prezzi ragionevoli (20-40 $): Writer’s Cafè, molto colorato, con pretese di stile e una quantità di funzioni, compresi i suggerimenti giornalieri, una vasta scelta di esercizi di scrittura, un sistema di brainstorming, un sistema di importazione, raccolta e archiviazione di materiale (foto comprese), un diario/agenda, un generatore di nomi e una funzione di progettazione “Storylines”, oppure Liquid Story Binder (per PC) o Scrivener (per Mac). Questi sono strumenti di lavoro, buoni per organizzarsi e tenere a portata di mano il materiale. Per chi vuole qualcosa di più didattico, c’è il celebre Dramatica Pro, che costa un’ira e consente di sviluppare personaggi, archi narrativi, trama e sottotrame, ambientazioni, dialoghi, ritmo e passo tramite una serie di strumenti molto sofisticati. Un po’ meno costoso è Write Pro, di Sol Stein (celebre autore di manuali di scrittura creativa), che però è a mezza via tra un software e un corso. Il che ci porta a…
– Corsi di scrittura. Qui bisogna essere certi che il destinatario non prenderà il regalo come un apprezzamento poco lusinghiero. In un mondo ideale, tutti gli scrittori sarebbero gente matura, umile e seria, sempre ansiosa d’imparare e perfezionare la propria arte… essendo il mondo quello che è, siate ben sicuri di non provocare incidenti diplomatici, prima di regalare uno di questi. Detto questo, la scuola di scrittura più celebre d’Italia è la Scuola Holden di Torino****, che offre una scelta di corsi, laboratori e seminari, da seguirsi in loco oppure online. Naturalmente non parlo tanto del (costoso) biennio di Scrittura&Storytelling, quanto dei corsi brevi, dei weekend di scrittura, dei corsi di narrativa o sceneggiatura online, o magari dell’accesso ai servizi editoriali… c’è un po’ di tutto, per chi è in vena di un regalo importante. Per chi conosce bene l’Inglese, ho già parlato di più di una volta di Holly Lisle, ma potrei citare anche il celebre Gotham Writers Workshop, il cui materiale si trova anche tradotto in italiano in forma di manuale di scrittura.
– Dizionari. Non troverete molte altre categorie disposte ad andare in estasi per un dizionario. E non dico il vocabolario italiano (quello deve già averlo, deve averne più d’uno, sennò non è uno scrittore!), ma di tutte le meraviglie come dizionari ragionati dei sinonimi e dei contrari, dizionari idiomatici, dizionari tecnici, glossari specifici, dizionari storici, cronologie complete, atlanti storici, dizionari scientifici, dizionari visuali, repertori, libri di terminologia… non c’è argomento che non abbia la sua quantità di dizionari, è solo questione di cercare. E da questo segue logicamente, last but not least…
– Libri. E qui, che posso dire? Un’edizione preziosa di un autore molto amato, un manuale di scrittura, un libro che a voi è rimasto nel cuore e vorreste tanto condividere, l’ultimo bestseller da analizzare riga per riga, un saggio su quel certo argomento, immagini di quel dato posto… Non c’è limite alle possibilità, e non c’è libro che uno scrittore non sia, in un modo o nell’altro, interessato a leggere.
Ecco qui. Poi tutto è relativo, ma di sicuro c’è qualcosa cui queste bizzarre creature non sanno resistere (come dicevano in quel documentario della BBC in cui Gerald Durrel attirava allo scoperto un echidna con un pezzo di formaggio), ed è mostrare che considerate la loro scrittura una parte integrante della loro vita e della loro personalità: un tratto fondamentale, che vale la pena di prendere in considerazione nella scelta dei regali natalizi. A parte la fatidica domanda “che cosa stai scrivendo?” non c’è mezzo più sicuro per far felice un echidna, a Natale o in altre stagioni.
Uno scrittore: volevo dire uno scrittore, of course!
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* Va bene, lo confesso: non ho mai messo piede in un coso Ikea e conto di non farlo mai. Però conosco gente che adora l’Ikea, che possiede quadernini minimalisti acquistati all’Ikea, che li ama con passione.
** Mentre cercavo un’illustrazione di un mug, mi sono imbattuta in questo sito. Onestamente, non so immaginare chi possa volere una bambola di pezza con le fattezze di Virginia Woolf o di Mark Twain, ma sono completamente affascinata…
*** Ok, non mi tengo: questo è il mio mug, comprato a Covent Garden piazza. Quando ho visto che le coste riprodotte riportavano titoli delle Bronte, di Jane Austen, di Kipling, di Thackeray, potevo forse lasciarlo dov’era? No, non potevo.
**** In questo periodo ha anche una promozione natalizia per chi vuole regalare uno dei suoi corsi. Vedere sul sito. E no: non sono in nessun modo affiliata alla Holden e non percepisco percentuali su nessuno dei prodotti che ho citato in questo post.