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Lug 9, 2010 - scribblemania    Commenti disabilitati su Giornate d’Estate

Giornate d’Estate

Oggi mi sono piazzata in giardino con il computer portatile e una quantità industriale di autan, e ho scritto.

Ho scritto a lungo, con costrutto e con soddisfazione.

No, non ho nemmeno toccato 7K, e men che meno TRA. Siccome sono dissennata, ho lavorato per un’oretta all’ennesima lucidatura di una novella lunga che spero di vendere a una rivista (non Glimmer Train) e poi mi sono dedicata a un’altra cosa, E’ una faccenda senza capo né coda che ho in mente da secoli e ultimamente ha preso forma per l’irragionevole motivo che ho visitato un’enorme, imponente e meravigliosa abbazia benedettina – il posto perfetto per questa storia, nonostante quello che pensavo prima in proposito. Non è nulla che pensi di pubblicare, anche perché è solo semi-storica ed è in una forma irragionevolmente anacronistica: consideriamolo un esercizio, un esperimento, una vacanza – davvero non so.

Epperò scrivere per quasi cinque ore senza alzare la testa dal computer… Ah! E oggi, meteo permettendo, encore.

Giu 30, 2010 - scribblemania    Commenti disabilitati su Luglio

Luglio

Dunque, domani è il 1 Luglio*.

Ho deciso che luglio sarà un mese d’intensa scrittura e lettura.

Non che possa prendermi un mese di ferie, sia ben chiaro, ma ho organizzato le cose (o almeno spero di averle organizzate) in modo da avere del tempo libero, in luglio, così da poter scrivere e leggere parecchio. Un Writing & Reading Month.

Lista di cose da scrivere:

§ Racconto di 7000 parole – argomento storico, elementi inconsueti (per me), doppio punto di vista femminile, nuova tecnica da sperimentare, occhio rivolto a Glimmer Train**. D’ora in poi conosciuto sotto il nome di 7K.

§ Riprendere la revisione della Mela Rossa – e darci dentro sul serio, e al diavolo Balta Oghlu! No, non davvero al diavolo, si capisce, ma adesso si fa come dico io, che diamine! D’ora in poi conosciuto come TRA.

§ Idea Nuova – no, non mi metto a scriverla adesso, anche perché è ben lungi dall’essere pronta e anzi, ne esiste ancora solo metà, ma è lì che luccica e promette, ed è il genere di idee che di solito, con la debita quantità di applicazione, tempo e paglia, mi conduce a scrivere romanzi metaletterari, metastorici o metaqualcosa: per il momento richiederà molte tempeste cerebrali, molti strologamenti e un po’ di finta noncuranza. D’ora in poi indicato come NI.

Ed è molto più che abbastanza, credetemi.

Quanto alle letture, allora…

Il Grande Gioco, Il Mondo Di Ieri, The Infernal World of Branwell Bronte, Brat Farrar, Il Libro Dei Libri Inesistenti, Per Una Stella Da Maresciallo, The Lodger, Novel Writing: Beginnings, Middle Points, And Endings, El Sol De Breda, Dumas Et Les Mousquetaires, che fa già una media di un libro ogni tre giorni, e poi non sono nemmeno sicura che non arrivi qualcos’altro da recensire per la HNR…

Vi terrò aggiornati.

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* Voci dal fondo: “Ma va’?” E invece no, non è mai detto fino in fondo: una volta, nella mia altra vita, sono riuscita a datare una mesata di fatture al 31 giugno, con gran divertimento del commercialista, perplessità di qualche cliente più occhiuto e successiva necessità di ristampare tutto quanto…

** Rivista letteraria americana. Uno dei miei scopi nella vita è di riuscire un giorno a pubblicare qualcosa – qualcosa su Glimmer Train.

Dove Confesso Di Essere Una Creatura Timorosa

C’è quest’idea per un romanzo che ho in mente da anni, con un personaggio perfetto – e con questo intendo narrativamente perfetto: complesso, sfaccettato, pieno di zone d’ombra, seri ostacoli da superare, dubbi, passioni, forte personalità e piccinerie. Un personaggio che, lo so bene, adorerei scrivere. Potrei farne qualcosa di davvero buono e, per una volta, sarebbe anche una vicenda di ambientazione contemporanea. Però non posso. La persona in questione è vera e reale, la conosco bene e viceversa, e il ritratto che ho in mente non è esattamente lusinghiero. Non negativo in senso assoluto, sia ben chiaro, ma – si parva licet… – nessuno può pensare che un ipotetico Julien Sorel reale avrebbe apprezzato il ritratto che Stendhal fa di lui, giusto?

Ecco, credo che questa da parte mia sia una mancanza di coraggio, e temo che finirà col rivelarsi un ostacolo. Probabilmente, pur rinunciandoci davvero a malincuore, posso sopravvivere senza scrivere il mio personaggio perfetto, ma temo che non sia un caso isolato. Ho diverse altre idee del genere, condannate in partenza perché non so indurmi a rischiare di offendere le persone in questione. In generale i miei personaggi non sono ritratti dal vero, e tendo piuttosto a costruire i caratteri mescolando tratti di varia provenienza. Solo una volta ho scritto in un romanzo un personaggio modellato da vicino su una persona reale, e lasciate che lo confessi: la possibilità che la persona in questione se ne accorga mi dà ancora una certa ansia…

Al tempo stesso, senza bisogno di preoccuparsi di romanzi interi, ci sono volte in cui qui su SEdS parlerei di persone ed episodi e poi non lo faccio per lo stesso motivo. In un’altra vita ho avuto un altro blog nel quale parlavo del mio lavoro (e della gente annessa e connessa) in termini molto ironici. Postavo sotto uno pseudonimo ed ero ragionevolmente certa che nessuno dei miei personaggi avrebbe mai scovato o letto il blog in questione… sì, credo che si possa proprio dire che sono una pusillanime.

Charlotte Bronte si alienò diversa gente (compreso il suo innamoratissimo editore George Smith) ritraendola nei suoi libri in termini che a lei parevano semplicemente realistici e che di fatto non erano proprio lusinghieri. A giudicare dalla sua corrispondenza, dapprima non aveva valutato bene le conseguenze di quello che scriveva, né previsto la popolarità che i suoi romanzi finirono con l’ottenere, ma in seguito continuò con i suoi ritratti dal vero, senza preoccuparsene soverchiamente. Forse è questione di rompere il ghiaccio? Forse, dopo aver fatto la frittata una volta – e constatato che non ci sono morti, feriti o dispersi – non ci si bada più troppo? Non saprei: è quel genere di cose che si scopre solo provandoci, ma non so, davvero non so se ne avrò mai il coraggio.

Apr 17, 2010 - scribblemania    5 Comments

Senti, e come va la revisione?

Ieri sera a cena T. mi fa la domanda del titolo.

Per poco non lo mordo, T.

La revisione è ferma, dammit, la revisione è in apnea, la revisione aspetta di essere ripresa, mi guarda con occhi tristi e mi fa sentire maledettamente colpevole…

Ma non è colpa mia se il Professore di Ankara non si è ancora fatto sentire, se non ne so abbastanza di Baltoghlu e se, per tutta una serie di motivi strutturali, devo cominciare proprio da lui, giusto?

Nei giorni scorsi, in vari e distinti momenti di disperazione crescente ho scritto ad altra gente. Ho scritto a una Professoressa della Sapienza che, scopro, è in pensione. Gentilmente le inoltreranno la mia richiesta. Aspettiamo. Ho scritto all’Istituto Italiano di Cultura a Istanbul. Fin qui nulla, non un segno di vita, nemmeno la conferma di lettura. Aspettiamo. E ho scritto anche all’Addetto Navale dell’Ambasciata turca a Roma. Sì, l’ho fatto davvero. Nessun segno nemmeno da lui, ma non lo biasimo: è un Capitano di Vascello turco, fa l’Addetto Navale in un’Ambasciata, e un’anatra italiana gli scrive chiedendogli lumi su un ammiraglio di metà Quattrocento? Penserà che sia seriamente disturbata, and small blame to him.

Intanto seguito a cercare – e uno di questi giorni tornerò in biblioteca a prendere un’altra volta ancora il Critobulo: magari mi è sfuggito qualcosa – e a strologare, e a riempire pagine di pre-scrittura sull’uno o sull’altro personaggio: la ragazza greca catturata a Prinkipo, il formidabile Gran Vizir, il fonditore di cannoni rinnegato Urban, il finto gioviale Saghanos Pasha, il mercante d’olio e chi più ne ha più ne metta. Di tutti costoro, ormai, so persino più di quanto voglia sapere, ma Suleyman Balta-Oghlu no, quello resta misterioso. Furore tremendo.

Datemi un ammiraglio 8mano e vi riscriverò un romanzo.

Apr 1, 2010 - scribblemania    3 Comments

Animale, vegetale o minerale? [con comunicazione in coda]

Per me le storie sono vegetali: nascono da un seme, fanno talea, mettono radici, sviluppano tralci.

No, non davvero, ma mi accorgo che, per descrivere il loro funzionamento, tendo ad usare immagini vegetali.

Il seme è quella prima immagine, scena o battuta di dialogo, quel primo lato del carattere di un personaggio, o quella prima impressione di un periodo storico che mi fa dire “sì, voglio scrivere di questo!”

Il seme di Somnium Hannibalis è in Tito Livio, la scena in cui Maarbale esorta Annibale ad attaccare direttamente Roma, sull’onda della vittoria di Canne. Annibale dice di no, e Maarbale commenta che Nimini dii nimirum dederunt, ovvero “a nessuno gli dei hanno dato troppo”, perché Annibale sa vincere le battaglie come nessun altro, ma poi non sa sfruttare le sue vittorie. Era un seme potente: dopo vent’anni continua a dare germogli nuovi.

Il seme del romanzo turco-bizantino è stato piantato in un’aula universitaria, ascoltando la storia delle navi fatte passare nel Corno d’Oro per via di terra e, ancor più, dei difensori che una mattina, all’alba, hanno cominciato a intravvedere nella nebbia delle sagome di navi là dove non dovevano, non potevano essere… In realtà non credo più che la scoperta sia stata così repentina, ma l’idea continua a mettere fronde anche adesso che non intendo più scriverla nella sua forma originaria. Un po’ come un albero cavo, immagino.

Ma non sempre le idee nascono così compatte. A volte, invece di un seme formato, c’è un pezzettino vegetale, o un tralcio di qualche tipo: interessante ma assolutamente privo di forma, e per nulla pronto. Per esempio, prima di cominciare Lo Specchio Convesso, sapevo di voler scrivere qualcosa sull’inafferrabilità della storia, ma è stato solo quando mi sono imbattuta nelle versioni contrastanti della vicenda dell’Ammirabile Critonio che l’idea ha preso forma. Ma ancora non era pronta, e così l’ho rimessa a fare talea: c’è voluto che m’imbattessi in Sir Thomas e in William Ainsworth e nei rispettivi libri perché vedessi la possibilità del meccanismo narrativo su diversi piani temporali. Certe idee sono così: incomplete e promettenti, perennemente a bagno. Ogni tanto riaffiorano con una radichetta nuova, poi un’altra, un’altra, e poi una fogliolina, e via così, fino a quando sono pronte per essere scritte.

Altre ancora vengono trapiantate da un periodo all’altro fino a quando non trovano il terreno giusto. Prima di decidermi ad ambientare il romanzo storico fittizio de Gl’Insorti di Strada Nuova a Pavia nel 1848, ho considerato almeno tre epoche diverse.

Il che è anche un esempio di come le idee si possano innestare su – o ibridare con – altre idee. Confession time: avevo un certo numero di periodi storici in cui mi sarebbe piaciuto ambientare una storia, ma non avevo voglia di fare lunghe ricerche in proposito. Lo sfondo di Strada Nuova, che emerge solo a tratti, mi consentiva di fare proprio questo: scrivere dei pezzi di romanzo, lasciando in ombra tutto quello che non sapevo e non ero disposta a ricercare. In un certo senso si potrebbe dire che ho barato? Forse, ma non più di quanto bari lo scenografo che dipinge le sue quinte e costruisce i suoi fondali, mostrando solo ciò che serve in funzione dello spettacolo.

A parte il caso specifico, anyway, ho scoperto che vale sempre la pena di dare più di una possibilità a un’idea. Quando abitavo a Londra, avevo un bonsai di nome Lemuel. Ho impiegato settimane e settimane di tentativi e spostamenti a capire che Lemuel prosperava in uno specifico angolino della mensola sopra l’ex caminetto della mia stanza. Può funzionare così anche con le storie: vale sempre la pena di sperimentare, e non è raro imbattersi in uno di quei gloriosi momenti in cui un concetto rinasce a nuova e più vibrante vita per innesto o per spostamento.

E poi le storie si potano… oh, se si potano! Chiunque abbia mai revisionato o riscritto qualcosa sa quanto il processo possa essere truculento. E produttivo, a patto di non lasciarsi prendere la mano con le cesoie. Un altro genere di potatura è quando si ha una storia di 2216 parole, e la si vuole proprio mandare a quel concorso per racconti sotto le 2000. Questo è un lavoro di forbicine: via un aggettivo qua, zac! un avverbio là, questo inciso non è importante, quel periodo si può condensare. Il bello di questo esercizio è che obbliga a considerare davverola rilevanza di ogni singola parola, e non è raro che, alla fine, il racconto potato sia migliore della versione originale, più nitido, più terso, più efficace, fatto solo di elementi importanti.

Potrei proseguire a lungo con le immagini vegetali, ed è curioso, se penso a quanto sono negata con le piante, che consideri la mia scrittura come un genere di giardinaggio. Non tutti i giorni, magari: mi capita di vederla come una forma di gioielleria, e una volta ho scritto un racconto dal punto di vista del racconto stesso. Si direbbe che ci siano tutti: animali, vegetali e minerali.

E voi, che tipo di imagery associate alla vostra scrittura o a qualunque altra passione coltiviate?

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Comunicazione di servizio – non pesce d’aprile: poco fa, l’Antivirus mi ha annunciato la presenza di una minaccia. Ho dato istruzioni di reagire, ma poi mi è comparsa una schermatina strana, ostensibilmente un wizard per l’installazione di Adobe Shockwave Player, con Norton Security Scan gratuito compreso… Sarò diffidente, ma non mi piace nemmeno un po’ che non ci sia modo di annullare o chiudere la faccenda. Per cui ho fatto un backup, ho postato il post qui sopra, e adesso mi accingo a spegnere il computer. L’ultima volta che è successa una cosa del genere, sono rimasta senza computer per più di un mese. Se, a partire da domani, dovessi scomparire per un numero qualsiasi di giorni, sapete il perché. (E, by the same token, se accade, diffidate dei wizard fasulli di Adobe!)

Bizantinerie

Siege_of_Constantinople.jpgSono sempre persa nella revisione del mio romanzo turco-bizantino, talmente persa che non sto scrivendo un bottone per il Premio Stagionalia, cui pure vorrei partecipare…

Hm.

Però poi succedono piccole cose felici come questa: nella prima stesura avevo fatto del Genovese di Pera che in realtà è una spia al servizio del Sultano un mercante d’olio. Non so di preciso perché, l’avevo fatto e basta. E oggi m’imbatto in un dettaglio tecnico che non conoscevo: gli artiglieri ottomani, per evitare che i loro enormi cannoni di bronzo fuso si spaccassero, dopo ogni sparo coprivano la canna di panni intrisi di olio caldo. Di conseguenza, l’esercito assediante consumava quantità stravaganti di olio, e lo comprava tutto a Pera (con grande scandalo dei Veneziani e dei Greci della Città). Morale, il mio mercante di olio cum spia ha una ragione per andare e venire dal campo turco, si rivela essere del tutto plausibile e mi permette di mostrare più di un particolare d’epoca in una scena sola.

Piccole soddisfazioni. Ed è vero: non mi costerebbe niente, se fosse invece un mercante di stoffe, cambiarlo in mercante d’olio per la bisogna. Però, quando si sta revisionando, cambiando, spostando, tagliando, aggiungendo, lucidando e tutto quanto, inciampare in qualcosa che non solo può restare com’è, ma è persino meglio del previsto, è come un cioccolatino inatteso.

Gen 7, 2010 - scribblemania, scrittura    Commenti disabilitati su Armchair Casting

Armchair Casting

Ieri, essendo l’Epifania, mi sono concessa qualche ora di attività vacanziere. come iniziare a ritagliare le scene della mia personale interpretazione di toy theatre vittoriano, e cercare su Google delle facce adatte ai personaggi del romanzo turco/bizantino su cui sto lavorando. Oltre ad essere divertente (e a darmi l’impressione di fare qualcosa di utile), per me è sempre un esercizio rivelatore. Ho già detto che non sono una persona molto visiva: so che genere di voce hanno e come parlano i miei personaggi, ma molte volte non ho un’idea precisa di come siano fatti, finché non trovo la faccia perfetta.

E’ un gioco che di solito tengo per le giornate di pioggia, per quando sono impantanata e furibonda, per quando voglio fare qualcosa di attinente alla mia storia, purché non sia scrivere. Quel che è certo è che non lo faccio mai troppo all’inizio: devo conoscere bene i miei personaggi, prima di riuscire a riconoscerli con sicurezza in mezzo a una folla di facce.

E quindi, a titolo dimostrativo, ecco parte del mio casting:

Sultano.jpg

Raz Degan nel ruolo del Sultano… (sì, lo so: è vestito da Re di Persia… che posso farci?)

 

 

 

 Alvise.jpg

Paul Bettany as Alvise Zanotto…

 

 Zoe.jpg

Rachel Weisz come Zoe Cantacuzena…

 

 

   Thomas.jpg

… e per finire, quello che mi ha dato più problemi: Ioan Gruffud nel ruolo di Nicholas (o Stephanos, ancora non ho ben deciso) Cantacuzeno.

 

 Badate che la scelta non ha nulla a che fare con le capacità interpretative dei signori in questione. Francamente, alcuni di loro non li ho nemmeno mai visti recitare. E’ che hanno le physique du role, hanno l’aspetto (e l’espressione) che volevo per questa gente e per questa storia quattrocentesca.

Gen 1, 2010 - considerazioni sparse, scribblemania    Commenti disabilitati su Buoni Propositi

Buoni Propositi

Oh, va bene. Ci risiamo, un altro anno che comincia… ho già detto che sgradevole sensazione m’ispira ogni anno il I di gennaio? Quella di un enorme, cosmico, deprimente Lunedì Mattina. Con tanto di maiuscole, non so se ci abbiate badato. Ad ogni modo, ci siamo e non c’è nulla da fare: come dice Pollyanna, l’unica cosa buona è che dovranno passare altri dodici mesi prima che sia di nuovo Lunedì Mattina. Lo so, grazie, Pollyanna non dice affatto così, ma credetemi se vi dico che non è una buona giornata per contraddirmi…

Piuttosto, visto che è oggi, e che chi ben comincia è a metà dell’opera, vediamo di fare di necessità virtù*. Buoni propositi. Tre buoni propositi, e non di più.

I. Scrivere. Voglio dire: studiare va molto bene, così come occuparsi del blog, e fare revisioni, e seguire corsi… ma scrivere? Prima della fine del 2010 intendo avere scritto qualcosa di nuovo. Possibilmente un romanzo.

II. Cogliere impavidi le occasioni quando si presentano, anzi no: andarsele attivamente a cercare, le occasioni. E’ un dato di fatto che starsene appollaiati sulla pila dei propri manoscritti contemplando l’orizzonte con aria sognante non conduce da nessuna parte. E, come dice Thomas Hampson, le occasioni capitano a chi è preparato a coglierle.

III. Sperimentare. Tentare qualcosa di nuovo, qualcosa di mai fatto prima. Un genere nuovo, una tecnica diversa, un metodo mai provato. Lo scorso anno l’ho fatto, e i risultati sono stati sorprendenti… More, please.

Ecco qua. Naturalmente adesso me ne verrebbero in mente altri a non finire, ma trovo che tre propositi siano già a pretty tall order per un anno solo, specie per una persona che tende a dimenticarseli prim’ancora di averli formulati. Ne riparliamo tra dodici mesi.

Buon 2010 a tutti!

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* Perché tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, e siccome rosso di sera, bel tempo si spera, se ne conclude che di mamma ce n’è una sola. Sì, sì, sì…

Dic 12, 2009 - considerazioni sparse, Natale, scribblemania    Commenti disabilitati su Come fare felice uno scrittore

Come fare felice uno scrittore

Essendo domani Santa Lucia, parliamo di regali e regalini.

“Che cosa si regala a uno scrittore?” mi domanda E. E’ possibile che questa sia in realtà una manovra poco sottile per scoprire che cosa vorrei sotto l’albero, ma forse a E. interesserà sapere che uno scrittore è un tipo di animale che, avendo ricevuto una domanda del genere, per prima cosa ci fa un post.

Allora, vediamo un po’. Come rendere felice uno scrittore/aspirante scrittore la sera del 24?

Pocketbook.gifTaccuini. Magari di quelli con lo spazio per una penna, ma piccoli, da tenere in borsetta o in tasca, da portarsi sempre dietro, ma proprio sempre, perché non si sa mai quando si vorrà prendere nota di qualcosa. La scelta è infinita, dal classico taccuino Moleskine ai Paperblanks che riproducono rilegature antiche, ai quadernini minimalisti Ikea*… Ha anche il vantaggio di essere uno di quei regali dove fare un doppione non conta, perché di questi arnesi, lo scrittore medio ne consuma a bizzeffe.

Cancelleria. Con giudizio, e premurandosi di conoscere preventivamente il metodo del destinatario: una scatola intera di biro blu confezionata con cura è molto benaugurante per chi scrive tutte le sue prime stesure a mano. Per gli aficionados della tastiera, però, meglio un mousepad a tema. Una volta, durante un periodo di sconforto, ho ricevuto una scatola: dentro c’erano un bel po’ di biro e una risma di carta, sul cui primo foglio il donatore si era premurato di stampare un’ipotetica copertina del romanzo in cui ero impantanata. Avevo apprezzato molto. Un caveat: la penna elegante, questo classico tra i regali, non è sempre la migliore delle idee. Chi scrive con una penna speciale, probabilmente la penna speciale ce l’ha già, mentre la maggior parte degli amanuensi usa biro, roller o matite di largo consumo.

pooryorick.gifMugs. Ovvero quelle tazzone alte con il manico. Potrei dire che è un dato di fatto: gli scrittori fanno le ore piccole e si sostentano a tè e caffè lungo; oppure potrei dire che è un fatto: gli scrittori scrivono nelle soffitte, dove fa freddo, e una bella tazzona fumante serve a scaldarsi le mani ogni tanto… Ma siamo onesti, il fatto è che il mug fumante accanto alla tastiera/quaderno/pila di fogli fa tanto, tanto, ma proprio tanto scrittore all’opera. Che ne esistano tante a tema*** è senz’altro d’aiuto. Qui di fianco ne vedete uno shakespeariano. Una tazza di caffè, Yorick?

Penne colorate. O pennarelli. O matite. Per sottolineare le fotocopie degli articoli, per cercar di chiarire il tortuosissimo schema del XXXII capitolo, per codificare gli interventi necessari in fase di revisione (verde: sono così felice di essere la persona che ha scritto questo paragrafo; giallo: a cosa stavo pensando quando ho scritto ciò?; arancione: urge energico intervento; le sfumature di rosso vanno dal disastro al macello, alla catastrofe, all’apocalisse, a come-ho-mai-potuto-pensare-di-avere-un-briciolo-di-talento?), per disegnarsi luoghi e personaggi se si è abbastanza bravi. Ad ogni modo, lo scrittore medio ama le penne colorate. Come le Stabilo Pen 68, che esistono a punta media e punta fine, e in una cinquantina di colori.

Writing Software. C’è di tutto un po’. Ci sono editor di testo/gestione progetti a prezzi ragionevoli (20-40 $): Writer’s Cafè, molto colorato, con pretese di stile e una quantità di funzioni, compresi i suggerimenti giornalieri, una vasta scelta di esercizi di scrittura, un sistema di brainstorming, un sistema di importazione, raccolta e archiviazione di materiale (foto comprese), un diario/agenda, un generatore di nomi e una funzione di progettazione “Storylines”, oppure Liquid Story Binder (per PC) o Scrivener (per Mac). Questi sono strumenti di lavoro, buoni per organizzarsi e tenere a portata di mano il materiale. Per chi vuole qualcosa di più didattico, c’è il celebre Dramatica Pro, che costa un’ira e consente di sviluppare personaggi, archi narrativi, trama e sottotrame, ambientazioni, dialoghi, ritmo e passo tramite una serie di strumenti molto sofisticati. Un po’ meno costoso è Write Pro, di Sol Stein (celebre autore di manuali di scrittura creativa), che però è a mezza via tra un software e un corso. Il che ci porta a…

Corsi di scrittura. Qui bisogna essere certi che il destinatario non prenderà il regalo come un apprezzamento poco lusinghiero. In un mondo ideale, tutti gli scrittori sarebbero gente matura, umile e seria, sempre ansiosa d’imparare e perfezionare la propria arte… essendo il mondo quello che è, siate ben sicuri di non provocare incidenti diplomatici, prima di regalare uno di questi. Detto questo, la scuola di scrittura più celebre d’Italia è la Scuola Holden di Torino****, che offre una scelta di corsi, laboratori e seminari, da seguirsi in loco oppure online. Naturalmente non parlo tanto del (costoso) biennio di Scrittura&Storytelling, quanto dei corsi brevi, dei weekend di scrittura, dei corsi di narrativa o sceneggiatura online, o magari dell’accesso ai servizi editoriali… c’è un po’ di tutto, per chi è in vena di un regalo importante. Per chi conosce bene l’Inglese, ho già parlato di più di una volta di Holly Lisle, ma potrei citare anche il celebre Gotham Writers Workshop, il cui materiale si trova anche tradotto in italiano in forma di manuale di scrittura.

Dizionari. Non troverete molte altre categorie disposte ad andare in estasi per un dizionario. E non dico il vocabolario italiano (quello deve già averlo, deve averne più d’uno, sennò non è uno scrittore!), ma di tutte le meraviglie come dizionari ragionati dei sinonimi e dei contrari, dizionari idiomatici, dizionari tecnici, glossari specifici, dizionari storici, cronologie complete, atlanti storici, dizionari scientifici, dizionari visuali, repertori, libri di terminologia… non c’è argomento che non abbia la sua quantità di dizionari, è solo questione di cercare. E da questo segue logicamente, last but not least…

Libri. E qui, che posso dire? Un’edizione preziosa di un autore molto amato, un manuale di scrittura, un libro che a voi è rimasto nel cuore e vorreste tanto condividere, l’ultimo bestseller da analizzare riga per riga, un saggio su quel certo argomento, immagini di quel dato posto… Non c’è limite alle possibilità, e non c’è libro che uno scrittore non sia, in un modo o nell’altro, interessato a leggere.

Ecco qui. Poi tutto è relativo, ma di sicuro c’è qualcosa cui queste bizzarre creature non sanno resistere (come dicevano in quel documentario della BBC in cui Gerald Durrel attirava allo scoperto un echidna con un pezzo di formaggio), ed è mostrare che considerate la loro scrittura una parte integrante della loro vita e della loro personalità: un tratto fondamentale, che vale la pena di prendere in considerazione nella scelta dei regali natalizi. A parte la fatidica domanda “che cosa stai scrivendo?” non c’è mezzo più sicuro per far felice un echidna, a Natale o in altre stagioni.

Uno scrittore: volevo dire uno scrittore, of course!

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* Va bene, lo confesso: non ho mai messo piede in un coso Ikea e conto di non farlo mai. Però conosco gente che adora l’Ikea, che possiede quadernini minimalisti acquistati all’Ikea, che li ama con passione.

** Mentre cercavo un’illustrazione di un mug, mi sono imbattuta in questo sito. Onestamente, non so immaginare chi possa volere una bambola di pezza con le fattezze di Virginia Woolf o di Mark Twain, ma sono completamente affascinata…

*** Ok, non mi tengo: questo è il mio mug, comprato a Covent Garden piazza. IlMioMug.gifQuando ho visto che le coste riprodotte riportavano titoli delle Bronte, di Jane Austen, di Kipling, di Thackeray, potevo forse lasciarlo dov’era? No, non potevo.

 **** In questo periodo ha anche una promozione natalizia per chi vuole regalare uno dei suoi corsi. Vedere sul sito. E no: non sono in nessun modo affiliata alla Holden e non percepisco percentuali su nessuno dei prodotti che ho citato in questo post.

Dic 9, 2009 - Oggi Tecnica, scribblemania, scrittura    Commenti disabilitati su Revisioni

Revisioni

Ho cominciato da circa una settimana il nuovo corso di Holly Lisle, How To Revise Your Novel.

Come sempre, Holly ha un approccio inatteso ed estremamente rivelatore. Sostiene che molti scrittori non revisionano mai i loro lavori fino a raggiungerne la piena potenzialità, perché il concetto diffuso di revisione è il seguente: riga 1, tutto ok; riga 2, cambia “azzurro” con “ceruleo”; riga 3, sono davvero tutti a cavallo? non a dorso di mulo, magari? Poi devo cambiare tutto… per ora lasciamo i cavalli, ci penserò poi*; riga 4, correggo “setimana” con “settimana”…

E via così, con il risultato che a pagina dieci ho gli occhi fuori dalla testa, a pagina venti comincio ad avere la nausea del mio libro, e quando a pagina venti mi accorgo che i due terzi di quello che viene fino a questo punto si possono tranquillamente eliminare, ho perso una diottria per nulla.

Chi non ha mai fatto così, alzi la mano e si consideri un mortale fortunato.

Per tutti gli altri, HTRYN è pieno di idee sensate. Per esempio, abbiamo cominciato ricostruendo l’idea originaria del romanzo, poi rileggendo la prima stesura senza correggere nulla e limitandoci ad annotare quello che risponde e quello che non risponde al concetto originario. Infine abbiamo individuato il risultato finale che vogliamo, tenendo conto delle direzioni inattese prese e degli errori commessi nella prima stesura.

Insomma, dopo una settimana di lavoro, non solo ho individuato un sacco di falle nella prima stesura, ma ho anche un’idea ragionevolmente precisa di quello che il romanzo non è ma può diventare a lavoro finito. Molto, molto più stimoltante (e, tendo a credere, più efficace) che correggere gli errori di battitura riga per riga.

Seguono adesso altre venti o ventuno settimane di lavoro, schede, analisi eccetera, per imparare il procedimento, adattarlo alle mie esigenze ed addestrarmi a ripeterlo in molto meno di venti settimane… Laborioso ed entusiasmante.

E’ in Inglese, si capisce, ma vale veramente la pena. Se qualcuno fosse curioso, può dare un’occhiata qui:  

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* E si può star certi che i muli cadranno nell’oblio.