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Dizionario Italiano Per Kindle – Post In Progress

Persino io ogni tanto guardo le statistiche del blog, e mi sono accorta che la richiesta che conduce qui più gente che non mi sta cercando deliberatamente è quella di un dizionario italiano per Kindle. 

Be’, mi sono detta: perché non cercare di essere d’aiuto? L’unico inghippo è che non sono sicura di volere un dizionario italiano sul mio Kindle, che finora è pieno di testi in Inglese… per cui, quello che vi sto proponendo è di fare da cavie: vi suggerisco questa pagina, che offre gratuitamente un dizionario bilingue e uno Italiano/Italiano con 65000 voci in formato Mobi – vale a dire Kindle. E voi scaricate*, installate, mettete alla prova e mi sapete dire qualcosa – nel bene o nel male: completezza e qualità delle definizioni, formattazione, compatibilità, funzionalità Kindle… Tutto quanto.

Se invece volete un dizionario Italiano-Inglese già collaudato, naturalmente, lo si trova – ed è anche possibile impostarlo come dizionario primario. Tra le varie possibilità consiglierei i due volumi del buon vecchio Merriam-Webster, che vanta tradizioni e buone funzionalità di ricerca. Confesso di non averlo mai usato, ma i dizionari Inglese/Inglese WB, cartacei e online, sono affidabili e completi, per cui…

 

Anche qui vale la richiesta: se mettete alla prova, fatemi sapere, volete?

Ne riparliamo più avanti – e magari quando la Zanichelli avrà pubblicato lo Zingarelli in edizione Kindle che va promettendo da quel dì…

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* Non ho bisogno di dirvelo: cautela! Stando ad AVG il sito è mondo, ma non ho provato ad aprire il file del dizionario…

Sudare Inchiostro

Mattia Nicchio, di Sudare Inchiostro, è un po’ la concorrenza, perché sul suo blog parla di libri, letture, scrittura, editoria… sounds familiar?

E ne parla in maniera così intelligente e spassosa – a partire da titolo e sottotitolo – che non posso fare a meno di segnalarvelo.

Provate a cominciare con questo post sui bambini in letteratura (e al cinema). Chi di voi non ha mai voluto affogare il Piccolo Lord Fauntleroy nella vasca dei pesci rossi? Lasciate che Mattia vi introduca ai discendenti ideali dell’Abominevole Ceddie.

E poi proseguite con i post sulle possibilità di carriera come Signore del Male, qui e qui. Perchè – confessiamolo! – tutti abbiamo desiderato almeno una volta di dominare il mondo indossando uno di quei fantastici mantelli neri lunghi fino a terra, che si gonfiano con tanta eleganza al minimo accenno di vento e si aprono a ventaglio sul pavimento quando uno muore in posa decorativa… Ma se pensate che sia facile fare il Signore del Male, vuol dire che non avete letto abbastanza narrativa di genere.

E poi girellate pure a vostro piacimento, perché Sudare Inchiostro è tutto così: ben scritto, lievemente cinico e del tutto irresistibile.

Lug 8, 2011 - bizzarrie letterarie, scrittura, Spigolando nella rete    Commenti disabilitati su Faccende Da Echidna: Sei Parole Al Giorno…

Faccende Da Echidna: Sei Parole Al Giorno…

hemingway,six words story every day,scrittura creativaNon è che levino il medico di torno, ma la faccenda è carina e volevo segnalarvela.

Dunque, avrete sentito parlare della celebre storia in sei parole di Hemingway:

For sale. Baby shoes. Never worn.*

Per pochino che Hemingway mi piaccia, di fronte a uno scrittore capace di condensare una tragedia famigliare in un annuncio economico mi levo il proverbiale cappello. Se è tutto vero**, niente da dire.

E naturalmente queste altre bizzarre creature – gli scrittori – non possono resistere alla sfida di un feat del genere, non più di quanto un echidna possa resistere al formaggio. Non è acrobazia gratuita: è l’appetito primigenio per qualcosa di difficile da fare e dannatamente efficace quando riesce bene. Quindi non è una sorpresa che periodicamente compaiano (più nel mondo anglosassone che qui, a dire il vero) concorsi letterari con lo stretto limite delle sei parole.

Questo che vi propongo, Six Words Story Every Day, è diverso dal consueto perché implica anche una certa quantità di lavoro grafico: la storia non va solo scritta, ma anche presentata visivamente prima di essere inserita nella gallery del sito. In realtà vedrete che per lo più si tratta di immagini molto semplici – e se dobbiamo dire il vero anche molte delle “storie” non sono storie affatte. Non lo sono perché…

Hm, no: ripensandoci non ve lo dico. Vediamo se siete stati attenti: secondo voi che cos’è che distingue la storia di Hemingway dalla maggior parte delle non-storie che ci sono nella gallery di SWSED? E, seconda domanda: per quanto mi riguarda, non so resistere a questo genere di formaggio. Prima o poi ci provo. E voi? Vi punge vaghezza di cimentarvi a vostra volta? Se lo fate, sappiatemi dire, volete?

Buon appetito, echidna.

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* Vendesi scarpe bambino. Mai usate. Faccio notare che il mio istinto sarebbe di dire “vendonsi” – e che la mia traduzione di parole ne conta cinque.

** In realtà potrebbe essere una leggenda – specie con il corollario che EH considerasse questa faccenda il suo miglior lavoro.

Giu 10, 2011 - Spigolando nella rete, tecnologia    Commenti disabilitati su C’è Un Giorno Per La Biro

C’è Un Giorno Per La Biro

Quando si parla di ricorrenze bizzarre…

Oggi, sull’altro lato della Tinozza, è Ballpoint Pen Day. Sissignori: il Giorno Della Biro.

Di primo acchito, viene da chiedersi perché l’America ritenga di dover festeggiare la penna a sfera con niente di meno che una giornata nazionale – ma in realtà, non vi è mai capitato, leggendo un tomo alto una spanna di una sorella Bronte, di Dickens, o di qualunque altro autore da inchiostro e calamaio, di rabbrividire all’idea delle penne da temperare, del grattare dei pennini, delle macchie e di tutto il resto? A me sì. Chi non ha sentito terrificanti storie famigliari di castighi scolastici inferti per avere fatto macchie sul quaderno? O di inchiostro rovesciato sul banco (inclinato) con effetto devastante? O di calamai riempiti di carta assorbente per dispetto o rappresaglia? Per non parlare degli scrittoi portatili, ingombranti, precari e potenzialmente disastrosi, con i loro calamai malchiusi…

E anche le stilografiche, ve le raccomando. Se il pennino non è eccellente, s’intasano, perdono, grattano e in generale mostrano tutto il temperamento di un regista d’opera. E anche quando il pennino è quello che dovrebbe essere, c’è sempre la necessità di riempire la penna – o cambiare la cartuccia – con una frequenza proporzionale alla quantità di scrittura praticata. Ammetto che la cartuccia semplifica le cose, ma quando si è distratti e si dimentica di potarsi la debita scorta, che si fa? In molti casi, si passa alla prima biro a portata di mano.

E in effetti, la penna a sfera nacque proprio nell’intento di superare gli inconvenienti congeniti della stilografica. Ci si provava fin dalla fine dell’Ottocento, a dire il vero, e il primo a brevettare l’idea era stato un conciatore di pelli che aveva progettato un arnese per segnare il cuoio con l’inchiostro grasso. Non entrò mai in produzione, così come tutti i successivi (e numerosi) tentativi di applicare il principio alla scrittura su carta.

penna a sfera,biro,bicA raggiungere una parvenza di funzionalità furono i fratelli Biro, il brillante, talentuoso e incostante Laszlo e il suo più posato fratello Georg. Laszlo, che aveva studiato medicina, arte e ipnotismo senza molto costrutto, nel 1935 dirigeva un piccolo giornale – e aveva la sensazione di passare più tempo a riempire la sua stilografica che a fare qualunque altra cosa. Perché non poteva esistere una penna che non avesse bisogno di essere riempita, che non macchiasse, che non strappasse la carta sottile dei giornali? Laszlo strologò, trafficò, sperimentò e se ne venne fuori con una cannuccia dotata di sferetta per distribuire sulla carta l’inchiostro – ma non quello liquido delle stilo, e nemmeno quello grasso delle rotative. E qui entrò in gioco il chimico Georg, deputato a ideare un inchiostro della giusta densità. I due fratelli avevano fatto passi avanti quando, durante una vacanza, incontrarono il presidente dell’Argentina e gli parlarono della loro nuova e miracolosa penna.

Augustìn Justo s’innamorò dell’idea, e invitò i due Biro in Argentina per aprire una fabbrica. Intanto la guerra incombeva: i nostri giovanotti raccolsero armi e bagagli, brevettarono la penna e migrarono a ovest. 

Forse non avevano considerato per bene: la prima produzione dei boligrafos Birome fu un disastro. La penna non scriveva affatto se non era tenuta in posizione scomodamente perpendicolare al suolo, era inutilizzabile sui piani di scrittura inclinati e tendeva a perdere (al caldo) o a intasarsi (al freddo). Ancora non c’eravamo. I Biro apportarono un fondamentale miglioramento – la sfera rugosa e porosa che permetteva di distribuire l’inchiostro per capillarità e non per gravità – ma la fiducia del mercato nella penna miracolosa era scemata. Gli unici a mostrare entusiasmo erano i piloti inglesi e americani, che scoprirono in Argentina la nuova meraviglia che scriveva anche in quota. Avete mai provato a portare una stilo carica in aereo? E allora capirete la gioia dei flyboys – quanto meno degli ufficiali di rotta.

Questa romantica associazione salvò i Biro dal tracollo, ma cominciavano ad averne abbastanza: finirono col vendere i loro diritti alla Faber. La Faber non ebbe molta fortuna, ma gli Stati Uniti si rivelarono più interessati dell’Argentina alla “penna dei piloti”. Progettisti e produttori saltarono fuori da tutte le parti, e un giorno, nell’ottobre del 1945, i grandi magazzini Gimbels di New York misero in vendita la “fantastica… miracolosa penna stilografica  che scrive per anni senza bisogno di essere riempita – garantita!” La folla si assiepò alle porte in attesa dell’apertura, e Gimbels esaurì in poche ore la sua scorta di 10000 penne – al tutt’altro che popolare prezzo di 12 dollari e cinquanta al pezzo.

In realtà, i problemi non erano ancora del tutto risolti. Oltre ad essere costosa, la penna a sfera non funzionava eccessivamente bene – e di certo non durava per anni. Le perdite d’inchiostro restavano il problema principale. Si scatenò una furiosa guerra commerciale a colpi di miglioramenti tecnici e pubblicità (uno spot aveva per protagonista Esther Williams che scriveva sott’acqua!*), ma di fatto la penna a sfera continuava ad essere un’eccentricità dal funzionamento erratico, e i prezzi precipitarono fino a 19 centesimi al pezzo.

E poi entrarono in scena due uomini di buon senso, audacia e idee.

Il primo fu Patrick Frawley, che si concentrò sullo sviluppo di un inchiostro antimacchia e una punta retraibile, creando la penna Papermate. Per lanciare un prodotto a cui tanti predecessori mediocri sembravano avere scavato la fossa, Frawley ideò una campagna davvero surreale – battezzata Project Normandy: i suoi giovani e spudorati rappresentanti irrompevano armati di Papermate negli uffici dei grandi magazzini, dei grossisti e delle catene di cartolerie, e procedevano a scarabocchiare le camicie dei funzionari. Poi si offrivano di pagare una camicia nuova (di qualità superiore) se gli scarabocchi non fossero scomparsi con il lavaggio. Ora, non so quanti rappresentanti rimediarono una denuncia o un occhio nero, ma l’inchiostro veniva via alla perfezione e, come immagino possa succedere solo in America, la campagna ebbe un successo strepitoso presso grossisti convinti, dettaglianti al seguito e divertitissimo pubblico.

L’altra persona sveglia fu il barone italo-francese Marcel Bich, che si rese conto di una cosa: per conquistare il mercato era necessario produrre a basso prezzo una penna di buona qualità da vendere per poco. Per prima cosa, Bich cercò i fratelli Biro e offrì loro dei diritti sul brevetto e poi, con la loro assistenza a distanza, studiò per due anni ogni modello di penna a sfera in commercio, catalogandone scientificamente magagne e pregi. Alla fine, emerse da tutto questo lavoro con l’Idea: una penna che scriveva bene e, invece che di metallo, era fatta di plastica stampata. Era nata la Bic, la penna trasparente col cappuccio che tutti abbiamo usato almeno una volta nella vita. Un oggettino di plastica usa e getta, che esiste solo nella sua funzione e, appena non scrive più, si butta via per sostituirlo con un altro identico.

Era il 1952, e da allora la penna a sfera è diventata uno strumento irrinunciabile, meravigliosamente pratico e tanto quotidiano che quasi non ci facciamo più caso. Se, in un mondo di tablets e programmi di scrittura, la biro abbia un futuro fuori dai musei è materia di speculazione**. Intanto può vantare un passato pittoresco, un giorno celebrativo, un movimento artistico un tantino eccentrico e quel genere di quieta onnipresenza** che segna il successo di un’invenzione.

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* Non so quanto sia vera, ma circola questa storia: qualche decennio più tardi, durante la corsa allo spazio, Americani e Russi incontrarono lo stesso problema – quello di uno strumento che scrivesse in assenza di gravità. Gli Americani investirono qualche milione di dollari nello sviluppo della biro spaziale, e i Russi dotarono gli astronauti di matite proviste di laccetto per impedire che galleggiassero via…

** E pareva che già qualche anno fa non promettesse molto bene, a giudicare da questo articolo di Repubblica…

*** Dagli astucci scolastici ai tavoli del G8, in apparenza: leggete questo comunicato stampa della BIC.

Amazon Affiliate

Chiariamo una cosa.

Da qualche tempo avete cominciato a veder comparire qua e là per SEdS dei link con immagine che conducono a una pagina di Amazon.it o Amazon.uk su cui è possibile acquistare l’uno o l’altro libro. Si tratta di affiliate links: se qualcuno giunge alla pagina in questione e compra il libro, io ricevo una commissione. Ebbene sì: mi sono affiliata.

Perché l’ho fatto? Non tanto inseguendo il miraggio di folli guadagni – tra l’altro le commissioni non sono quel che si dice faraoniche, e sono destinate a diminuire – quanto perché abbastanza spesso mi capita di ricevere mail del tipo: dove trovo il tale e il tale altro libro? E mentre per i libri in Italiano, quando si parla di edizioni fuori catalogo, posso sperare di indicare qualche biblioteca, per quelli in Inglese la faccenda è più complicata, e Amazon è spesso una buona soluzione. Mi è capitato molte volte, girellando per blog altrui, di scoprire un libro che volevo assolutamente leggere, e di apprezzare il link del posto in cui potevo procurarmelo subito. Perché non offrire lo stesso genere di possibilità?

Vi dirò di più: siccome myBlog ha appena reso possibile la creazione di pagine aggiuntive, non è affatto improbabile che Senza Errori di Stumpa sviluppi un suo piccolo bookshop, dove sarà possibile trovare link diretti per l’acquisto dei miei libri e di un ristretto numero di altri titoli – quelli da cui sono particolarmente ossessionata. Anche quelli saranno affiliate links.

Ciò detto, è ovvio che continuerò a recensire, raccontare e dissezionare del tutto indipendentemente da quello che Amazon vende o non vende, e non tutto quello di cui parlerò sarà disponibile su Amazon.

Intanto sperimentiamo. Quando avrò rodato un po’, semmai riparleremo di come funziona.

Mag 2, 2011 - Spigolando nella rete    Commenti disabilitati su Come Scrivere Un’Opera

Come Scrivere Un’Opera

Il Savonlinna Opera Festival è probabilmente il più famoso festival lirico finlandese. Mettono in scena un mix di opere di repertorio e produzioni contemporanee sullo sfondo di un imponente castello medievale in mezzo a un lago. Non ci sono mai stata, ma mi piacerebbe.

Così come mi piacerebbe prendere parte, una volta in vita mia, alla realizzazione di un’opera. E chissà che adesso non ci riesca.

Perché adesso SOF ha in forno un progetto favoloso: OperaByYou è finalizzato a produrre la prima opera lirica collaborativa creata da una community online. Nel corso dei mesi hanno scelto ed elaborato un libretto intitolato Free Will, una storia in cui Dio e Lucifero si contendono l’umanità a colpi di manipolazione e libero arbitrio. La sinossi originale è dell’italiano Graziano Gallo, ma tutti possono partecipare alla scrittura del libretto, all’ideazione del finale, alla composizione della musica e alla progettazione delle scene tramite questo sito.

E siccome non solo ho una debolezza nei confronti dell’opera lirica, ma ho sempre desiderato scrivere un libretto… Sì, non sghignazzate: storie simboliche, parole musicate in un contesto che combina tante diverse forme di arte, sforzi diversissimi tra loro che si intrecciano e mescolano per formare un insieme unico. Non sono sicurissima di essere una buona giocatrice di squadra, ma questo è qualcosa che vorrei tanto fare.

E così, per cominciare, mi sono iscritta al progetto qui, ho scaricato il materiale, ho inviato un progetto per il finale qui e adesso ho intenzione di provare a partecipare alla scrittura. Free Will andrà in scena a Savonlinna nel Dodici: un’opera vera, un cast di ottanta persone e la magnifica possibilità di prendere parte alla creazione! E’ il genere  di cose per cui adoro Internet.

Oh, e giusto per non avere l’aria di prenderci troppo sul serio, c’è anche questo giochino che permette di creare una miniopera con i personaggi di Free Will. Er… tanto per dire, questo è il primo atto di The Artist’s Fate, su libretto della Clarina. Non so se saprò trattenermi: può darsi che altri atti seguano.

 

Mar 30, 2011 - Spigolando nella rete    Commenti disabilitati su Domande e Risposte

Domande e Risposte

Mesi fa, cercando immagini per illustrare il post a proposito del pellegrinaggio manzoniano al seguito della UTE, ho scoperto l’esistenza di un arnese chiamato Yahoo Answers. L’arnese consiste nel fatto che chiunque può postare una domanda sugli argomenti più svariati, e chiunque altro può rispondere. Wish you joy of it. “Ricevi risposte reali da persone reali”, dice lo slogan, e a quanto pare un sacco di gente ne usufruisce.

C’è chi chiede consigli per la cucina, il giardinaggio e gli investimenti in borsa, chi cerca aiuto per scegliere l’automobile o reperire schnauzer nani e chi vuole dritte sul prossimo romanzo da leggere, sul codice html o sugli alberghi di Oslo. C’è poi un sistema di punteggi e valutazioni, e l’attendibilità di ciascun “risponditore” sembra misurarsi in punti e livelli – come nei giochi di ruolo! Mi par di capire che tanto il destinatario della risposta quanto chi passa di lì possa valutare le singole risposte, ma mi restano due seri dubbi. 1) Supponiamo che io sappia tutto di pianeti transnettuniani* e risponda con dettagliata efficienza a tutte le domande in materia, guadagnandomi carrettate di punti e passando di livello in livello con la rapidità di uno shuttle in fase di decollo: questo non mi rende affatto affidabile in materia di storia delle società segrete nello stato di Santa Catalina, ma come può l’ignaro domandatore sapere che sul secondo argomento non è il caso di prendermi sul serio? 2) Ho appena constatato che il solo fatto di entrare nel sito mi è valso un punto (“grazie della visita! Un Punto”), e che di punti ne possiedo 199, pur non avendo mai risposto a nessuna domanda… Che dire?

Tuttavia può darsi che qualcosa mi sfugga e che il sistema di valutazione funzioni davvero. Ciò che mi sconcerta di più è scoprire che YA sembra essere un metodo piuttosto utilizzato dai ragazzini per fare i compiti. Non di straforo, sia chiaro: tra le categorie del sito ce n’è una chiamata “compiti”, ed è piena di implumi che (in prosa desolantemente sgrammaticata) chiedono di individuare il nominativo in una frase latina, soluzioni di esercizi di matematica, riassunti di libri, dritte su come fare uno schema a blocchi sulla Nigeria**…

Ma la cosa che mi ha davvero provocato il travaso di bile è una richiesta così concepita: ragazzi, aiutoooooo! urgentissimooooo! devo descrivere il palazzotto di don rodrigo help!!!!!!!!!!! Sto riportando a memoria, ma lo spirito, lo stile e la mancanza di maiuscole erano quelli. Sospetto che ci fosse qualche errore di battitura in più, ma fa lo stesso. Resta che questo/a quindicenne non arriva nemmeno a sospettare che la descrizione in questione si trovi proprio nel dannato capitolo che (molto presumibilmente) stanno leggendo a scuola. O, se ci arriva, non è disposto/a a fare nemmeno lo sforzo di aprire il libro alla pagina giusta e cercare la dannata descrizione. E qualche altra volpe, invece di suggerirgli il corso d’azione ovvio, gli/le fornisce il pezzetto rilevante… Neuroni lessati in brodo di cavoli amari.

Essì, lo so, mi sento molto vecchia quando faccio di questi discorsi, but really!

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* No, non me lo sono inventato: è una delle domande che ho trovato aprendo il sito per scrivere questo post. Accanto a “come affrontate un invito in cui dovete andare per forza ma non conoscete nessuno?” e “Mi consigliate un bel film adolescenziale romantiko belloo?” Sic. Poi c’è anche “Mi gira la testa, da cosa dipende?” che, sotto la categoria “Vino, birra e alcolici” mi pare un nonnulla allarmante…

** Nemmeno questo è inventato: la prof. di geo ha detto loro di fare questo schema a blocchi, dove c’è scritto “ambiente” e loro devono scrivere due definizioni, poi “popolazione” ecc… Come deve fare? Pigola disperato il ragazzino. E il bello è che un risponditore gli suggerisce di cercare le definizioni sul dizionario e poi fare degli approfondimenti su Google…

Feb 21, 2011 - Spigolando nella rete    2 Comments

Dieci Romanzi Che Non Avrei Creduto Di Vedere Trasformati In Videogioco

Il commento di Renzo a questo post mi ha fatto venir voglia di indagare un pochino, e le indagini hanno dato risultati inattesi.

Cominciamo col dire che mi aspettavo i gazillioni di giochi per il computer ispirati a Tolkien, Terry Brooks e imitatori vari, e non sono sorpresissima delle lunghe serie di hidden object games ispirati ad Agatha Christie e ad Arthur Conan Doyle. Tutto sommato, anche Enid Blyton e Nancy Drew (serie, non autrice, perché non esiste un unico autore di Nancy Drew) non sono nulla di inatteso. Stevenson? Ci sta tutto: Lo Strano Caso e L’Isola Del Tesoro… com’era possibile che gli sviluppatori non si lasciassero tentare? E anche personaggi come Dracula, Alice, Frankenstein, Tarzan, James Bond e Conan il Barbaro sono scelte naturali, come pure tutto ciò che ha a che fare con Cthulhu e il Mago di Oz*. Parimenti immagino che Richard Scarry, Peter Pan, Mamma Oca, gli animali di Esopo e i Fratelli Grimm, questi beniamini dei piccoli, dovessero diventare giochi. Sono un po’ più sorpresa, semmai, da titoli come Ivanhoe, Viaggio al Centro della Terra, Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni (e non una volta sola) e Caccia a Ottobre Rosso.

Poi ci sono le cose davvero bizzarre, quelle che non mi sarei mai aspettata di vedere adattate (anche più di una volta) in forma di videogioco. E se confesso di avere sobbalzato un nonnulla davanti al Grande Gatsby segnalato da Renzo, ecco qui altre sorprese:

1) Fahrenheit 451 – in cui si vestono i panni di Montag (ovviamente), tanto vecchio da essere uscito in floppy disk.

2) L’Odissea – no, forse di questo non sono stupita davvero. Voglio dire, è una delle più fantastiche avventure di tutti i tempi, per cui… forse questi non era il migliore degli adattamenti possibili, se è recensito come “il peggior gioco del mondo – un insulto a Omero e all’intelligenza del giocatore”…

3) Salome – non perché Oscar Wilde non meriti attenzione, ma dalla descrizione del gioco, intitolato Fatale, non riesco assolutamente a capire come funzioni, né che cosa si possa fare di preciso. Non so perché ma l’idea di salvare il Battista in un finale alternativo mi sembrerebbe… shall we say bizzarra?

4) Harlequin – allora, chiariamo: Harlequin non è un romanzo, è l’equivalente anglosassone delle nostre collane Harmony. E chi l’avrebbe mai detto? Esiste un titolo, Hidden Object Of Desire, in forma di uno di quei giochi in cui bisogna trovare gli oggetti in mezzo alla confusione. Il romanzo è allegato in PDF, dice la pubblicità. Suono genre-snob, se dico che non ho parole?

5) I Miserabili – per una volta, sembra basato sul romanzo e non sul musical. Molto filosofico e complesso, mi par di capire – ma d’altronde, essendo basato su tanto tomo…

6) Il Mondo di Sofia – voglio dire, Il Mondo di Sofia! Personalmente, trovavo Gaarder irritante in libro, per cui mi sembra difficile immaginare qualcuno che voglia anche giocarci al computer… ma d’altra parte, si sa, la Clarina ha strane antipatie.

7) Amleto – e non una volta sola. Anche se, a dire il vero, Castle Elsinore sembra più che altro una di quelle avventure in cui si esplorano cunicoli e sale con le bifore, a caccia di tesori. Hamlet sembra più interessante, un’avventura testuale in cui, nei panni di Amleto, si interagisce con gli abitanti di Elsinore e un certo numero di ospiti provenienti da altri titoli scespiriani. Hamlet per iPhone sembra una faccenda più spassosa, con un astronauta/viaggiatore temporale che atterra accidentalmente sopra Amleto, uccidendolo, e decide (credo) di togliere Ofelia da quell’ambiente malsano che è Elsinore.

8) Col Ferro e col Fuoco – e qui andiamo sull’inaspettato davvero. In realtà non è niente di più o di meno di un gioco strategico, ma lo chiedo a gente più addentro di me: quanti giochi strategici sono basati sul romanzone nazionale polacco e ambientati nel Seicento?

9) La Divina Commedia – e anche questo non una volta sola. A quanto pare, ogni tanto, qualcuno trae un videogioco dal nostro poema nazionale, con titoli come La Foresta Oscura, le Tribolazioni di Santa Lucia e cose simili. E se pensate che questo dovrebbe essere in cima alla lista, invece no. Per quanto mi riguarda, la palma spetta a… 

10) Salammbo – perché la Divina Commedia è universalmente conosciuta (almeno di nome) e contempla un viaggio nell’oltretomba e abbondanza di diavoli. Invece trovo che per andare a pescare il più sconosciuto dei romanzi di Flaubert e farne un videogioco ci voglia una notevole dose di spudorato coraggio. Per metterci come colonna sonora il Requiem di Mozart, però, forse ce ne vuole ancora di più!

Valgono gli stessi commenti che si facevano per Jane Austen. Qualcuno andrà a leggersi il libro dopo avere giocato al gioco? Non ne ero sicura a proposito di Orgoglio e Pregiudizio, con questi dieci titoli sono abbastanza certa di no – salvo rarissime eccezioni. Semmai ci sarà gente che ha letto il libro e poi gioca.

Però, dite la verità: siete sorpresi?

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* Uno dei non tantissimi giochi che ho provato di persona è Emerald City Confidential, che mescola distopia oziana e atmosfera hard boiled notturna… mica male, devo dire – per improbabile che suoni.

Feb 18, 2011 - Spigolando nella rete    1 Comment

Jane Austen Nell’Era Della Playstation

Non è che non avessi mai visto giochi per il computer ispirati a romanzi, ma di questo Matches And Matrimony che B. mi segnala, devo proprio mettervi a parte.

PPgame1.pngCi credete? Un gioco di simulazione che combina tre romanzi di Jane Austen in una caccia al marito perfetto… Mi par di capire che si vestano i panni virtuali di Lizzie Bennet di Orgoglio e Pregiudizio, senza per questo trovare le proprie scelte ristrette a Mr. Darcy. Il promo su Amazon spiega che ci si potrebbe anche interessare a Mr. Bingley (il che fa capire perché, sulla scheda-personaggio di Jane Bennet ci sia una specie di termometro dell’amicizia…) e in una schermata si nominano il Colonnello Brandon di Ragione e Sentimento e il Capitano Wentworth di Persuasione

Dopodiché mi par di capire che si svolgano varie attività per migliorare le proprie statistiche (con valori come forza di volontà, spirito, gentilezza, talento e via dicendo) e si interagisca con gli altri personaggi, perseguendo la domanda di matrimonio da parte del corteggiatore preferito. PPgame2.png

La parte seria di me scuote la testa, ma in realtà già m’immagino legioni di Janeites che giocano furiosamente – le une intente ad accaparrarsi Mr. Darcy, altre (che non lo hanno mai sopportato) ansiose di fornire Lizzie di un marito diverso, altre ancora in deliquio all’idea di soffiare il buon Bingley all’angelica Jane – in una versione contemporanea e molto meta dell’esperimento di Mrs. Oliphant.

PPgame3.pngMi piacerebbe dire che qualche ragazzina, dopo avere giocato, andrà a leggersi i libri, ma non sono sicura di crederci fino in fondo – anche se devo dire che nel mondo anglosassone O&P e R&S sono di una popolarità biblica (anche grazie a fortunati adattementi cinematografici e televisivi) e pure molto letti. Per di più, non passa numero di HNR senza che si recensisca almeno un seguito, rielaborazione o pastiche austeniano. Si direbbe che, al di là della Tinozza, le lettrici siano frustrate dalla scarsa produttività della Zia Jane, e insaziabilmente affamate di opere derivate. Probabilmente non è un caso che Matches And Matrimony sia disponibile solo negli Stati Uniti.

Che devo dire? L’idea di una Janeite seduta al computer in abito di mussola a vita alta, occupata a maritarsi a colpi di mouse, mi diverte enormemente…

 

Gen 30, 2011 - Spigolando nella rete    2 Comments

E Poi Ci Sono Le Sciabole

Bisogna dire che l’articolo di Duncan Noble mi abbia fatto qualche effetto. Non contenta di Scaramouche, ecco qui la ricostruzione di un duello alla sciabola “alla polacca”. Tutt’altro mondo, come vedrete – e sono abbastanza sicura che Noble non avrebbe poi troppo da ridire. Una certa spettacolarizzazione c’è, si capisce, ma il tutto ha un’aria generale piuttosto filologica. Aiuta il fatto che Sieniawski (il signore baffuto – gli altri due sono i suoi figli) sia uno storico della scherma oltre che il maestro d’armi e consulente storico dell’Esercito Polacco. Ha anche curato tutto l’aspetto armi bianche per la produzione del film tratto da Col Ferro E Col Fuoco, di Sienckiewicz, qualcosa che in Polonia si prende religiosamente sul serio.

E’ un po’ una curiosità, perché tendiamo (o almeno io tendo) ad associare la sciabola alle cariche di cavalleria, ma parrebbe non essere sempre stato così.

Tutto considerato, e anche tenendo conto della quantità di glaze hollywoodiano che ricopre il duello di Scaramouche, non stupisce troppo l’uso di figure retoriche legate alla sciabola e al fioretto per indicare diversi stili di comunicazione verbale, vero? E non solo verbali, se si pensa che, in altri tempi, dare del sabreur a qualcuno significava, nella migliore delle ipotesi, rimproverargli un eccesso d’irruenza.

Be’, buona domenica.

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