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Ago 19, 2012 - scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Revisionato la scena di ieri.

Quella nuova.

Vale?

Questa cosa decisamente non sta andando come previsto…

Ago 18, 2012 - scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Ecco, invece di revisionare una scena della prima stesura, oggi ho scritto una scena nuova.

From scratch.

Una scena che ha a che fare con il Babington Plot.

E detto così porebbe quasi sembrare una buona cosa, ma non lo è.

Domani cercheremo di far meglio.

Ago 17, 2012 - angurie, scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Buona parte della giornata se n’è andata in preparativi per la cena di compleanno a sorpresa di mia madre – così sono riuscita solo a trascrivere la scena e a fare qualche aggiustamento minore.

Intenderei ridurla di circa un quarto e rendere più taglienti diverse battute di Kit. Domani, però, perché sono le due e mezza. Il che vuol dire, tecnicamente, oggi…

Oh, never mind.

Theatre – Being Julia

Intanto che elencavo #personaggidilibri, mi è tornata in mente Julia Lambert, l’adorabile e impossibile protagonista creata da Maugham per Theatre – che in Italia è stato tradotto per Adelphi come La Diva Julia.*

Ebbene, Istvan Szabo nel 2004 ne ha tratto un incantevole film, Being Julia, con Annette Bening (perfetta) e Jeremy Irons (un po’ meno perfetto), cui questo trailer in realtà non rende giustizia – ma tant’è:

Se ne aveste voglia e foste incuriositi, credo che, digitando “Being Julia”, su YouTube se ne trovino fette abbastanza vaste.

E se poi voleste leggere il libro, c’è sempre Amazon: qui trovate l’originale in cartaceo, qui la versione Kindle, e qui la traduzione: in cartaceo e kindle.

Buona domenica.

Esserci O Non Esserci

shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burtonQuesto è il problema. Se sia meglio portare il fantasma in scena come uno spirito incarnato o suggerire la sua incorporeità per mezzo di luci blu, velari e macchina della nebbia – o magari non mostrarlo affatto. Spettro, apparizione, voce disincarnata, ossessione folle – e con un’idea registica dire che si è messo fine al dibattito sulla natura dell’ectoplasma vendicativo…

Perché il fatto è, vedete, che quando Shakespeare scrisse il suo Amleto, i fantasmi nell’Inghilterra riformata erano una vexata quaestio. Per i cattolici, naturalmente, erano anime del purgatorio, tornate a chiedere preghiere, esigere vendetta o sistemare faccenduole lasciate indietro. Ma la riforma aveva fatto piazza pulita di purgatorio, limbo e altre consimili sistemazioni provvisorie: una volta morti si ascendeva o si sprofondava in luoghi da cui nessuno tornava più.shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burton

Però i fantasmi c’erano – pochi dubitavano dell’esistenza di apparizioni spettrali. Il problema era come spiegarle… La risposta protestante era, come spesso accadeva, il diavolo. Non di fantasmi si trattava, ma di forme create illusoriamente (o abitate – su questo non c’era accordo) dal demonio al fine di sconvolgere le menti più impressionabili*, spingerle a compiere azioni riprovevoli come la vendetta e/o il suicidio e, già che ci si era, rastrellarne le anime.

Ma questi erano gli strologamenti dei teologi e dei re**, e l’opinione generale era che le anime dei morti tornassero indietro eccome. Magari non erano affatto raccomandabili, magari avevano davvero a che fare con il diavolo, ma erano propio fantasmi.

shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burtonE la questione cessa di sembrare di lana caprina quando si guarda che cosa ne fa Shakespeare, portando in scena il fantasma di Amleto senior. Bernardo e Marcello, i primi a vederlo, non sanno bene che cosa pensarne ma, a ogni buon conto, chiamano e mandano avanti Orazio, perché Orazio sa il Latino e quindi è in grado di conversare con l’apparizione – e presumibilmente scacciarla, se necessario.

Orazio ha studiato a Wittemberg, e quindi arriva armato di accademico, filosofico e teologico disprezzo per tutto l’armamentario superstizioso medievale***. E infatti parte arringando lo spettro come se fosse un diavolo… E bisogna dire che allo spettro non piace molto essere perentoriamente invitato a parlare “per il cielo!”…

Questo potrebbe significare che si tratta in effetti di un diavolo cui non piace sentir nominare le cose superne, oppure che si tratta di un fantasma legittimo, offeso dal sospetto di Orazio. La faccenda rimane ambigua in una maniera che doveva essere accettabile per il Master of Revels e molto eccitante per un pubblico elisabettiano.

Diavolo? Fantasma? Fantasma? Diavolo?shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burton

La cosa buffa è che il filosofico Orazio si converte subito all’idea del fantasma, mentre Amleto, com’è nel suo stile, dubita. Ci saranno anche più cose in cielo e in terra che in tutta la filosofia di Orazio, ma perbacco, questa preoccupante apparizione vuole spingere il nostro tetro giovanotto a commettere peccato… diavolo o fantasma? Fantasma o diavolo?

E poi tutti sappiamo come va a finire.

Ora, la complessiva ambiguità dell’ectoplasma danese incarnava senza scioglierlo uno dei grandi dubbi dell’epoca, e l’Inglese medio si riconosceva nel rovello di Amleto: è o non è un fantasma? Defunto in cerca di giustizia (of sorts) o diavolo tentatore? È più indegno trascurare la volontà del trapassato o rischiare l’influenza diabolica? Eccetera, eccetera.

shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burtonIn termini di pratica teatrale, la faccenda si traduceva in un attore in armatura che entrava in scena (da destra o da sinistra?), faceva le sue declamazioni con voce stentorea**** e poi si affrettava a cambiarsi per interpretare un’altra particina o due.

E così rimase per vari secoli, e ci vollle il Novecento perché qualcuno cominciasse a porsi la questione in termini più registici che teologici.

Intanto, qualunque cosa l’apparizione fosse, bisognava in qualche modo segnalarne il carattere preternaturale. La voce da stentorea cominciò a farsi eterea ed echeggiante, la presenza scenica si sciolse in diluvii di nebbia, garze, tulli, luci blu, nebbia artificiale, ombre, proiezioni e – al cinema – trasparenze e doppie esposizioni.shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burton

Per esempio, nella versione olivieriana del 1948, il fantasma è un’armatura dalla celata semichiusa, avvolta in vortici di nebbia. Ricordo di avere visto, a Cardiff negli Anni Novanta, una produzione studentesca in cui il fantasma se ne stava dietro un canovaccio nero. Al momento giusto, un piazzato bianco illuminava l’attore, per dare l’impressione di un’immagine sfocata che emergesse dal buio. 

shakespeare, amleto, fantasmi, eleanor prosser, vincent price, john gielgud, laurence olivier, richard burtonOra, non è che questo ingentilimento e questa rarefazione dello spettro avessero eliminato del tutto l’opzione diavolo-cadavere-animato/posseduto, che ricompariva periodicamente nella forma di fantasmi-scheletri o fantasmi-zombi. E tuttavia, la tendenza ebbe uno sviluppo logico in altre direzioni: lo spettro scomparve del tutto quando i registi cominciarono a ipotizzare che non fosse un fantasma affatto – ma un caso di possessione, una proiezione dell’inconscio di Amleto o un sintomo della sua follia.

Per esempio, a New York nel 1964, John Gielgud diresse Richard Burton in una produzione quasi ghost-less: al momento fatale, un’ombra indistinta si proiettava sullo scenario, e Burton/Amleto faceva conversazione con la voce del regista in quinta – una soluzione di cui Gielgud era particolarmente orgoglioso. Ma la storica del teatro Eleanor Prosser era meno entusiasta:

Tutti i versi erano squisitamente salmodiati nel tono tremulo di un santo morente – tutti tranne quelli troppo spudoratamente rivoltanti oppure osceni. Quelli – la descrizione dell’avvelenamento e l’immagine della lussuria che si pasce di letame – erano cassati. Ma in queste produzioni moderne, abbiamo mai modo di essere davvero spaventati o scossi da quel che il Fantasma dice, e da come lo dice?*****

E poi, nel 1980, Vincent Price interpretò a Londra un Amleto interamente senza fantasma. Le battute del defunto babbo le diceva lui, con una voce diversa

[U]n grugnito tipo teatro Noh, che suonava come un tritarifiuti shakespeariano,

ricorda l’attore e regista shakespeariano Paul Whitworth, prima di esprimere tutta una serie di dubbi: c’è il fatto che scegliere proprio Vincent Price per una faccenda di (forse) possessione sembrava singolarmente poco sottile; c’è il non del tutto trascurabile particolare che anche Bernardo, Francesco, Marcello e Orazio vedono il fantasma senza che Amleto sia nei paraggi; c’è la conseguenza che così Amleto, anziché scivolare gradualmente nei guai di una causa che si presenta con qualche merito di giustizia, appare fin dall’inizio matto da legare e matto da legare rimane fino alla fine.

E non so quali e quanti Amleti abbiate visto in vita vostra, ma sono certa che le apparizioni del fantasma variavano attraverso tutta la gamma – a riprova del fatto che, se gli Elisabettiani non avevano le idee chiare in fatto di spettri, non le abbiamo del tutto nemmeno noi. Anima in pena, diavolo, follia, inconscio represso? L’ambiguità deliberata di Shakespeare in proposito lascia spazio alle interpretazioni – anche quelle che non avrebbero avuto un senso definito a cavallo tra Cinque e Seicento.

La cosa importante è che il Fantasma non è una pittoresca particina secondaria, né un comodo device letterario. Nato come espressione di un dilemma che la riforma protestante si trascinava dietro come le catene di Marley, rimane un fulcro concettuale di tutto il dramma: la risposta registica alla domanda “che cosa è il Fantasma?” la dice lunga su chi è Amleto – e su chi siamo noi che ne interpretiamo la storia. 

È davvero calzante, non credete, che proprio questo fosse il ruolo in cui Shakespeare saliva in scena a incontrare il suo pubblico? 

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* Tra l’altro, un temperamento malinconico (leggi depressivo, in modern parlance) esponeva particolarmente a questo genere di attacchi. Amleto, per dire.

** Per dire, Giacomo VI e I era un appassionato (e bilioso) demonologo, ossessionato da streghe, diavoli e apparizioni, su cui scrisse abbondantemente – e si capisce che l’opinione di un re tendeva a fare testo. Poi viene da chiedersi se, quando era ancora solo VI, detestasse il conte di Bothwell perché lo riteneva uno stregone, o se dicesse che era uno stregone perché lo detestava…

*** Disprezzo molto elisabettiano e riformato, si capisce.

**** Leggenda e il solito Aubrey vogliono che Shakespeare recitasse il ruolo del fantasma – dal che i biografi deducono che non dovesse essere un attore straordinariamente bravo, ma possedesse polmoni di tutto rispetto.

***** Eleanor Prosser, Hamlet and Revenge, 1971. (Traduzione mia)

Compleat Female Stage Beauty

Si parlava del play di Hatcher, vero?

Ebbene, eccone qui una fetta – che tra l’altro comprende proprio lo scambio di battute di cui si parlava – in una produzione del 2008 alla Circuit Playhouse di Memphis:

Posso dichiararmi divertita dal fatto che il linguaggio è purgato rispetto alla mia edizione inglese di Dramatists Play Service? A quanto pare, nel traversare la Tinozza, tit (tetta) è diventato breast (seno), le imprecazioni si sono ingentilite e via dicendo…

Oh well. Buona domenica – Caronte permettendo.

Lug 1, 2012 - elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Elizabeth – The Last Dance

Elizabeth – The Last Dance

Magari è solo una mia impressione, ma mi pare che da un po’ di tempo non parliamo di cose elisabettiane…

Riprenderemo, ma intanto guardate Elizabeth – The Last Dance, una di quelle straordinarie cose a mezza strada tra danza e teatro di Lindsay Kemp. Qui c’è il trailer:

E qui le riprese fatte durante il tour giapponese nel 2008:

E buona domenica.

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And, on an entirely unrelated note, Happy Birthday, L.!

Giu 17, 2012 - teatro    Commenti disabilitati su Don Carlos a Dresda

Don Carlos a Dresda

In Tedesco, quest’oggi. Trailer dell’edizione 2010 allo Schauspielhaus di Dresda, con la regia di Roger Vontobel – che, da quel che se ne vede, mi pare asciutta, un nonnulla claustrofobica ed efficace.

Che poi in Tedesco so: a) chiedere la strada per Salisburgo; b) indicare la strada dall’uscita di Mantova Sud a qui; c) protestare per la qualità delle tavole di Larice; c) il testo di qualche Lied e dell’Inno alla Gioia; d) ordinare la cena. E non è una lingua che mi piaccia – però aspiro, un giorno, ad andare a vedere un Don Carlos in originale.

Wish me joy, e buona domenica.

Giu 3, 2012 - cinema, teatro    Commenti disabilitati su The Madness Of King George III

The Madness Of King George III

Sbaglio o parlavamo di Alan Bennet?

 

Però non lasciatevi trarre in inganno dal cartello che dice NOW PLAYING – in realtà si parla di una produzione andata in scena all’Old Globe nel 2010, con lo strepitoso Miles Anderson nel ruolo del porfiriaco Giorgio III Hannover – ruolo originariamente creato dall’ancor più strepitoso Nigel Hawthorn.

E Hawthorn lo potete vedere nel trailer del film tratto dal play:

Oh well… Buona domenica.

Mag 27, 2012 - elizabethana, musica, teatro    1 Comment

A Midsummer Night’s Dream

Sono affascinata da questo video di fotografie del Sogno, messo in scena dalla Lindsay Kemp Company al Sadler’s Wells Theatre di Londra nel 1985. Dev’essere stato magico.

 

 E chissà se Lindsay Kemp, ballerino, attore, coreografo e mimo, sia un discendente del suo omonimo, l’attore elisabettiano Will Kemp, l’uomo che danzò in nove giorni da Londra a Norwich? 

Buona domenica – e se siete in quel di Mantova, ricordatevi la Mostra della Piccola Editoria al Centro Baratta.