Apr 25, 2010 - Spigolando nella rete, Utter Serendipity    Commenti disabilitati su Personaggi In Fieri

Personaggi In Fieri

Dalla Provincia Granda, e oggi niente musica, ma personaggi.

Troppo lungo spiegare come mi ci sono imbattuta, ma questo post del blog di Harald Siepermann, animatore della Disney, è una lunga serie di disegni, schizzi e abbozzi di personaggi, in vari stadi di compiutezza.

Alcuni li riconoscerete, altri no (una delle cose affascinanti è che non tutti appartengono a progetti andati in porto, e alcuni sono fasi preliminari e abbandonate di progetti in corso), ma badate al fantastico lavoro di caratterizzazione che emerge dalle serie di schizzi successivi. Quest’uomo è un genio.

Oh, come vorrei saper disegnare, gente!

Buona domenica a tutti.

Apr 24, 2010 - Spigolando nella rete    Commenti disabilitati su A Proposito di Fanfiction

A Proposito di Fanfiction

Per molto tempo ho pensato che fanfiction si traducesse come “adolescenti che, invece di fare i compiti, scribacchiano versioni idealizzate di se stesse in rimasticature di episodi del telefilm preferito”. Poi un’amica inglese mi ha confessato di scrivere fanfiction, e siccome la signora in questione ha due lauree e sta concludendo il secondo dottorato, e scrive divinamente, mi sono domandata se non mi fosse sfuggito qualcosa.

La risposta è sì. Guidata da V., a suo tempo, ho svolto qualche piccola indagine, scoprendo in rete una popolazione variegatissima, principalmente femminile – ma non solo – dalle adolescenti di cui si diceva fino alle insospettabili docenti universitarie: scrivono, scrivono, scrivono. Prendono personaggi altrui, li fanno agire, li interpretano, li cambiano, allungano o accorciano loro la vita, li fanno interagire con personaggi di loro creazione, con versioni di persone reali, con personaggi di altra provenienza. Qualora non bastasse, discutono, discutono, discutono. Si accendono zuffe furibonde su date, eventi, caratterizzazioni, pairings… hanno un glossario comune che distingue generi e convenzioni, e poi ogni fandom ha il suo canone, il suo universo, le sue communities, le sue usanze e i suoi tabù.

La qualità della scrittura varia abissalmente, e la sorpresa non è tanto trovare montagne di wishful writing ai limiti dell’analfabetismo, quanto imbattersi – e nemmeno troppo di rado – in storie complesse, articolate, assai ben scritte. Annoto due particolari: uno è che il livello tende a variare da fandom a fandom: è più facile trovare buona scrittura attorno a film di nicchia o serie di culto Anni Sessanta che attorno a telefilm adolescenziali, mentre per tutto ciò che è molto popolare c’è davvero di tutto. In secondo luogo, il fenomeno sembra più variegato e diffuso nel mondo anglosassone: in Italia tende ad essere limitato alle adolescenti che si aggiungono, descrivendosi coraggiosissime, bellissime e affascinantissime, nella trama del Signore degli Anelli.

Non dico che non tornerò sul fenomeno, perché presenta tutta una collezione di significative bizzarrie, ma per oggi vorrei soffermarmi sul sorprendente fatto che c’è anche chi scrive fanfiction a sfondo letterario. Questi sono un po’ di numeri presi dall’indice della sezione Books di Fanfiction.net. Ora, FF non è precisamente la crema dell’ambiente, e le communities dedicate lo guardano un po’ dall’alto in basso, ma è interessante perché ci si trova di tutto, e consente piccole indagini comparative. Per esempio:

1984, di George Orwell: 198 storie. L’avreste mai detto? Io, francamente, no.

Eneide: ebbene sì, c’è persino una fanfiction sull’Eneide: l’ipotesi sembra essere che nel Libro IV Enea non abbandoni Didone, ma non ho avuto il coraggio di leggere fino in fondo.

– Alexandre Dumas: in generale, 157 storie, più 24 storie per Il Conte di Montecristo.

– Tennyson: due poesie imitative, ispirate a The Lady of Shallot.

Angeli e Demoni: 55 storie, più 247 storie per Il Codice Da Vinci. Poche, tutto considerato.

– La Bibbia: 2862 storie. Don’t. Ask.

I Racconti di Canterbury: 9 storie.

Don Quixote: 7 storie.

– Edgar Allan Poe: 177 tra storie e poesie.

Farenheit 451: 28 storie.

Via Col Vento: 587 storie.

Harry Potter: 452.391, non del tutto imprevedibilmente.

Le Storie di Erodoto: 6 storie.

Jane Eyre: 207 storie.

Il Cacciatore di Aquiloni: 6 storie.

I Miserabili: 1838 storie (ma bisogna considerare anche l’influenza del musical).

Lolita: 1 storia.

Il Piccolo Principe: 2 storie (pensavate di più, eh?).

Il Signore degli Anelli: 43.176, 2580 e qualcosa per Il Silmarillion e solo 27 per Lo Hobbit.

Le Metamorfosi di Ovidio: 5 storie.

Moby Dick: 3 storie.

Twilight: 142.128 storie.

Tenera è la Notte: 68 storie.

L’elenco completo è molto più lungo e comprende, tra l’altro, un’unica categoria in Italiano per Scusa, ma ti chiamo amore, che risulta misericordiosamente vuota. Mi pareva di ricordare di avere visto una consistente categoria dedicata a Shakespeare, ma non la vedo più. I numeri sono istruttivi, ma questo non è tutto il punto.

A parte tutto, non posso fare a meno di essere affascinata da tutte queste persone che, nel loro tempo libero (o invece di fare i compiti), appiccano seguiti, finali alternativi e scene aggiuntive a Ovidio, Chaucer e la Bibbia. Voi no? 

 

Apr 23, 2010 - Oggi Tecnica    2 Comments

I’ve got rhythm…

Ho la vaga impressione di avere già citato Virginia Woolf a proposito del ritmo, ma credo che lo ripeterò comunque. A memoria, e quindi senza la minima pretesa di precisione: scrivere un libro è quasi solo questione di ritmo. Una volta scelto un ritmo, il libro viene da sé.

Sì, vabbe’.

Premesso che per una volta non credo affatto a Virginia, dirò tuttavia che il ritmo della prosa è fondamentale a vari livelli. Narrativamente, il ritmo serve a rallentare o accelerare il tempo di una scena; musicalmente, per dir così, il ritmo delle frasi cattura, trascina, culla, mette a disagio o strangola il lettore. I cambi di ritmo sottolineano o preparano le sorprese, enfatizzano gli snodi della trama, sostengono le descrizioni… ci sono un sacco di cose che si possono fare amministrando con saggezza il ritmo di ciò che si scrive. Ci sono un sacco di modi per amministrare saggiamente il ritmo.

Oggi mi soffermo su uno in particolare, perché quando mi è stato fatto notare mi ha lasciata perplessa. Perplessa, perché dire che un susseguirsi di frasi brevi rallenta il ritmo, mentre un’unico periodo lungo lo velocizza, a me sembra controintuitivo. Insomma, una frase breve è lapalissianamente più rapida, no? E il ritmo di tre o quattro frasi brevi in rapida successione deve necessariamente correre, giusto?

No, sbagliato.

Provate a immaginare ogni punto come un semaforo rosso, e vedrete che un paragrafo costituito da un numero qualsiasi di frasi brevi separate da punti è una strada piena di semafori rossi. Ogni volta occorre fermarsi.

Prendiamo un esempio da Close Range, di Annie Proulx*, autrice americana celebre per i suoi periodi interminabili**:

Cenarono tardi, accanto al fuoco, una scatola di fagioli per ciascuno, patate fritte e un quarto di whiskey in due, seduti contro un tronco, con le suole e i risvolti dei jeans a scaldare, passandosi la bottiglia mentre il cielo lavanda perdeva colore e l’aria fredda scendeva, bevendo, fumando, col fuoco che gettava scintille nella curva del torrente, buttando legna sul fuoco per tenere viva la conversazione, parlando di cavalli e di rodeo, di donne, incidenti e ferite subite, del sottomarino Threscher perduto due mesi prima con tutto l’equipaggio e di come doveva essere stato negli ultimi minuti prima della fine, di cani che ciascuno aveva avuto e conosciuto, della siccità, del ranch dove i genitori di Jack tiravano avanti, della casa di famiglia di Ennis, perduta anni addietro dopo la morte dei suoi, del fratello maggiore a Signal, della sorella sposata a Casper.

Monster period di 145 parole, se non ho contato male, eppure provate a leggerlo ad alta voce: è scorrevolissimo e veloce. All’inizio c’è il verbo all’indicativo che indica l’azione principale, completata poi da una serie di gerundi che scandiscono le azioni accessorie e l’accumularsi dei dettagli, fino all’elenco degli argomenti toccati nella conversazione, che passano dal triviale al tragico al personale. Il tutto regolato da tutta una processione di virgole. Ma le virgole non fermano: anziché semafori rossi, sono boe, attorno alle quali scivoliamo lungo la traiettoria di una scena di dialogo indiretto.

Spero che la signora Proulx non me ne voglia se adesso modifico sperimentalmente il suo periodo, spezzettandolo.

Cenarono tardi, accanto al fuoco. Mangiarono una scatola di fagioli per ciascuno, patate fritte e un quarto di whiskey in due. Sedevano contro un tronco, con le suole e i risvolti dei jeans a scaldare, passandosi la bottiglia mentre il cielo lavanda perdeva colore e l’aria fredda scendeva. Bevvero e fumarono, col fuoco che gettava scintille nella curva del torrente, buttando legna sul fuoco per tenere viva la conversazione. Parlarono di cavalli e di rodeo, di donne, incidenti e ferite subite. Chissà come, da quello passarono al sottomarino Threscher perduto due mesi prima con tutto l’equipaggio. Si domandarono come doveva essere stato negli ultimi minuti prima della fine. Poi fu la volta dei cani che ciascuno aveva avuto e conosciuto, della siccità. Jack parlò del ranch dove i suoi genitori tiravano avanti. Ennis raccontò della casa di famiglia, perduta anni addietro dopo la morte dei suoi, del fratello maggiore a Signal e della sorella sposata a Casper.

Visto? Lo so che controintuitivo, l’ho sempre pensato, e una parte di me lo pensa ancora, anche davanti all’evidenza: ogni singola frase della seconda versione può essere asciutta e rapida, ma l’effetto complessivo del paragrafo diventa molto più lento, con tutte quelle pause obbligate. Se volete fare un esperimento, leggete ad alta voce entrambe le versioni, o fatevele leggere da qualcun altro, o registratevi e riascoltate. Il ritmo è cambiato, molto più spigoloso e più faticoso alla lettura.

Il problema è che costruire periodi come la versione originale, spropositatamente lunghi e traboccanti di dettagli, e tenerli scorrevoli, è un’arte complicata, richiede orecchio, attenzione e pratica, padronanza della sintassi e la pazienza di tornare indietro e limare, spostare, leggere ad alta voce ancora e ancora, fino a quando ritmo, musica e significato non si combinano in maniera liscia.

Difficile, ma non c’è niente come provare. E a dire il vero, credo che sperimentare una tecnica controintuitiva sia tanto più efficace proprio perché ci costringe ad affrontare i preconcetti, a provare soluzioni che non avevamo considerato (e magari credevamo di non dover considerare affatto), a pensare con estrema attenzione a ogni parola, ogni suono, ogni virgola che usiamo.

Quindi, non so voi, ma io, nel corso delle numerose ore di treno che mi aspettano durante il fine settimana, ho intenzione di dedicarmi a questo esercizio: partire dal monster period di Annie Proulx e riscriverlo, modificandolo vieppiù nel contenuto, ma mai nella struttura. Centocinquanta parole e nemmeno un punto, again and again, fino a quando non riesco a farlo indipendentemente dal modello e con scioltezza accettabile e buon ritmo.

Non intendo certo modificare il mio stile in una processione di periodi di dimensione biblica, ma voglio saperne scrivere uno senza sfigurare, se ne sorge l’occasione o la necessità.

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* Per la cronaca, è il racconto da cui è stato tratto I Segreti di Brokeback Mountain.

** Traduzione mia: nulla di artistico, solo funzionale.

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Tengo a precisare che questo post è stato scritto in uno stato di terror panico, perché c’è un r (bestia con otto zampe) che se ne va in giro tra l’una e l’altra cassa del computer. E siccome ho già chiamato la Cavalleria dieci minuti fa per estrometterne un altro, e non ho il coraggio di ripetere il numero, posso solo cercare di finire il prima possibile e allontanarmi in fretta. Per cui non c’è stata gran revisione, e se trovate un numero di errori di battitura superiore al consueto, blame it on the spider.

 

Apr 22, 2010 - grillopensante    Commenti disabilitati su Il Fascino Perverso Della Fantascienza

Il Fascino Perverso Della Fantascienza

A sei anni, durante una vacanza al mare, approfittai di una distrazione dell’allora Maggiore per sottrargli un Urania intitolato Tra gli orrori del Duemila. Pessima idea. Trent’anni più tardi, ricordo vividamente i terrori notturni generati dallo scenariaccio post-nucleare, e ricordo anche  il povero allora Maggiore che rifilava l’Urania incriminato al figlio quindicenne di amici: “Prestito? No, è tuo e guai a te se lo restituisci – non lo voglio più vedere in vita mia!”

Fu una vacanza molto insonne per tutta la famiglia, e segnò l’inizio del mio pessimo rapporto con la fantascienza. Voglio dire: ci sono voluti anni e una specie di ricatto prima che mi azzardassi ad avvicinarmi a Guerre Stellari (G-U-E-R-R-E S-T-E-L-L-A-R-I!!!), non so contare le notti di sonno che ho perso grazie a Il Pianeta delle Scimmie – quello originale, con Charlton Heston – il solo pensiero di Philip K. Dick mi dà la tachicardia, e non mi sono mai azzardata a leggere Aasimov*. Rendo l’idea?

ddp.jpgPerché poi, visto che le distopie mi angosciano e gli scenari postapocalittici mi tormentano per anni a seguire, io sia in realtà attratta dal genere, è uno di quei misteri che lascio a gente più sveglia di me. Se avessi un briciolo di buon senso, quando mi hanno regalato Gli Dei di Pietra di Jeanette Winterson avrei sorriso con garbo, infilato il libro in uno scaffale molto in alto e fatto del mio meglio per dimenticare che era lì, giusto?

Invece no, l’ho iniziato, giusto per vedere com’era**, ed era notevole. Molto notevole. Così sono andata avanti, trascinata dalla scrittura piena d’increspature e d’ombre***, dal futuro inquietante e plausibile, dalla vena sardonico-disperata di Billie, dalle meravigliose descrizioni dei pianeti leggendari, dal campo di libri/meteoriti perdti nello spazio, dalle pagine di poesia che tappezzano l’astronave del capitano Handsome…

Non l’ho ancora finito – e sì: mi rendo conto di quanto sia ridicolo recensire un libro prima di averlo finito, grazie – e ad essere franchi, ogni volta che lo metto giù e deglutisco il groppo familiare di leggera angoscia mi dico che basta così. A che pro rendermi infelice leggendo una storia che non mi piace nemmeno e che quasi di sicuro finirà col darmi gl’incubi? Anzi, diciamolo: una storia che me li ha già dati?

Risposta a): perché è un libro pensato, costruito e scritto divinamente, pieno di idee brillanti, di poesia inattesa, di spunti aguzzi. La fantastica scena in cui Spike si dichiara spudoratamente a Billie, e la loro comunicazione telepatica si mescola alle spiegazioni di Handsome su come eliminerà i dinosauri dal Pianeta Azzurro, vale da sola il prezzo del libro. Ogni parola conta, pesa e luccica e, a quanto pare, sono disposta a stare male pur di leggere roba scritta così.

Risposta b): perché quei pianeti morti, quei posti abbandonati per sempre, quel vuoto senza confini, l’ipotesi di quel futuro in cui tutto ciò che conosciamo sarà irrecuperabilmente perduto, sono raffigurazioni narrative di certe mie paure profonde, e qualche parte di me pensa che ci siano modi peggiori di una storia per affrontare certe proprie paure profonde. Adesso, per favore, questa non prendetela per più personale di quanto sia: è tutta la Storia che l’umanità si racconta storie spaventose/terrificanti/angoscianti per questo specifico motivo.

Insomma, non sono sicura che finirò Gli Dei Di Pietra, ma ciò non m’impedisce di consigliarlo a chiunque digerisca la fantascienza: per la scrittura, per la traduzione, per le domande su che cosa ci renda esseri umani, per il pianea chiamato Eco… Unico caveat, per la seconda parte non mi prendo responsabilità; per gl’incubi, ho già avvertito.

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* E non cominciamo nemmeno a parlare dei deprimentissimi anime giapponesi in materia. Porto ancora del serio rancore all’ex di un’amica, che anni fa è riuscito ad infliggermi quasi un terzo di Akira contro la mia espressa volontà. Ora, non voglio discutere se Akira sia o meno un capolavoro, dico solo che il genere mi rende molto infelice, e che il B. aveva l’animo del torturatore.

** Ridete pure: in pieno giorno, come se si potessero applicare le stesse tattiche alle storie di fantasmi e alla fantascienza! Certe volte sono puerile.

 *** Bella, bella, bella traduzione di Chiara Spallino Rocca.

Apr 21, 2010 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Salvatore Siciliano & C.

Salvatore Siciliano & C.

“Mi chiamo Salvatore Siciliano e dal momento in cui leggerete questo testamento avrò una sola certezza: quella di non chiamarmi più Salvatore Siciliano.

In pieno possesso delle mie facoltà mentali decido di lasciare tutti i miei beni materiali alla persona che più ho amato…”

Lo so, l’avete già visto tutti, ed era sfuggito solo a me. Ad essere sinceri, quando ho ricevuto la prima mail con questo testo, l’ho scambiata per l’ennesima truffa web. Avete presente il sacerdote nigeriano o l’orfano del defunto ministro ugandese che vi offrono la percentuale sull’eredità purché voi (persona di estrema fiducia pescata a caso in rete) facciate questo, quello e quell’altro ancora? Ecco, pensavo a una cosa del genere, e ho letto distrattamente, aspettandomi da un momento all’altro l’offerta di una fetta dei 98 milioni di Euro depositati sul conto Unicredit. 

Poi invece la percentuale non c’era, ma c’era un link. Be’, chi l’avrebbe mai detto? ho pensato. Phishing in veste inedita! Così ho cestinato la mail e non ci ho pensato più. Poi si sa che per me Internet è il posto dove si cerca l’abbigliamento tardobizantino e si dà il tormento agli Addetti Navali, e quindi i fenomeni web a volte mi passano accanto senza che me ne accorga…

Credo proprio che di Salvatore Siciliano e del suo testamento mi sarei bellamente dimenticata se, a scuotermi dal mio placido oblio, non fosse arrivata la mail della Responsabile Web Marketing di Fazi Editore, con la spiegazione dell’arcano e tanto di cartella stampa in allegato.

E così scopro che Salvatore e il suo testamento abitano in un libro, e che avevo scambiato per phishing “la più grande operazione di marketing e comunicazione virale effettuata in Italia sul web”. Silly me.

Incuriosita, faccio qualche ricerchina e scopro questo sito minimale, che riporta il supposto testamento, la copertina del libro e un link al booktrailer su YouTube. BT scarno e ben confezionato, con musica incalzante, montaggio ansiogeno, un accenno di teoria complottista, tanto di richiamo a Dante, e l’informazione che Salvatore si aspetta di dover morire da un momento all’altro – e nel frattempo si svuota animo e coscienza. Il device letterario non è certo originale, ma è di quelli efficaci, e comunque vederlo applicato a facebook è stuzzicante.

Siccome sono una creatura diffidente, verifico anche l’affermazione secondo cui Google dà più di 200000 risultati per ITdSS. Ebbene, pare che fosse una stima prudenziale: al momento i risultati sono più di 250000. Mica male. Tutto vero anche per quel che riguarda i video di risposta su YouTube: mi sembra che molti siano parodie, e in mezzo al numero spunta anche un video intitolato Michael Jackson è vivo!, ma non stiamo a sottilizzare, perché l’importante è che se ne parli, e non si può negare: se ne parla eccome.

Dal punto di vista del rumore mediatico, missione compiuta, non c’è che dire. L’operazione è stata condotta bene (magari sono l’unica che ha scambiato il testamento per phishing!), in modo abile e sottile. Persino la scheda del libro è strutturata in modo da creare la massima confusione possibile tra il personaggio Salvatore Siciliano e l’autore Salvatore Cobuzio.

Come Siciliano, Cobuzio si occupa di web marketing, ci viene detto, ma quale dei due ha “deciso di sfruttare tutti gli attuali strumenti di comunicazione con l’intento preciso di metterli in discussione”? Quale dei due sostiene di essere stato dietro la creazione dei falsi gruppi di sostegno a Berlusconi su Facebook? La nebulosità deliberata delle informazioni è spiazzante e intrigante al tempo stesso. L’ho già detto: chiunque abbia ideato e preparato la campagna è abile. Molto.

Qualora mancasse qualcosa, ecco – sempre verbatim dalla scheda – “alcuni esempi di temi trattati all’interno del libro”:

–         La censura di internet in Cina.

–         Il traffico del Tantalio.

–         La privacy.

–         La teoria sui clown (Berlusconi) e i buffoni moderni di oggi (Dario Fo, Luttazzi, Grillo, Santoro, Travaglio)

–         Obama e la politica americana del 2.0.

Sembra troppa carne al fuoco? Anche a me, ma è carne ben scelta: una grigliata mista delle ansie, rabbie e speculazioni dell’Italiano contemporaneo, con un occhio a Dan Brown e uno ai talk show. E in più c’è questa astuta operazione di marketing che promuove, in definitiva, sé stessa. Un supposto mago del web che scrive un libro in cui un mago del web mette in discussione il web (e si caccia, anzi, si è già cacciato in notevoli guai trafficando in ambito web), il tutto pubblicizzato viralmente via web… Come chiamiamo tutto questo? Meta-rete?  

Ho imparato che la promozione di un libro può essere molto più cerebrale del libro stesso, quindi la storia di Salvatore potrebbe tanto proseguire il gioco a incastro intellettuale della campagna, quanto rivelarsi un’avventura all’incrocio tra nuova comunicazione e complotti internazionali… Se siete curiosi, dicono il sito, il BT e la Responsabile del Web Marketing, il libro sarà negli scaffali a partire da venerdì.

Oh, e la Responsabile Web Marketing mi ha anche informata che Salvatore Cobuzio era disponibile per interviste via email. E dire che io speravo quasi che Cobuzio non esistesse. Che persino l’autore, con il suo curriculum scarno e le sue affermazioni bizzarre, fosse solo un altro elemento di questo rimarchevole gioco di scatole cinesi, con un libro “nascosto” nell’ultima scatola…

Allora, magari ragiono in modo contorto perché si diventa così scrivendo, ma dite la verità: non sarebbe tutto più elegante e più simmetrico se Salvatore Cobuzio non esistesse, se fosse la creazione di qualcun altro, né più né meno di Salvatore Siciliano?

Apr 20, 2010 - pennivendolerie    2 Comments

Premio Speciale della Giuria

La scena è stata un tantino surreale:

– Allora viene alla premiazione, domenica?

– No, sono a Cuneo…

– ??

– A un battesimo…

– !!??

– Il battesimo del mio figlioccio… voglio dire: sono la madrina, non posso proprio manc…

– E non può almeno mandare qualcuno a ritirare il premio?

– Premio? Quale premio? Ho vinto un premio?

Er… ricordate il Premio Stagionalia?

Ebbene, la notizia era andata smarrita ad opera delle Poste e Telegrafi, ma pare che il mio raccontino meta-dickensiano Nebbia, Pioggia, Tempeste & Aria Fresca (completo di un naufragio e di un interludio svizzero) abbia ricevuto il Premio Speciale della Giuria.

Eugé! (O forse Eugè? Non mi ricordo mai…)

Premiazione Domenica 25 Aprile, ore 16.00, a Villa Schiavi – Sermide (MN). E magari, dalla prossima edizione, ai vincitori una raccomandata.

Apr 19, 2010 - cinema, libri, libri e libri, Oggi Tecnica    Commenti disabilitati su Sempre di Film e di Libri

Sempre di Film e di Libri

Questo post è un enorme spoiler – lo dico perché una volta su aNobii sono stata vigorosamente accusata di avere spoiled il finale del Gattopardo…

Ad ogni modo, se leggete i libri per sapere come vanno a finire, fermatevi qui. Se v’interessa la meccanica delle storie, qui sotto c’è un’analisi comparata della Struttura In Tre Atti e Tre Disastri di Morality Play – Lo Spettacolo Della Vita, di Barry Unsworth, e di The Reckoning, il film che Paul McGuigan ha tratto dal romanzo.

Morality Play – Lo Spettacolo della Vita

The Reckoning

ATTO I

Nicholas Barber, un giovane prete in fuga dalla sua diocesi per avere conosciuto (senso biblico) una donna, si unisce a una compagnia di attori in viaggio e, insieme a loro, raggiunge una cittadina ancora scossa dall’assassinio di un bambino. Gli attori hanno bisogno di denaro per far seppellire un loro compagno, morto durante il viaggio, e mettono in scena una rappresentazione sacra nella piazza.

Nicholas, un giovane prete, fugge attraverso i boschi, si taglia i capelli per nascondere la tonsura e getta nel fiume il suo abito religioso – e nel frattempo ricorda la sua parrocchia, la giovane donna con cui ha commesso adulterio, e il marito di lei che li ha sorpresi in flagrante delicto.

DISASTRO n° 1

La rappresentazione va molto male e la compagnia è in bolletta. Il capocomico propone di provare un dramma di nuovo genere, ispirato all’omicidio appena avvenuto.

Nel bosco, Nicholas crede di assistere a un omicidio. Scoperto e catturato da quelli che in realtà sono attori girovaghi che assistono un compagno moribondo, decide di unirsi a loro.

ATTO II (parte I)

Per preparare il nuovo dramma, gli attori, e Nicholas con loro, fanno domande ai cittadini, raccogliendo informazioni sul bambino morto, sulla ragazza accusata del delitto, e sul confessore del signore locale, che ha scoperto le prove della sua colpevolezza. Una volta messa in scena, la storia non risulta convincente nella sua conclusione, ma raccoglie molto denaro, e gli attori decidono di ripeterla l’indomani, in occasione della fiera.

Insieme agli attori, Nicholas giunge in un villaggio dove è appena avvenuto un omicidio. Non potendo pagare il funerale, gli attori seppelliscono clandestinamente il loro compagno nella tomba del ragazzo assassinato e Nicholas officia il rito, rivelando di essere un prete. Impossibilitati a proseguire per un guasto al carro e a corto di denaro dopo una disastrosa rappresentazione sacra, gli attori si lasciano convincere dal capocomico Martin a mettere in scena un nuovo tipo di dramma, ispirato all’omicidio appena compiuto. Dopo avere incontrato la donna accusata del delitto, Nicholas prende parte alla rappresentazione, ma la logica della storia e le reazioni del pubblico non lo convincono. Gli attori non gli danno retta e si dispongono a partire l’indomani con il carro riparato.

DISASTRO n° 2

Per raccogliere ulteriori informazioni, il capocomico Martin visita in prigione la ragazza condannata all’impiccagione, se ne innamora, si convince della sua colpevolezza e decide di servirsi del dramma per scagionarla.

Riesumando il corpo del ragazzo assassinato, Nicholas vi scopre segni di violenza e i primi sintomi della peste, e rifiuta di partire con gli attori, lasciando che una donna innocente venga impiccata per un omicidio che non ha commesso.

ATTO II (parte II)

Durante la seconda rappresentazione, trascinati da Martin, gli attori dimostrano logicamente l’inconsistenza delle accuse del confessore. Il pubblico è sconvolto, e lo ancora di più quando arriva la notizia della morte del confessore. Impauriti dalle conseguenze delle loro azioni, gli attori si ribellano a Martin, e dichiarano l’intenzione di partire immediatamente.

Nicholas interroga il confessore del castellano, la cui testimonianza è stata risolutiva nella condanna della donna, e il monaco risponde ambiguamente, lasciando intendere di avere agito per ordini altrui. Poco dopo, il confessore viene ucciso simulando un suicidio. Con l’aiuto degli attori tornati a sostenerlo, Nicholas ferma l’esecuzione e denuncia alla folla la responsabilità del castellano. All’arrivo delle guardie, l’intera compagnia si rifugia nella chiesa, dove trova il castellano.

DISASTRO n° 3

I soldati del signore locale prelevano gli attori e li conducono al castello – nominalmente per recitare davanti al castellano, ma di fatto prigionieri.

Nicholas affronta il castellano con le prove della sua colpevolezza e rivelandogli la presenza del Giudice al villaggio. Quando il nobiluomo dichiara orgogliosamente la propria immunità dalla giustizia, Nicholas gli rivela che il ragazzo da lui violentato aveva la peste. Il castellano pugnala Nicholas.

ATTO III

Condotti davanti al castellano, gli attori danno inizio ad una terza rappresentazione, nel corso della quale Martin accusa, dapprima copertamente e poi con sempre maggiore sicurezza, “colui che il confessore serviva”. Il dramma è interrotto dalla figlia del castellano, venuta a chiedere l’assistenza religiosa di Nicholas per un moribondo. Separato dai suoi compagni, Nicholas fugge dal castello e raggiunge il Giudice del Re che alloggia in città, al quale riferisce la situazione. Il Giudice rivela a Nicholas di essere venuto ad arrestare il figlio del castellano, colpevole di avere violentato e ucciso quattro bambini, e promette di far rilasciare gli attori.

La folla, inferocita dall’omicidio del bambino, dal tentativo di far condannare un innocente e dall’attacco a Nicholas, assalta il castellano e lo uccide. Nicholas muore, e gli attori si preparano a lasciare il villaggio, dichiarando l’intenzione di continuare a rappresentare il nuovo dramma in omaggio a Nicholas, morto per amor di giustizia e verità.

Notate come alcuni eventi siano stati spostati (ad esempio l’incontro con la donna condannata a morte), e come il film tagli sulla preparazione del dramma, e sula parte che esso ha nel disvelamento della verità. Notate anche il finale del film, molto più drammatico di quello del romanzo.

Ma la differenza più significativa, strutturalmente parlando, risiede nel punto di vista. Nel romanzo, Nicholas è il narratore in prima persona e il testimone degli eventi, ma la storia è incentrata su tutta la compagnia, e sul dramma, per cui i disastri sono tali dal punto di vista collettivo degli attori. Nel film, invece, Nicholas è il protagonista e il propulsore degli eventi, e i disastri costituiscono gli snodi della sua vicenda e della sua indagine.

Nel libro, Martin comincia per amore dell’arte e poi prosegue per amore della ragazza muta. Alla fine molti interrogativi rimangono aperti (che sarà successo agli attori nel frattempo? Cosa ne sarà della compagnia che è venuta meno al suo ingaggio? Vorranno ancora gli attori fidarsi di Martin? Nicholas resterà con loro?) ma la cosa importante è che il dramma, come esperienza di arte e conoscenza, e come simbolo dell’avventurarsi della mente umana in territorio inesplorato, ha condotto alla verità e alla giustizia. Nel film, al contrario, Nicholas* agisce fin dapprincipio per amor di giustizia, e così va incontro alla sua fine. E’ la sua ostinazione a portare alla luce la verità e scagionare l’innocente, e alla fine tutte le domande trovano risposta.

Francamente, l’arco narrativo del film è più solido, ma al romanzo resta la superiorità di una magnifica, originale e potente metafora della conoscenza che il film sacrifica alla trama gialla.

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* Vero è che nel film Nicholas ha anche ucciso il marito della sua bella, per cui ha più da redimere e meno da perdere… Ma, a parte le motivazioni del tutto diverse, il Nicholas del libro e quello del film non hanno poi molto in comune.

Apr 18, 2010 - musica    Commenti disabilitati su You Make Me Feel…

You Make Me Feel…

Per una serie tortuosa di tortuosi motivi, associo questa canzone all’aprirsi della stagione. E siccome è metà aprile abbondante, direi che è decisamente tempo…

 

Buona domenica a tutti!

Apr 17, 2010 - scribblemania    5 Comments

Senti, e come va la revisione?

Ieri sera a cena T. mi fa la domanda del titolo.

Per poco non lo mordo, T.

La revisione è ferma, dammit, la revisione è in apnea, la revisione aspetta di essere ripresa, mi guarda con occhi tristi e mi fa sentire maledettamente colpevole…

Ma non è colpa mia se il Professore di Ankara non si è ancora fatto sentire, se non ne so abbastanza di Baltoghlu e se, per tutta una serie di motivi strutturali, devo cominciare proprio da lui, giusto?

Nei giorni scorsi, in vari e distinti momenti di disperazione crescente ho scritto ad altra gente. Ho scritto a una Professoressa della Sapienza che, scopro, è in pensione. Gentilmente le inoltreranno la mia richiesta. Aspettiamo. Ho scritto all’Istituto Italiano di Cultura a Istanbul. Fin qui nulla, non un segno di vita, nemmeno la conferma di lettura. Aspettiamo. E ho scritto anche all’Addetto Navale dell’Ambasciata turca a Roma. Sì, l’ho fatto davvero. Nessun segno nemmeno da lui, ma non lo biasimo: è un Capitano di Vascello turco, fa l’Addetto Navale in un’Ambasciata, e un’anatra italiana gli scrive chiedendogli lumi su un ammiraglio di metà Quattrocento? Penserà che sia seriamente disturbata, and small blame to him.

Intanto seguito a cercare – e uno di questi giorni tornerò in biblioteca a prendere un’altra volta ancora il Critobulo: magari mi è sfuggito qualcosa – e a strologare, e a riempire pagine di pre-scrittura sull’uno o sull’altro personaggio: la ragazza greca catturata a Prinkipo, il formidabile Gran Vizir, il fonditore di cannoni rinnegato Urban, il finto gioviale Saghanos Pasha, il mercante d’olio e chi più ne ha più ne metta. Di tutti costoro, ormai, so persino più di quanto voglia sapere, ma Suleyman Balta-Oghlu no, quello resta misterioso. Furore tremendo.

Datemi un ammiraglio 8mano e vi riscriverò un romanzo.

Apr 16, 2010 - Somnium Hannibalis    Commenti disabilitati su Himilce

Himilce

Paradossalmente, i miei neuroni fanno molta più ginnastica attorno a Himilce adesso che in tutta la stesura del romanzo.

No, in realtà non è poi così paradossale: nel romanzo Himilce in pratica non esisteva, non aveva una voce né una personalità, era soltanto l’ombra del ricordo che Annibale aveva di lei, quasi cancellata dal rimpianto e dall’amarezza. Rimpianto e amarezza di Annibale.

Ma in teatro è diverso, e adesso Himilce deve parlare per se stessa, deve lottare per quello che vuole – o almeno provarci – e incarnare il fatto che Annibale non è il solo a pagare un prezzo per il suo sogno. Il risultato è che, quando si tratta di Himilce, sono quasi sconcertata da quello che è uscito dalle varie riscritture, e anche Annibale è sconcertato.

Mi piace che, a libro già pubblicato, i miei personaggi mi stupiscano ancora.