Senza Errori di Stumpa

Liberté, Egalité et Fraternité

Quattordici di Luglio, Allons Enfants eccetera eccetera. Mi si dice da secoli che “una volta o l’altra lo passeremo a Parigi perché…” ma si vede che nemmeno quest’anno è quella volta o l’altra. Non dico che non mi piacerebbe, sulla base di come tutta la faccenda è descritta nell’incantevole Quando Hitler Rubò Il Coniglio Rosa, dal che mi s’individua come un dissennato esemplare di quella specie di persone che prendono le loro aspettative dai libri. Non sempre è una buona idea, ma non divaghiamo.

Confessione: il motivo per cui posso convivere con il fatto di non avere mai trascorso un Quattordici Luglio a Parigi è che, tutto sommato, nel corso degli anni (e delle letture) ho sviluppato una simpatia piuttosto limitata per la Rivoluzione Francese. C’è la Storia di per sé, c’è l’Andrea Chenier (anche se tutto sommato Carlo Gerard ha la sua dose di ruvida grandezza*), e c’è che leggendo A Tale Of Two Cities o The Scarlet Pimpernel una non si fa la migliore opinione possibile dei sanculotti e delle tricoteuses. Tuttavia, siccome nemmeno l’Ancien Régime brilla per simpatia, ho mantenuto un discreto distacco in proposito fino a una quindicina di anni fa.

Poi una quindicina di anni fa, su Il Giornale, lessi una serie di articoli sulle Guerre di Vandea. Folgorazione. Ammesso che ne sapessi qualcosa prima, non poteva essere più del singolo e asciutto paragrafo in cui il mio libro di storia del Liceo liquidava le Guerres come un brutale, fanatico e fallito tentativo di reazione monarchico-clericale nell’arretrato Ovest. Figuratevi la mia sorpresa nel leggere di un’epopea di grandi dimensioni: una fiumana di contadini-soldati con le falci, comandata da signorotti di campagna, piccoli proprietari e figli di notai che tiene testa all’esercito rivoluzionario per anni, e poi va incontro a un destino estremamente tragico… Il mio genere all’ennesima potenza! 

Ne volevo sapere di più. Prima scoperta: non era facile. In Italia non c’era praticamente nulla di pubblicato, e all’epoca ero del tutto digiuna delle meraviglie della Rete. Non potevo far altro che frugare per casa, biblioteche e librerie, racimolando Quatre-Vingt-Treize, Les Chouans, Les Blancs et les Bleus e la traduzione degli atti di un convegno**. Pareva non esserci altro, e suppongo che sia stato per questo che, l’estate successiva, a Parigi, anziché su un treno per Rouen salii su un treno per Nantes. Chiariamo: all’epoca stavo decidendo di voler scrivere per davvero, e di volermi dare ai romanzi storici. L’idea era una vicenda napoleonica, e dieci giorni in giro per Parigi e la Normandia a documentarmi sul mio protagonista, ufficiale della Campagna d’Italia e stanziato a Governolo per un certo periodo.

Solo che poi… presenti gl’impulsi? Non è che li segua spesso, ma fatto sta che i miei dieci giorni li passai girando come una trottola per la Vandea, visitando musei locali, cittadine, campi di battaglia, castelli natali dell’uno o dell’altro generale, isole, zone costiere, abbazie e biblioteche. Per non parlare delle librerie! Tornai a casa con una tonnellata di libri e di fotocopie e un’Idea, e nel corso dei tre anni successivi scrissi il primo volume della mia trilogia vandeana.

Il Giglio e la Falce comincia con l’inizio dell’insurrezione vandeana nel marzo del 1793, segue la chiamata alle armi dei contadini, le difficoltà, le battaglie, le vittorie e le sconfitte dei Bianchi fino alla Virée de Galerne, il tragico passaggio oltre la Loira, e fino alla pace del 1795. E’ un libro dissennatamente colossale (poco meno di 250000 parole, ed è solo il primo volume!), e non so di preciso se troverò mai qualcuno disposto a pubblicarlo, ma una cosa è certa: mentre lo scrivevo ho sviluppato una radicata predilezione per i Bianchi, che sono gente di poco buon senso, di vario valore, di molti meriti e altrettanti difetti, e di tragica sfortuna. E questo è il motivo principale per cui tutto sommato il Quattordici Luglio non suscita in me un entusiasmo selvaggio.

Non che voglia negare l’importanza storica della Révolution, ma, per dirla con Isabel Archer di Ritratto di Signora,*** “in una rivoluzione, una volta che fosse bene avviata, credo che sarei una realista. E’ più facile simpatizzare con loro, e hanno occasione di comportarsi in modo così pittoresco!”

 

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* Commento a caldo di lettore casuale prima della pubblicazione: “Effigurarsi, Clarina! E’ un baritono…”

** Ricerca talmente complicata che, cinque o sei anni più tardi, il gentilissimo e bravissimo titolare della meravigliosa libreria Il Delfino di Pavia si ricordava ancora di me e dei miei dannatissimi atti.

*** Il che equivale a dire: per dirla con Henry James…

Liberté, Egalité et Fraternitéultima modifica: 2010-07-14T08:55:00+02:00da
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