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Lug 29, 2015 - cinema, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su Caccia alle Orfanelle

Caccia alle Orfanelle

Orphans_of_the_Storm-241716294-largeSono a caccia.

Non un libro, questa volta – o almeno non in senso stretto, perché stiamo parlando di una sceneggiatura. Quella di Orphans of the Storm, film muto diretto da D.W. Griffith nel 1921, con entrambe le sorelle Gish. È una storiellona di affetto fraterno, ingiustizia, amore, fanatismo e crudeltà sullo sfondo della Rivoluzione Francese… Melodramma allo stato puro – se non fosse per una certa qual tendenza del regista alla predicazione. Ad ogni modo, il film è visivamente molto bello, e la vicendona è attraente, alla sua gonfia e purpurea maniera.

Ciò detto, dal mio punto di vista il fascino maggiore di questa storia sta nelle fonti.

Griffith, pescò prima di tutto un dramma francese celeberrimo – Les Deux Orphélines di Adolphe d’Ennery ed Eugène Cormon, e la sua Orphansaltrettanto celebre traduzione inglese, The Two Orphans. La storia è quella di due sorelle adottive, arrivate a parigi per cercare una cura alla cecità di una delle due. Dopodiché, nella migliore tradizione di queste cose, le due fanciulle restano separate – una preda di un marchese lussurioso&malvagio, l’altra sfruttata da una megera che la spedisce a mendicare… Ma vogliamo che due angeliche e bellissime fanciulle non trovino un cavaliere senza macchia e senza paura? Ci pensano da un lato un bell’aristocratico di sani principi e dall’altro un povero arrotino zoppo di buon cuore – e naturalmente alla fin fine si aggiusta tutto, con tanto di agnizione per cui le due sorelle proprio sorelle non sono, ma finiranno cugine acquisite. Din don dan.

Come vi dicevo, questa cosa piaceva enormemente. Innumeri spettatori, di qua e di là dall’Oceano, si erano commossi sulle lacrimevoli avventure di Henriette e Louise, e quando Griffith arrivò a interessarsene, il dramma era già stato trasformato in un romanzo, un’opera e non in uno, ma in sei film muti uno dietro l’altro.

No, davvero: sei film. Millenovecentosei e Sette, due volte nel Millenovecentodieci, e poi Millenovecentoundici e Millenovecentoquindici. Ve l’ho detto che la storia piaceva?*

OrphansofthestormEbbene, Griffith arrivava tardi, in apparenza… Ma, essendo Griffith, fece qualcosa a cui nessuno aveva pensato prima. Una volta acquisiti (faticosamente) i diritti del dramma, lo trascinò di qualche anno in avanti – dal 1784 al 1789 e dintorni – certo pensando che , arrivando a Parigi alla vigilia della Rivoluzione, Henriette e Louise potessero avere molte più occasioni per mettersi nei guai.

E in effetti, in questa versione Henriette si trova ad avere a che fare niente meno che con Danton (rivoluzionario buono) e Robespierre (rivoluzionario cattivo), e finisce processata in compagnia del suo aristocratico innamorato e finirebbero entrambi sulla ghigliottina, se non fosse per un salvataggio dell’ultimo minuto molto à la Griffith… Ma non tutto viene dalle Due Orfanelle. Ci sono di mezzo almeno altri quattro drammi, un romanzo (Le Due Città di Dickens) e, secondo me, un libretto d’opera – perché il Danton di Griffith, con il suo tentativo di salvataggio e la perorazione in tribunale, somiglia al Carlo Gérard dell’Andrea Chenier. Orphans_of_the_Storm_(1921)_-_L_Gish_&_Schildkraut

Insomma, ammettetelo: è una favolosa insalata di fonti – e vi dirò che è piuttosto divertente anche solo riconoscere la provenienza dei singoli incidenti o personaggi… Al momento sto cercando di raccogliere tutto quel che posso. Le Due Città non hanno bisogno di rilattura, e in fatto di drammi sono a buon punto, grazie al Project Gutenberg e a Internet Archive.

Quel che mi manca è il passaggio intermedio, l’anello di congiunzione tra la parola scritta e lo schermo: la sceneggiatura – ed è di questo che sono a caccia. Ancora non ho le idee ben chiare su quanto sarà difficile. Qualche ricerca preliminare non ha condotto a nulla. Farò ancora qualche tentativo, e poi inizierò a seccare i contatti Oltreoceano… Stiamo a vedere, ma ho qualche fiducia. E intanto, anyway, ho una caccia al tesoro in corso – ed è già bello di per sé.

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* E non pensate che fosse finita lì. Post Griffith, tra America, Francia, Spagna, Italia e Egitto, tra film e telefilm, le orfanelle titolari torneranno sullo schermo nel 1933, 1942, 1944, 1947, 1949, 1950, 1954, 1961, 1965, 1976 e 1971. Poi basta. Uno o due di questi in Italia vanno sotto il nome de Le Due Orfanelle – e non lo so per certo, ma credo che siano della varietà senza Rivoluzione. C’è anche una parodia – credo – con Totò.

 

Lug 14, 2010 - guardando la storia    15 Comments

Liberté, Egalité et Fraternité

prise_de_la_bastille.jpgQuattordici di Luglio, Allons Enfants eccetera eccetera. Mi si dice da secoli che “una volta o l’altra lo passeremo a Parigi perché…” ma si vede che nemmeno quest’anno è quella volta o l’altra. Non dico che non mi piacerebbe, sulla base di come tutta la faccenda è descritta nell’incantevole Quando Hitler Rubò Il Coniglio Rosa, dal che mi s’individua come un dissennato esemplare di quella specie di persone che prendono le loro aspettative dai libri. Non sempre è una buona idea, ma non divaghiamo.

Confessione: il motivo per cui posso convivere con il fatto di non avere mai trascorso un Quattordici prison.jpgLuglio a Parigi è che, tutto sommato, nel corso degli anni (e delle letture) ho sviluppato una simpatia piuttosto limitata per la Rivoluzione Francese. C’è la Storia di per sé, c’è l’Andrea Chenier (anche se tutto sommato Carlo Gerard ha la sua dose di ruvida grandezza*), e c’è che leggendo A Tale Of Two Cities o The Scarlet Pimpernel una non si fa la migliore opinione possibile dei sanculotti e delle tricoteuses. Tuttavia, siccome nemmeno l’Ancien Régime brilla per simpatia, ho mantenuto un discreto distacco in proposito fino a una quindicina di anni fa.

Cholet.jpgPoi una quindicina di anni fa, su Il Giornale, lessi una serie di articoli sulle Guerre di Vandea. Folgorazione. Ammesso che ne sapessi qualcosa prima, non poteva essere più del singolo e asciutto paragrafo in cui il mio libro di storia del Liceo liquidava le Guerres come un brutale, fanatico e fallito tentativo di reazione monarchico-clericale nell’arretrato Ovest. Figuratevi la mia sorpresa nel leggere di un’epopea di grandi dimensioni: una fiumana di contadini-soldati con le falci, comandata da signorotti di campagna, piccoli proprietari e figli di notai che tiene testa all’esercito rivoluzionario per anni, e poi va incontro a un destino estremamente tragico… Il mio genere all’ennesima potenza! 

Ne volevo sapere di più. Prima scoperta: non era facile. In Italia non c’era praticamente nulla di pubblicato, e all’epoca ero del tutto digiuna delle meraviglie della Rete. Non potevo far altro che frugare per casa, biblioteche e librerie, racimolando Quatre-Vingt-Treize, Les Chouans, Les Blancs et les Bleus e la traduzione degli atti di un convegno**. Pareva non esserci altro, e suppongo che sia stato per questo che, l’estate successiva, a Parigi, anziché su un treno per Rouen salii su un treno per Nantes. Chiariamo: all’epoca stavo decidendo di voler scrivere per davvero, e di volermi dare ai romanzi storici. L’idea era una vicenda napoleonica, e dieci giorni in giro per Parigi e la Normandia a documentarmi sul mio protagonista, ufficiale della Campagna d’Italia e stanziato a Governolo per un certo periodo.

Solo che poi… presenti gl’impulsi? Non è che li segua spesso, ma fatto sta che i miei dieci giorni li prigionieri.jpgpassai girando come una trottola per la Vandea, visitando musei locali, cittadine, campi di battaglia, castelli natali dell’uno o dell’altro generale, isole, zone costiere, abbazie e biblioteche. Per non parlare delle librerie! Tornai a casa con una tonnellata di libri e di fotocopie e un’Idea, e nel corso dei tre anni successivi scrissi il primo volume della mia trilogia vandeana.

Il Giglio e la Falce comincia con l’inizio dell’insurrezione vandeana nel marzo del 1793, segue la chiamata alle armi dei contadini, le difficoltà, le battaglie, le vittorie e le sconfitte dei Bianchi fino alla Virée de Galerne, il tragico passaggio oltre la Loira, e fino alla pace del 1795. E’ un libro dissennatamente colossale (poco meno di 250000 parole, ed è solo il primo volume!), e non so di preciso se troverò mai qualcuno disposto a pubblicarlo, ma una cosa è certa: mentre lo scrivevo ho sviluppato una radicata predilezione per i Bianchi, che sono gente di poco buon senso, di vario valore, di molti meriti e altrettanti difetti, e di tragica sfortuna. E questo è il motivo principale per cui tutto sommato il Quattordici Luglio non suscita in me un entusiasmo selvaggio.

Mort_du_General_d%27Elbee.jpgNon che voglia negare l’importanza storica della Révolution, ma, per dirla con Isabel Archer di Ritratto di Signora,*** “in una rivoluzione, una volta che fosse bene avviata, credo che sarei una realista. E’ più facile simpatizzare con loro, e hanno occasione di comportarsi in modo così pittoresco!”

 

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* Commento a caldo di lettore casuale prima della pubblicazione: “Effigurarsi, Clarina! E’ un baritono…”

** Ricerca talmente complicata che, cinque o sei anni più tardi, il gentilissimo e bravissimo titolare della meravigliosa libreria Il Delfino di Pavia si ricordava ancora di me e dei miei dannatissimi atti.

*** Il che equivale a dire: per dirla con Henry James…