Senza Errori di Stumpa

Cattivi Gonzaga, Cattivi

Verrebbe da pensare che sia tutta questione di nomi.

E no, so benissimo che non è così, ma non posso fare a meno di pensare che, a un orecchio anglosassone, il nome “Gonzaga” abbia il suono perfetto per il Malvagio Rinascimentale.

Gon-za-ga. Diciamo la verità: c’è qualcosa che evoca pieghe di mantelli, luccichii di Toson d’Oro su velluto nero, sussurri nell’ombra, boccette di veleno, sorrisi dissimulatori… Don’t you think?

Shakespeare sì, evidentemente: quando gli attori girovaghi capitano a Elsinore, Amleto fa rappresentare loro una revenge tragedy chiamata The Murder of Gonzago. Vero è che Gonzago è la vittima e non l’avvelenatore – ma volendosi una storia italiana di veleni, ecco che il nome salta fuori.

E poi naturalmente c’è il fatto dell’Ammirabile Critonio, che di sicuro non giovava all’immagine della famiglia nell’Isoletta. James Crichton of Cluny, sapete: quell’onnicompetentissimo avventuriero scozzese che giunse alla corte di Guglielmo Gonzaga nel 1582, ne divenne il favorito alla rapidità del lampo e altrettanto rapidamente incontrò una fine truce sulla punta della spada di Vincenzo Gonzaga – figlio di Guglielmo ed erede del Ducato. Ops. Poi in realtà il Critonio e Vincenzo erano fatti per detestarsi a vicenda, e il XVI Secolo era un tempo di passioni inconsulte e reazioni armate, ma forse non è del tutto incomprensibile che i narratori isolani dipingessero Vincenzo tanto nero quanto si poteva…*  

Il Vincenzo del cavalier e polemista secentesco Thomas Urquhart, per esempio, è un mostro di superbia e meschinità, che si rifiuta pervicacemente di apprezzare le superiori qualità dell’ineffabile Crichtoun, nutre la più biliosa gelosia per il purissimo (e corrispostissimo) amor tra il giovinotto e una nobile fanciulla mantovana dalle molte perfezioni e, quando decide di averne avuto abbastanza, tende un’imboscata dieci contro uno in un vicolo buio. E, badate bene, nonostante la disparità, andrebbe a finir male per la comitiva ducale, se non fosse che, dopo aver spacciato gli altri nove, il Critonio riconosce il suo nobile avversario, s’inginocchia e gli presenta la spada. E Vincenzo ne approfitta per infilzarlo come una quaglia allo spiedo. Vergogna! Tradimento! Disonore! Anatema! Delitto! Orrore orror! Ma che volete farci? Sir Thomas era fatto così…

Né fa granché di diverso il romanziere vittoriano William Harrison Ainsworth, che ambienta il suo (brutto) The Admirable Crichton alla corte di Francia, ma non si trattiene dal piazzarci un Vincenzo Gonzaga in trasferta, malvagio occasionale in cahoots con la perfidissima Caterina de’ Medici. Questo Vincenzo è un giovanotto pallido e olivastro, perennemente abbigliato di velluto nero, aggraziato e suadente, con occhi nerissimi in cui brilla un nonsoché sufficiente a smentire tutte le grazie apparenti. Poi siamo alle solite: il tenebroso Vincenzo, roso dall’invidia, congiura con Caterina (italiana anche lei, badate), traffica in pozioni poco salutari e magia nera e, nel complesso, davvero non è una cara persona.

Nè d’altronde c’era bisogno del Critonio per questo genere di caratterizzazione. Cambiamo secolo un’altra volta e arriviamo all’italoinglese Rafael Sabatini, che in Love-at-arms piazza un Gonzaga fittizio, “un membro esiliato di quella celebre famiglia mantovana che ha prodotto vari mascalzoni e un solo santo.” Romeo Gonzaga è biondocrinitochiazzurrino, per una volta, bello come una fanciulla (e sappiamo tutti che una cosa del genere in un romanzo inglese non promette nulla di buono), musicista squisito, affascinante, bugiardo, intrigante, sleale – e rivale in amore del prode, leale, sincero, coraggioso Francesco, conte d’Aquila. Indovinate chi dei due sposa quella perla d’eroina che è Valentina della Rovere?

E quasi un secolo più tardi, bisogna dire che le cose non siano migliorate granché, se in Masque of the Gonzagas (edito in Italia come La Musica dei Gonzaga), Clare Colvin ritrae il solito Vincenzo come un protettore delle arti sì, ma stravagante e sregolato e, quel che è peggio… stavo per scrivere “seduttore privo di scrupoli”, ma credo che “stupratore” renda meglio l’idea – povera Isabella.

E una volta o l’altra parleremo dell’immagine dell’Italia e degli Italiani nella letteratura anglosassone – ma intanto bisogna ammettere che, attraverso i secoli, i Gonzaga fittizi hanno giocato un ruolo buono a far rivoltare nella tomba qualunque defunto principe locale.

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* Credo di avere raccontato – no: sono certa di avere raccontato ripetutamente della signora che, a una presentazione de Lo Specchio Convesso, mi tagliò a cubetti perché nel romanzo descrivevo un Vincenzo men che simpatico “dando ascolto a quella gente su internet che non è mai stata a Mantova”. Eh…

Cattivi Gonzaga, Cattiviultima modifica: 2012-07-11T08:10:00+02:00da
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