Senza Errori di Stumpa

Al Cuor (Del Lettor) Non Si Comanda

Certi libri siamo certi che ci piaceranno, ci pare proprio che debbano piacerci, vogliamo tanto che ci piacciano… e poi invece no.

Non sto parlando tanto di quei titoli che ci vengono regalati o consigliati con zelo da amici e famigliari certi che debbano piacerci, quanto di quelli di cui ci convinciamo da soli.  Capita.

A volte è una questione di autore. Siccome del tale ci è piaciuto tanto l’uno o l’altro libro, o un buon numero di libri, perché mai non dovrebbe piacerci anche il prossimo? A me è capitato con Conrad. Sull’onda dell’entusiasmo per LJ, Tifone, la Linea d’Ombra, il Negro del Narcissus e compagnia cantante, quando potei mettere le mani sul resto della sua bibliografia nella biblioteca di Humanities a Cardiff, non mi parve vero. Solo che poi, nel divorare romanzi, saggi e racconti mai tradotti in Italiano, arrivai alle collaborazioni con Ford Madox Ford. Ouch. Non potevo credere che non mi piacessero. Non potevo credere che fossero… be’, non c’è altra parola: brutti. È dura scoprire che il proprio eroe letterario non è sempre all’altezza di se stesso.

In fatto di Walter Scott, sono meno certa. Voglio dire, dopo il ciclo di Waverley, Old Mortality, Redgauntlet e Rob Roy, imbattermi in The Hearth of Midlothian fu dura. Non riuscivo ad andare avanti, non m’interessava nulla di nessuno dei personaggi… posso anche confessare di non averlo finito – ma il fatto che io l’abbia trovato mortalmente noioso non significa affatto che non sia un buon libro.

Altre volte è una questione di argomento, genere o ambientazione  – in una combinazione qualsiasi. Per me è spesso il periodo storico, e mi devo confessare anche recidiva. Edward Marston scrive romanzi ambientati in una varietà di secoli, uno più attraente dell’altro. Quattro ne ho voluti leggere, in crescente irritazione, prima di arrendermi all’idea che detesto il modo in cui scrive. Ma forse sto guarendo da questo genere di stupidità: la II Guerra Punica è la II Guerra Punica, e Annibale è Annibale, ma di Ben Kane mi è bastato un volume per decidere che non toccherò nemmeno con un palo da barca il resto di una trilogia in cui la trama balzellon-balzellona di coincidenza in reazione immotivata, e gli anacronismi spuntano da tutte le parti. E anche di Patrizia Debicke non leggerò mai più nulla, dopo essermi lasciata attirare in trappola da L’Uomo dagli Occhi Glauchi – un po’ per il quadro di Tiziano, un po’ per l’epoca e un po’ per il giovane Lord Burleigh – e averlo trovato scritto da non dirsi. E abbiate pazienza se torno a Conrad, ma quando mi si è parlato di La Storia Segreta del Costaguana, di Juan Gabriel Vàsquez, incentrato sul Conrad di Nostromo, e su una serie fittizia di eventi ispiratori, ho reagito come i gabbiani di Nemo: Mio!  Silly of me, a ben pensarci. Che posso dire? Gli autori sudamericani non sono, ma proprio non sono la mia tazza di tè – quale che sia l’argomento.

Poi invece capita che il libro non abbia nulla che non va – solo che non è quel che ci si aspettava. Come Foe, di Coetzee, che mi aspettavo molto più incentrato su Defoe, e invece più che altro rimescola le carte nella storia di Robinson Crusoe. Per carità – è un molto ben scritto, e intreccia alcuni dei miei temi prediletti in fatto di arte&vita, narrativa, finzione e verità… per cui proprio non arrivo a immaginare perché diamine non mi sia piaciuto – ma resta il fatto che, per quanto l’abbia iniziato con le migliori intenzioni, non mi è piaciuto.

E suppongo che questa casistica non debba valere soltanto per la narrativa, ma devo dire che con la saggistica mi capita molto di rado. In realtà, l’unico caso eclatante che mi viene in mente è la biografia di Teodora di Paolo Cesaretti. E badate, mi avevano anche avvertita – ma non capivo come la biografia di un’imperatrice bizantina potesse non piacermi. E invece. Magniloquente, contorta, gonfia e psicanaliticheggiante – a riprova di due fatti: prima, non tutto è oro quel ch’è bizantino; e poi bisognerebbe dar retta agli amici che non sempre condividono i nostri gusti, ma di sicuro li conoscono.

Come dicevo, capita. Brucia molto più dell’analoga situazione con un libro che si è preso in mano senza particolari aspettative, e rende più difficile accantonare la lettura infelice. E allora magari si tiene duro lo stesso, per senso del dovere, o perché si spera, insistendo, che le cose cambino, o perché si vuole essere proprio certi. Oppure si esercita il terzo diritto imprescrittibile del lettore e si piant lì – ma, ripeto, con qualche bruciorino di stomaco, che diavolo…

E voi? Vi capita di non riuscire a farvi piacere qualcosa, per quanto lo vogliate? E nel caso, che fate? Tenete duro o abbandonate?

Al Cuor (Del Lettor) Non Si Comandaultima modifica: 2014-06-25T07:05:45+02:00da
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