E con questo titolo da romanzo gotico, in realtà, rispondo alla mail di F., che mi chiede lumi su Lady Caroline Lamb, citata un paio di post orsono.
E a volte non ne sentiva nemmeno il bisogno: a un “Remember me!” che lei riuscì in qualche modo a scarabocchiare su un libro che gli apparteneva, il nostro poeta rispose con questa amabile sestina:
Remember thee! Remember thee!
Till Lethe quench life’s burning stream
Remorse and shame shall cling to thee,
And haunt thee like a feverish dream!
Remember thee! Ay, doubt it not.
Thy husband too shall think of thee!
By neither shalt thou be forgot,
Thou false to him, thou fiend to me!
E intanto i mesi e gli anni passavano, e la faccenda diventava sempre meno privata, e la buona società mormorava, e i due si scambiavano colpi bassi con ossessiva ferocia… finché, nel 1816, Caro pubblicò – e qui arriviamo al punto – un romanzo gotico intitolato Glenarvon. Glenarvon è, vedete, la storia di una nobile fanciulla che non può sposare l’amatissimo cugino, vien data in moglie a un uomo che impara ad amare e poi però cade vittima delle seduzioni dell’eponimo ribelle irlandese fascinoso&tormentato, nonché seduttore seriale dalle identità multiple – nessuna di esse una brava persona.
Abbondano infanticidi, intrighi, maledizioni, duelli, tradimenti, agnizioni, crepacuore di varia natura, spettri e maledizioni e Glenarvon, perseguitato dallo spettro vindice di un monaco che gli ripete in continuazione “Hell awaits its victim,” impazzisce, si suicida – e muore in due tempi, perché a una bella scena di terrificante agonia non si dice mai di no.
Ora, forse tutto ciò non sarebbe stato poi troppo scandaloso, se non fosse stato per due particolari: in primo luogo, Glenarvon era un ritratto particolarmente malevolo di Byron – why, era l’atto di creazione dell’eroe byroniano fuori dall’opera di Byron, cosa che forse l’originale avrebbe anche potuto apprezzare, se non si fosse trattato di una drammatizzazione tanto crudele quanto trasparente di fatti fin troppo reali. Inutile dire che non solo Byron non ci faceva una gran figura, ma nella caratterizzazione, nella trama, nello stile – in tutto – si annusava un certo qual sentore di feroce parodia. E sospetto che l’assalto letterario fosse quel che rodeva di più, perché nel 1816 Byron non aveva più granché in fatto di reputazione da difendere – con tutta la pena che si era dato per distruggersela da sé. Glenarvon però dovette pungere a giudicare dal commento che sopravvive: “E ho letto il Glenarvon di Caro Lamb. Maledizione.”*
È difficile per noi capire non solo la furia dell’alta società, ma la sua esitazione nel decidere quale tra i due peccati di Caro fosse il peggiore: l’imperdonabile cattivo gusto di un’adultera che scrive un romanzo kiss-and-tell** o la sfacciataggine abissale di una nobildonna che si fa taglientissime beffe del suo ambiente. Alla fine fine, benché fossero entrambi peccati capitali, fu la satira sociale a rovinare l’autrice, e Caro fu socialmente condannata. Un’offesissima Lady Jersey cominciò con l’escluderla dall’esclusivissimo circolo Almack – e bisogna avere letto Austen e Heyer per capire la gravità del gesto. Dopodiché fu la rovina. Ostracizzata e ridicolizzata, Caro si ritirò in campagna. Mai troppo stabile di suo, finì i suoi giorni tra alcol, laudano e attacchi di follia. Il solo a non abbandonarla fu il pur divorziato marito.
Questo ha l’aria di significare che bisogna essere cauti nello scegliere i propri bersagli, e mentre lo scandalo sentimentale tutto sommato ammacca ma non uccide, inimicarsi i propri pari è fatale. Forse, se Caro si fosse limitata a sparare su Byron, a sua volta assai poco popolare nel suo ambiente… ma d’altra parte era una donna – e senza voler salire sulle scatole di detersivo, Jane Austen aveva ragione nel dire che una donna pagava i suoi errori a un prezzo molto più alto di quello che si esigeva da un uomo… Morale? La vendetta per via di romanzo (gotico o meno), come molte altre cose, è meglio meditarla per bene – con un occhio alle conseguenze.
_______________________________________
* In originale rende di più: I’ve read Caro Lamb’s Glenarvon too. God damn.
** Byron fu più grafico nel descrivere l’impresa come un caso di fuck-and-publish… Mi sa che non l’avesse presa tanto bene.