Allora, il fatto è questo: due anni fa cominciavo lamentando l’incapacità di ricordare titolo e autore di un libro interamente costituito da recensioni di libri del tutto immaginari. Un catalogo di meravigliose implausibilità saggistiche e narrative (credo) – di cui avevo letto una recensione anni prima, per poi dimenticare tutto tranne l’affascinante concetto.
E sì, una recensione di un libro di recensioni fittizie – dimenticata. Comincia a suonare decisamente meta, vero? Ma aspettate, perché migliora. Ieri, mentre cercavo tutt’altro, mi è capitata sottomano quella che potrebbe* essere la soluzione al mio busillis – e sapete qual è la cosa migliore? Che il libro in questione è di Stanislaw Lem, autore polacco che, a suo tempo, Andrea F. aveva suggerito nei commenti.
Perché non ero andata a controllare all’epoca? Perché il libro suggerito è un romanzo di fantascienza – e si sa che in fatto di fantascienza io sono una mozzarella. Ma si dà il caso che invece non si tratti affatto di Solaris, con il suo corredo di note immaginarie – bensì del saggio Vuoto Assoluto
Ma non solo quello, perché nell’inciampare in Lem sono venuta a conoscenza di un’infinità di altre meraviglie, come Ibid.: A Life, di Mark Dunn, che racconta una storia… o meglio, no: non la racconta affatto. La suggerisce, fa intravedere, inclina a 45° e probabilmente tinge di violetto attraverso le note a margine – tutto quel che, ci viene detto, rimane della documentatissima e perduta biografia di un bizzarro personaggio.
E che dire di Borges, che probabilmente è il maestro insuperato di questo gioco? No, con Borges non cominciamo nemmeno… O almeno non cominciamo oggi, qui e adesso – ma aspettavene ancora, di questa faccenda. Perché a me la metanarrativa piace proprio tanto, e non so bene perché non ne leggo di più. O, a dire il vero, perché non ne scrivo da anni.
Ne riparleremo. Oh, se ne riparleremo…
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* O forse no, dopo tutto…