Il rosso è un colore carico di significati simbolici: qual era il significato simbolico di quell’indumento rosso? Perché proprio quel personaggio? Perché proprio in quel momento? Che cosa richiamava, che cosa preannunciava quella macchia rossa? La risposte, per l’esasperazione di Stanislavskij, erano: nessuno, per nessun motivo, per nessun motivo, nulla. Era stata soltanto una scelta del costumista a cui il regista non si era opposto.
E no, dice allora Stanislavskij: non si sventola una bandiera rossa in mezzo al palcoscenico senza motivo.
Il principio ha un equivalente in narrativa, ed è l’introdurre personaggi, oggetti o situazioni con una rilevanza che poi non avrà seguito. Una specie di Pistola di Checov al contrario, tanto per rimanere in ambito russo: se richiamo l’attenzione del lettore sulla pistola nel primo capitolo, la pistola dovrà sparare prima della fine; e per contro, se la pistola non spara prima della fine, allora non c’è motivo di introdurla con dovizia di particolari al capitolo I. Come le bandiere rosse, anche le pistole non si sventolano senza motivo.
Il motivo, ovviamente, non deve necessariamente essere quello di sparare. Quando il primo capitolo di un giallo introduce una pistola, un candeliere, una chiave inglese, una corda e una spranga – una sola delle quali sarà l’arma del delitto – gli altri oggetti sono dove sono per l’ottimo motivo di depistare il lettore, e ciò è bello. Quando un romanzo incentrato su un circolo del giardinaggio introduce lunghe considerazioni sulla passione per gli scacchi di un lontano cugino incontrato casualmente a St.Pancras, il lettore si aspetta che gli scacchi, il cugino o entrambi acquisiscano un ruolo di qualche rilevanza. Se così non è, la narrazione rischia di perdere equilibrio e compattezza, e il lettore si sentirà imbrogliato.
Esempio in rosso: in Morality Play – Lo Spettacolo della Vita, Barry Unsworth introduce Sir Roger de Yarm con i fuochi d’artificio. L’entrata in scena di Sir Roger, il suo aspetto, la sua giovane età, la sua cicatrice, i suoi abiti rossi, le sue bizzarre abitudini, l’effetto della sua apparizione sui protagonisti – tutto viene descritto con dovizia di particolari in una lunga (e bella) scena. Accaduto questo, non vi aspettate che Sir Roger (scambiato addirittura per l’Anticristo dal narratore Nicholas) abbia un ruolo rilevante nella storia? Io sì. Invece no, nulla: di lui non si vedrà più traccia fino alla fine, quando la sua morte servirà come espediente puramente meccanico per la fuga di Nicholas dal castello. Depistaggio? Non saprei. Dopo tutto, benché abbia la Pistola di Checov in mano, Sir Roger non può verosimilmente essere colpevole, perché arriva per la prima sul luogo del delitto quando tutto è già successo da tempo – e comunque l’assassino ha un’altra PdC in mano pur non apparendo mai… D’altra parte, non è come se Morality Play fosse davvero un giallo: ci sono molte altre cose più importanti dell’identità del colpevole – e anche ai fini di quelle, il ruolo di Sir Roger sembra dover essere molto maggiore di quel che poi è. E badate che adoro Unsworth, e questo libro in particolare, che trovo splendido – ma, pur trovandolo splendido, non posso fare a meno di domandarmi a che pro ci si sventoli così tanto davanti Sir Roger, la Bandiera Rossa Umana.
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