Senza Errori di Stumpa

Riletture

Parlavamo qui di riletture, e in un caso di serendipità quasi perfetta, mi è capitato di conversarne proprio ieri e a tutt’altro proposito. E nel corso della conversazione ho detto che il gusto di rileggere è, quand’anche non fosse nient’altro, la dimostrazione di un fatto: non conoscere il finale non è il fattore chiave del piacere di leggere. Ripensandoci, però, forse la faccenda è un nonnulla più complessa e merita che ci si rimugini un po’ su.

Allora, vediamo. Intanto, non tutti rileggono. Mio padre era un rilettore compulsivo: molti dei libri che erano suoi si riconoscono dalle rilegature: hanno visto parecchio servizio. La mia amica C., in compenso, non ha mai riletto un libro in vita sua “perché una volta letto è letto: quel che vale la pena resterà, quel che si dimentica non valeva la pena.” E si dice che nel corso della sua (breve) vita il generale vandeano Henri de la Rochejaquelein non abbia letto e riletto altro che le memorie di non so più quale illustre stratega seicentesco. Forse non conosceva San Tommaso d’Aquino, che trovava un po’ inquietante lo hominem unius libri.

In secondo luogo, non tutto si rilegge. Ci sono libri che diventano gente di famiglia, a cui si torna ancora e ancora in cerca di conforto o di guida; ci sono libri della cui bellezza non ci si stancherebbe mai e allora ogni tanto ci si concede una rilettura nello stesso spirito con cui si torna alla National Gallery ogni volta che si passa per Londra; ci sono libri associati a un momento particolare, che si rileggono per ritrovare un’atmosfera che può essere interna al libro oppure aggiunta da circostanze ormai vecchie di anni*; ci sono storie così buffe o così commoventi che le si riprende in mano per sollevarsi il morale o per piangere un pochino; ci sono esempi così perfetti di trame o personaggi o ambientazioni che ci si ritorna per studiare come diamine sono stati fatti; ci sono capitoli, scene e descrizioni prediletti, ci sono pagine stagionali al limite del rituale; e poi ci sono libri che si sarebbe curiosi di apprezzare più di quanto si sia fatto a una prima lettura.

La mia teoria generale in proposito è che anche per il più accanito dei rilettori, anche nel caso della rilettura più perfetta, leggere e rileggere siano due attività profondamente diverse. La prima lettura è un’esplorazione, un incontro e una continua scoperta, una faccenda piena di thrills e di sorprese – e non mi riferisco al non sapere come va a finire. O almeno non solo, perché in realtà è questione di ogni svolta della trama, ogni tratto di caratterizzazione, ogni battuta di dialogo, ogni metafora e ogni aggettivo. È, nei casi più felici, quel genere di sospensione che tiene il lettore alzato per una notte intera, che gli fa divorare pagina dopo pagina dopo pagina, che gli fa aspettare con ansia il momento in cui potrà tornare a leggere. E che, per converso, gli fa rallentare i ritmi mano a mano che le pagine diminuiscono – per timore di finire troppo presto. È una specie di primo amore e, una volta passato non torna più.

La rilettura è un’altra questione. La rilettura è più analitica e più sottile Si ricercano le gioie della prima volta e se ne osservano le ragioni. Si notano gioie nuove, strati più profondi, e particolari minuti che erano sfuggiti la prima volta. Si assapora, si setaccia e si categorizza. Si ricorda e si voltano gli angoli – I mean, le pagine – con la stessa piacevole anticipazione che si sente nel tornare in luoghi conosciuti. La familiarità del paesaggio generale consente di approfondire la conoscenza dettagliata e, se qualche volta si sospira per la perduta fiamma della prima volta, tuttavia ci si conforta con il piacere di scavare ancora un po’. E se il libro è abbastanza complesso e le riletture sono giudiziosamente distanziate, ci sono buone probabilità di trovare ancora qualche nuova sorpresa ogni volta – semidimenticata o solo nascosta dove non era mai capitato di guardare prima.

Alla fin fine, non è poi così diverso dal rapporto con una persona, vero?

E sì, io rileggo. Rileggo Lord Jim, rileggo Canto di Natale ogni notte di Vigilia, rileggo i racconti di Kipling, rileggo Shaw, Shakespeare, Schiller e Marlowe. Rileggo Durrell nelle giornate nere. Rileggo persino certa Agatha Christie for Englishness’sake. E se un autore ha scritto un romanzo storico in tutto il suo corpus, è quello che vado a rileggere. Rileggo Rostand e certo Burgess, rileggo Graves e Runciman. Rileggo Emi Mascagni, La Freccia Nera o The White Boar attorno a Pasqua. Rileggo il finale de La Cripta dei Cappuccini – e ogni volta mi commuovo. E rileggo poesia – ma quello è un cavallo di tutt’altro colore. E ultimamente ho riletto bocconi e spizzichi di Ronald Blythe, perché avere in mente il favoloso ritmo della sua voce narrante mi aiuta a trovare il mio. E a volte rileggerei di più, poi mi trattengo per il motivo che si diceva: se seguito a farlo, dove troverò il tempo per i libri nuovi?

E voi, o Lettori? Rileggete? Cosa rileggete? Come rileggete? Perché rileggete?

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* E questo è potenzialmente rischioso. A volte lo si fa ed è come tornare in un posto e restarne delusi. Try at your own risk.

Rilettureultima modifica: 2017-02-24T09:10:00+01:00da
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