Avevo promesso di raccontarvi di Londra, nevvero? Del Globe in particolare…
Ah, il Globe!
Al Globe c’ero già stata. L’avevo visitato un paio di volte, il che è una gran bella esperienza di per sé – ma, per un motivo o per l’altro, non c’ero mai stata per vedere uno spettacolo. Be’, uno dei motivi è il clima: bisogna andarci nella stagione giusta, e nella giusta parte della stagione giusta, perché – com’è fin troppo chiaro – non possiedo la robusta costituzione degli spettatori elisabettiani, che potevano starsene fermi all’aperto per le tre ore dello spettacolo senza pregiudizio. Un altro motivo è che non è carino trascinare compagni di viaggio non angloparlanti a sorbirsi tre ore di Shakespeare in originale, né abbandonarli al proprio destino per le tre ore in questione…
Ma insomma, questa volta la stagione era ragionevolmente giusta ed ero in compagnia della genitrice da cui ho ereditato la mia passione per la letteratura inglese, per cui Globe è stato – e in particolare Much Ado About Nothing. Molto Rumor per Nulla, forse la commedia prediletta di entrambe.
E invece volevo uno spettacolo pomeridiano, com’erano tutti nell’epoca delle playhouses all’aperto. Così siamo arrivate a teatro, abbiamo aggirato la coda dei groundlings, gli spettatori da un penny che se ne stanno in piedi nella platea, abbiamo aggirato i venditori di nocciole (se ce ne fossero anche di salsicce, arance e birra non li ho visti…) – ma non quelli di cuscini. Ciascuna con un cuscino sotto il braccio, ci siamo arrampicate su per le scale di legno, fino alla seconda galleria, e ci siamo sistemate sulle panche, con i gomiti sulla balaustra per guardare il palco e la calca di sotto… Oh, non avete idea di quanto fosse emozionante già così.
E poi lo spettacolo.
Facciamo che eravamo in Messico, e Don Pedro e Leonato erano due capi rivoluzionari, e il fratello malvagio era in realtà Doña Juana, la sorella malvagia… Un pezzo di glorioso make-believe, e lo ripeto: funziona. Funziona in una maniera vivace, colorata, piena di idee, mantenendo l’allegria della commedia e aggiungendoci un filo di famelica malinconia da tempo di guerra.
Nemmeno del testo abbondantemente riaggiustato sono disposta a lamentarmi. Che Messina diventi Monterrey è quasi obbligatorio nelle circostanze, ma anche le vaste potature e gli aggiustamenti non mi sono parsi terribilmente scandalosi. Di nuovo: non è nulla che le compagnie elisabettiane non facessero praticamente ogni giorno, ed è probabile che quel che ci è arrivato in forma di First Folio non somigli troppo da vicino a quel che andava veramente in scena…
E io lo sospettavo già da prima, ma adesso lo so con certezza: se fosse appena possibile, passerei felicemente metà della mia vita al Globe, ecco.
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