Come mio padre avesse perso la sua prima copia della Saga di Gösta Berling non lo so. In fatto di libri, il Colonnello era una strana commistione di venerazione gelosa e noncuranza… Ma insomma, in qualche modo il libro andò perso.
Quel che so è che ne ritrovai una copia al Parnaso, incantevole libreria di seconda mano in vicolo Teodolinda, a Pavia. C’è ancora il Parnaso? Spero di sì. Luogherello felice, dove si scovavano tesori ad ogni visita. Ogni città dovrebbe avere un Parnaso – ma non divaghiamo. Gösta Berling. La saga la ritrovai in un espositore girevole del Parnaso. Una di quelle edizioni tascabili e grigioline della BUR, un pochino mal ridotta. Pagine ingiallite, costa dissestata, copertina un po’ malferma… A spiegare tutto, sul risguardo c’era un ex-libris che dava il volumino salvato da non so che piena del Ticino.
Era giugno, credo – ma era perfetto. Un libro, il libro giusto, e con una storia alle spalle: avevo trovato il regalo di comleanno perfetto per mio padre.
A tempo debito, il librino fu impacchettato insieme al cd della colonna sonora di Lawrence d’Arabia, poi spacchettato, apprezzato, letto e riletto e poi rimase nella libreria per anni.
E forse ci sarebbe rimasto anche più a lungo, se non fosse stato della dimensione perfetta per stare in un bagaglio overnight… E fu così che lessi La Saga di Gösta Berling nel corso di un viaggio in treno: Mantova-Cortona e ritorno.
E – in uno di quei momenti felici in cui una lettura comune funziona come una chiacchierata che non si può più fare – mi resi conto del perché mio padre fosse stato così dispiaciuto di avere perso il libro. Perché la Saga è una storia di intenzioni tradite, caduta, seconde occasioni, riscatto e (forse) redenzione scritta in un modo vivido, possente e austero al tempo stesso, che colpisce anche in traduzione. È piena d’intensità, di descrizioni scolpite, di personaggi tratteggiati grandiosamente, di luci di taglio. E in più, ha un ritmo epico e tambureggiante che trascina dall’inizio alla fine. Il genere di cose per cui ho decisamente ereditato il gusto dal mio babbo.
E poi d’accordo, della saga nordica ha anche l’occasionale rigidità, una certa cupezza di fondo… non c’è nulla di leggero, in questa storia – ma vale assolutamente la pena – al modo di una passeggiata nella neve: per il gelo, la bellezza e il vigore della faccenda.