Contando dalla sera del giorno di Natale (e non dalla notte di Natale stessa, ciò che ho sempre trovato lievemente bizzarro) la Dodicesima Notte è la vigilia dell’Epifania.
La faccenda era vastamente diffusa e popolare, e giungeva fino a corte. Apparentemente a Shakespeare fu commissionata una commedia da rappresentare come intrattenimento per la festa reale la sera dell’Epifania del 1601 o 1602.
Come spesso accade, di questa prima e titolata rappresentazione non si sa nulla di preciso.
Ad ogni modo, la commedia era perfettamente adatta all’occasione: una vicenda di identità e generi scambiate, gemelli identici, corteggiamenti incrociati, agnizioni, travestimenti e, soprattutto, burle. Quella che dovrebbe essere la vicenda principale, i casi dei gemelli Sebastian e Viola/Cesario, naufraghi in Illiria (of all places!) è sovrastata dalla trama comica, una cospirazione tra servi e padroni ai danni del detestabile intendente Malvolio. Tutto finisce bene – ma in carattere assai dodicenottesco, con il duca e la contessa che sposano un naufrago ciascuno, e un baronetto che sposa una dama di compagnia, con scarsa soddisfazione dell’intendente beffato.
Una favola buffa e rassicurante, in cui, dopo tutto, si vedeva che sovvertimento dell’ordine sociale, beffe e confusioni di genere avevano il loro spazio – nel cerchio incantato e invalicabile di una notte di festa e di un palcoscenico.