Sì, Henry Morgan nel senso del Pirata Morgan. Uno dei bucanieri più celebri del XVII secolo, e tuttavia, insisto nel dirlo, marginale storicamente parlando. Il problema, semmai, è che non c’è un solo Morgan letterario, ce ne sono diversi e non è strano: un pirata sembra un personaggio ideale da sbregaverzizzare… se poi tutte le sue incarnazioni letterarie siano degli Sbregaverze, è un punto che merita discussione. Io sostengo di no. Tuttavia, siccome è l’ultimo Sbregaverze della serie, spero che sarò perdonata se prendo uno dei miei criteri, giro un pochino, lo inclino a 30° e lo tingo di blu.
Fin qui la realtà, e tutto sommato non fa una gran meraviglia che il personaggio abbia ispirato più di uno scrittore, includendo Rafael Sabatini e Josephine Tey. E tuttavia, sostengo che ci fu un solo autore a prendere Morgan con il suo nome*** e la sua storia, e farne uno Sbregaverze: John Steinbeck.
Notato il titolo di questo post? E ricordate quando dicevamo che lo Sbregaverze, quando non è generoso ed onorevole, ama credere di esserlo? Ecco, il Morgan di Steinbeck è proprio l’epitome di questa caratteristica. Non è che finga o si atteggi: passa tutta la sua vita a convincere prima di tutti se stesso.
Ebbene, questa storia cambia un sacco di volte nel corso del libro, cambia ogni volta che Morgan la racconta a qualcuno. Per tutta la sua vita, Henry seguita a raccontare a chiunque gli capiti versioni sempre diverse della sua infanzia e del suo viaggio verso le Americhe, ogni versione ricamata sulla precedente, incrostata di ulteriori dettagli della cui veridicità, badate bene, Morgan è in qualche modo convinto. Così, Elizabeth diventa un po’ per volta un grande amore perduto, una fanciulla perfetta, la figlia di un ricco proprietario, poi di un baronetto, poi di un duca vendicativo che fa deportare il ragazzo audace… Chi ascolta la storia qualche volta ci crede, qualche volta no, qualche volta sa per certo che non è vera. Henry Morgan, di fronte alle sue storie, è in quel limbo della certezza: la ferma volontà di essere certi. Capita di voler credere a qualcosa così tanto che è quasi come se ci si credesse.
Non contento di questo passato magmatico, che cresce su se stesso come crescono i miti, Morgan si provvede anche di un futuro altrettanto cangiante e nebuloso, ed eccoci al secondo pilastro portante di questa storia. Da buon Sbregaverze, mentre compie la sua ascesa, il nostro pirata si provvede di un’Aspirazione con la A maiuscola. Panama, la colonia spagnola tanto ricca e inaccessibile da andare sotto il nome di Coppa d’Oro (donde il titolo originale). Ma non solo la città: a Panama vive una donna, la moglie del governatore, altrettanto inaccessibile. Per la sua virtù e la sua bellezza è nota come la Santa Roja, ed è una leggenda sulla bocca di tutti i pirati. A questo punto è solo naturale che Morgan elegga a suo obiettivo la conquista di Panama e, con Panama, della Santa Rossa. Intanto sogna, guerreggia, vince e riflette. E acquista un amico.
Eccoci qui, il sidekick. Morgan vuole un amico perché si sente solo. Alla fin fine detesta tutti quei pirati ottusi e rozzi che servono sotto il suo comando, incapaci di sognare, ciechi al di là del prossimo doblone d’oro, della prossima prostituta, della prossima bottiglia di rum. Ma c’è un’eccezione nel mucchio: un giovane pirata francese, al quale Morgan ordina di essere suo amico. E per bizzarro che ciò sembri, funziona. Funziona perché Coeur de Gris ammira il suo comandante, ed è pronto a cercare di spiegargli il funzionamento quotidiano del mondo al di fuori dei sogni. CdG***** non perde molto tempo con il suo passato, per il futuro ha sogni di gloria dorati e vaghi, e sa apprezzare il presente con la pienezza di cui Morgan non è capace. E’ lui a svelare al suo comandante certi misteri, come il fatto che anche l’ultimo mozzo di cambusa e il più rozzo degli armigeri sognano Panama, ciascuno a suo modo. La sopresa è grande: a Morgan non piace sentirsi dire che non è diverso dagli altri uomini, e tutto sommato preferisce non crederci. CdG è l’unico ad essere ammesso, in qualche modo, nella sfera ideale di Morgan: c’è bisogno di lui, perché gli eroi delle storie, oltre a un Sogno da perseguire e a una Donna da amare, devono avere un Amico di cui fidarsi. Mal gliene incoglierà.
Enfin, Panama cade, sanguinosamente e tra mille difficoltà, e la Santa Roja è catturata. E allora? Morgan raggiunge la sua Coppa d’Oro? Ottiene
Oh, Morgan andrà avanti per conto suo, senza altri amici. Prenderà altre città, salirà di grado, continuerà a raccontare storie sempre più improbabili della sua giovinezza, sposerà la sua ricca cugina (ancora un’altra Elizabeth, come la madre, come la ragazza in Galles, come la Santa Roja), smetterà di fare il pirata, diventerà governatore della Giamaica, accumulerà grandi ricchezze… Sempre bugiardo, sempre solitario, sempre infelice, sempre assediato dai ricordi e dai rimpianti. Sempre occupato a raccontarsi, a se stesso e agli altri, come il protagonista di un romanzo. Anzi, no: di un mito.
La vita di Sir Henry Morgan, bucaniere, con occasionale riferimento alla storia, recita il sottotitolo del libro. In realtà il riferimento è ben più che occasionale, ma Steinbeck ne ha fatto lo sfondo pittoresco di una storia su come storie, sogni, menzogne e aspirazioni siano in fondo tutt’uno. Su come sia facile sbagliarsi. Su come ci si voglia sbagliare, talvolta.
Solo nel morire Morgan è tranquillo, mentre si riconcilia con le sue memorie, mentre si libera dei rimorsi, mentre i ricordi lo abbandonano uno a uno “come una colonia di vecchissimi cigni, che volino verso qualche remota isola del mare, per morirvi”. Insomma, ecco: l’oblio e la pace non sono vita. La vita era non tanto la realtà, perché quella lo Sbregaverze Morgan non l’ha mai voluta per sé, ma i sogni, le aspirazioni, l’affannosa ricerca di colori migliori. Ricerca vana, è vero, ma non per questo meno reale e meno viva: la fiamma triste di tutti gli Sbregaverze. E l’Henry Morgan di Steinbeck, per il quale la fiamma si spegne a Panama senza tornare più, è il più triste di tutti loro.
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* L’autore era Alexandre Exquemelin, già chirurgo di bordo e amico di Morgan. Tra l’altro, era la fonte della storia della vendita in schiavitù, ma credo che non fosse tanto quella a sollevare l’ira di Sir Henry, quanto il racconto di molte brutalità e molti eccessi nel corso della guerra corsara contro gli Spagnoli.
** Non è che avesse condotto la vita più morigerata che si possa immaginare…
*** Il Peter Blood di Rafael Sabatini, è apertamente ispirato a Morgan, ma ci sono abbastanza differenze da poterlo considerare un personaggio diverso. Quanto a Josephine Tey… ho deciso che il suo Morgan non è uno Sbregaverze. Ecco.
**** Almeno nell’edizione che ho io: Oscar Mondadori, 1987. Traduzione (credo Anni Quaranta) di Giorgio Monicelli.
***** E che caspita! Gli veniva il morbillo, a Steinbeck, a dargli anche un nome di battesimo? Fortunatamente ci liberiamo di lui abbastanza presto.