A me Salgari ricorda tanto Charlie, l’impiegatino protagonista de La Più Bella Storia Mai Raccontata, di Kipling: un approssimativo autodidatta con velleità letterarie, molto entusiasmo e una formazione del tutto insufficiente, benedetto però da un’immaginazione narrativa straripante. Charlie si salva perché, quando si innamora di una graziosa e placida dattilografa della City, il suo dono (che Kipling descrive come una memoria di vite passate) si dissolve come neve al sole. Salgari invece si ritroverà condannato dalla sua facilità narrativa e dal suo candore di fronte a editori senza scrupoli, costretto a produrre tre romanzi l’anno per evitare la rovina finanziaria…
E così ecco corsari su corsari di ogni colore, e le figlie, i figli e i nipoti dei corsari in saghe, faide e vendette; ed ecco le tigri della Malesia, gli avventurieri portoghesi, le principesse della jungla, gli Inglesi malvagi, gli assassini thug; e poi il Far West, le Filippine, le Bermude, Damasco, il Sudan, Asia, Africa, cieli ed oceani, e ogni genere di luogo esotico, costruito con tocchi di colore locale saccheggiati da libri e atlanti – come gli scenari dipinti di una recita filodrammatica.
Salgari non vide mai nessuno dei suoi posti lontani: studiò da ufficiale mercantile e non prese mai il brevetto di capitano – che pure millantò per tutta la vita. Da ragazzo fece per tre mesi il piccolo cabotaggio lungo le coste adriatiche, e questa fu tutta la sua acqua salata. Il resto è fantasia spudorata e lussureggianti vaghezze. Ricordo – anche se non so più in quale dei romanzi – che nella biblioteca del protagonista c’erano numerosi “scaffali di metallo dorato di foggia antichissima”… Scaffali di metallo? Di metallo dorato? Di foggia antichissima? Ma d’altra parte, quando si butta fuori un romanzo ogni tre mesi non c’è tempo per la documentazione meticolosa, e che poteva mai saperne il povero Salgari, capitano di nulla e schiavo degli editori?
Questo forse è il tipo di tributo che sarebbe piaciuto più di tutti a Emilio Salgari, l’uomo che battezzava col suo stesso nome il suo bel corsaro nobile e tormentato – e che, figlio e padre di suicidi, finì suicida a sua volta perché gli avevano tolto tutta la gioia che cercava nel meraviglioso gioco delle storie.
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E adesso, letture. Ho scoperto a mie spese che rileggere da adulti i libri che abbiamo amato da ragazzi tende ad essere un errore: in linea generale, meglio lasciarli dove sono, in fondo alle nebbie dorate dell’entusiastico ricordo e della nostalgia. Tuttavia, se non avete letto Salgari da implumi, se non vi è piaciuto nemmeno allora, se non siete sentimentali alla mia stessa maniera, o se volete celebrare leggendo il centenario salgariano, qui trovate i numerosi titoli digitalizzati in vari formati dal Progetto Manuzio/ LiberLiber. C’è di tutto un po’, compresi racconti e romanzi meno conosciuti.