Senza Errori di Stumpa

Domare Gli Implumi

Allora, per prima cosa fate un salto su strategie evolutive* e leggetevi questo post. E poi passate dal Blog di Siminore, e leggete quest’altro post.

Fatto? Anche i commenti?

E allora parliamone.

Perché la mia prima reazione nel leggere il post di Davide è stata: oh sì. Tristemente sì. È capitato anche a me. I gruppetti di gente seduta di tre quarti**, i bisbigli, le facce annoiate/ostili/superiori, il silenzio tombale in cui cadono i vostri attempts at humour e le vostre domande…  

E dico gruppetti, badate. La dinamica in un’aula scolastica è diversa da quella di una platea. Tra i banchi si vedono piuttosto distintamente crocchi, alleanze, gerarchie – ed è una faccenda del tutto diversa dal singolo fanciullo annoiato. Perché i crocchi vengono dalla necessità di dimostrare che si è troppo cool per degnare di un briciolo di attenzione l’anziana signora che parla di… oh, di qualsiasi cosa, importa davvero poco.

Perché sì, signori: il fatto è che per questi ragazzini siamo vecchi. Ho quasi quarant’anni, probabilmente sono più stagionata delle loro madri e, quando avevo la loro età, la mia idea di soglia della vecchiaia si era appena spostata dai diciotto ai venticinque.

E questo è un altro ostacolo da aggiungere alle dinamiche del branco. Un po’ di tempo fa mi è capitato di trovarmi a cena con alcuni insegnanti in scuole diverse, e tutti lamentavano il momento in cui anche la classe più deliziosa, curiosa e interessata decide come un sol fanciullo di chiudersi in un guscio. Diventano cinici, fanno a gara a chi è più disinteressato e a chi fa di meno – e le ragazzine sono peggio dei ragazzini, gemeva un’insegnante di Lettere che ho visto all’opera e ho constatato essere molto in gamba. Una volta non era così

E che posso dire? È vero.

Esperienza dello scorso anno: HSH ha messo in scena il mio Somnium per sei classi tra quinte elementari e prime medie, e allo spettacolo era abbinata una serie di incontri sul passaggio dalle fonti storiche al testo teatrale e dal testo allo spettacolo. No, non scuotete la testa: è molto meno dreary di quanto possa suonare. E in effetti le quinte elementari hanno partecipato con un entusiasmo gratificante oltre ogni misura, facendo ricerche di loro iniziativa, sommergendomi di domande, provando a scrivere piccole scene a partire da aneddoti storici e fornendo un Annibale bambino per lo spettacolo… Poi si passava alle prime e lo stesso progetto incontrava silenzi, blank eyes e file di bambine che si osservavano le doppie punte.

Salvo poi il singolo fanciullo (o fanciulla) che viene a cercarti quasi di nascosto durante l’intervallo per chiederti il titolo di un libro che hai citato, o un particolare storico o teatrale, o com’è scrivere un libro… Ed è chiaro che in classe non poteva – ma proprio non poteva.

Dopodiché non è sempre così – e anzi, ho lavorato con un certo numero di incantevoli terze medie, ma c’è quel momento in cui smettono di fidarsi degli adulti, e da lì la storia può prendere varie direzioni.

Ad ogni modo, tenete conto del fatto che una conferenza e un laboratorio che dura settimane o mesi non sono assolutamente la stessa cosa. La conferenza/incontro/singola lezione è rischiosissima: o li catturi o non li catturi – e se non intendono farsi catturare, se sono particolarmente maleducati, se gli insegnanti non si sforzano almeno un po’, è una battaglia persa in partenza e pressoché*** impossibile da recuperare nel giro di un’ora.

Ma con un po’ di tempo a disposizione, le cose possono cambiare. A un certo punto dite o fate qualcosa che li incuriosisce. O si lasciano prendere dal fascino del teatro, della scrittura o – qualche volta – della storia. E allora cominciano a chiamarvi “Profe, profe…” a farvi domande a raffica, a salutarvi se v’incrociano per strada****, a fidarsi di voi, a volervi impressionare.

E non si tratta di corteggiarli, sapete? Sono una persona estremamente impaziente, non ho nessuna simpatia preconcetta per gli implumi come categoria e non faccio mistero della mia preferenza per gli esemplari svegli. Se dovessi corteggiare terze medie, starei fresca. È solo che, con un po’ di tempo per studiarli, di solito si trova il modo di ottenere la loro attenzione e, ripeto, la loro fiducia. Di convincerli che non sono terribilmente simpatica, ma vale la pena di starmi a sentire.

Ci vuole tempo, non sempre funziona con tutta la classe – anzi, diciamo pure che non sempre funziona, period. Quando funziona, un branco di implumi motivati è capace di cose sorprendenti. Può essere uno spettacolo intero o un po’ di occhi tondi e brillanti di fronte alla scoperta che la storia non è poi così morta e polverosa.

Per contro l’occasione singola… che posso dire? Mi terrorizza abbastanza, perché il disinteresse, il branco, il cinismo in erba, la maleducazione, l’immaginazione rattrappita, l’incapacità di astrarre ci sono. E non è divertente sbatterci contro. 

E voi? Pensieri? Idee? Impressioni? Esperienze? Come ve la cavate con gli implumi?

 

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* Nota per il Dr. Dee: ho imparato a non metterle, le maiuscole, but it so very much goes against the grain

** Ai  fanciulli tendo a parlare nelle scuole, quando voltare la sedia non è un’opzione, e così c’è la variante Trequarti.

*** Sì, va bene, ci sono storie di miracoli compiuti in corsa, di folgorazioni collettive, di colpi di reni e catture prodigiose. In genere succedono nei film americani.

**** E più tardi, nell’istante in cui il sipario calerà e il laboratorio sarà finito, le ragazzine faranno a gara nel darvi del tu e chiamarvi per nome, mentre i ragazzini continueranno a chiamarvi Profe fino alla fine dei giorni…

Domare Gli Implumiultima modifica: 2012-11-21T08:10:00+01:00da
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