Senza Errori di Stumpa

Turandot – Guida Men Che Seria

Avete visto la prima della Turandot alla Scala, venerdì sera?

Bella edizione. Cast tra il discreto e l’ottimo – con menzione speciale per la Liù di Maria Agresta e il Ping di Angelo Veccia – magnifica direzione di Riccardo Chailly, bellissimo il finale di Berio, e visuals inconsueti ed efficaci. Confesso che, se l’avessi solo sentita descrivere, forse sarei un pochino inorridita dalle scelte registiche di Lenhoff – e invece no. Questa Cina stilizzata e immaginaria, tutta bianca, rossa e nera con l’occasionale pennellata d’oro, disseminata di elegantissimi dettagli, poteva risultare un nonnulla inquietante, ma funzionava molto bene.

Ma, come ognun sa, qui dalle parti SEdS siamo più che un pochino ossessionati dalle storie, e non siamo nemmeno capaci di goderci un’opera senza rimuginare tutto il tempo sulla tenuta narrativa del libretto… E non c’è nulla da fare: tra i grandi libretti pucciniani, questo è il più… mah.

E badate che la fonte da cui si partiva, la fiaba-con-commedia-dell’arte di Gozzi, era un po’ convoluta, ma tutto sommato innocua. Obiettivamente, nonostante una certa quantità di decapitazioni e di torture, avrebbe funzionato meglio per un’opera buffa. Adami e Simoni presero la storia, aggiunsero amori incrociati, morte a carrettate, instabilità mentale  di qua e di là e un’abbondante dose di insufficienza cranica tenorile, facendo della fiaba una faccenda di travolgente passione tra una psicopatica omicida e un ossessivo manipolatore di supremo egoismo. Ah – e nel mezzo malcapita una povera ragazza con un complesso del martirio ai limiti del masochismo…

A ben pensarci, le potenzialità per una rivisitazione horror di questa storia sono maiuscole – ma passiamoci sopra.

Voglio dire – partiamo dalla protagonista eponima. Turandot, principessa imperiale della China, non solo non vuole sposarsi, ma si diverte a mandare a morte un pretendente di sangue reale dopo l’altro perché ce l’ha con gli uomini. E sapete perché ce l’ha con gli uomini? Perché sente l’impellenza di vendicare su tutta la specie la triste fine di un’ava stuprata e uccisa la bellezza di un paio di millenni addietro.

Oddio, data l’insistenza del libretto sulle iperboli orientali in fatto di tempo, magari saranno anche solo un paio di secoli – but still, diciamo che il trauma non è dei più diretti. Nondimeno i pretendenti, ammaliati a distanza dalla bellezza di Turandot, seguitano a fioccare, a fallire e a rimetterci la testa uno dopo l’altro, per lo sconforto episodico dei sudditi, quello un filo cinico dei ministri e quello sincero dell’Imperatore. Ecco, questo Imperatore, che continua a ripetere di disapprovare nel profondo la carneficina e non poterci fare nulla per via di un Orrendo Giuramento…

Giuramento di che? A chi? Non lo sappiamo né lo sapremo mai – ma è ragionevole immaginare che Turandot la forte volontà l’abbia ereditata dalla madre.

Con queste premesse, se foste un principe tartaro in esilio, e capitaste a Pekino (dove infinite ciabatte stridono, sappiatelo), non cerchereste di tenere un basso profilo? Se mi dite di sì, è chiaro che non sarete mai eroi d’opera. Il nostro tenore Calaf – che, guarda caso, è proprio un principe tartaro in esilio, arriva giusto in tempo per veder decapitare l’ultimo mancato sposo, il bel principe di Persia, e maledire tra sé la crudele principessa che, sorda alle suppliche del popolo, manda a morte i suoi innamorati.

Poi, per la Terza Legge dell’Opera, in questa affollatissima piazza chi deve ritrovare il nostro eroe, se non il vecchio babbo detronizzato, sconfitto, esiliato e cieco? Il povero Timur, ridotto a mendicante, avrebbe già fatto una pessima fine se non fosse stato per le premure della giovane schiava Liù, che si è accollata da sé il compito di proteggere, guidare e sfamare il suo vecchio padrone – un po’ per buon cuore, e un po’ perché è innamorata di Calaf… È una vita dura, povera ragazza – ma adesso hanno ritrovato il principe, e le pene sue e di Timur sono finite, giusto?

Giusto?

Ennò, nemmeno per idea, perché proprio in quel mentre, Turandot ha la brillante idea di mostrarsi al verone. Colpo di fulmine. Calaf, dopo averla intravista da lontano per qualcosa come dieci secondi, decide che la vita non ha più senso senza la bella pluriomicida. L’ha appena maledetta per i suoi metodi? Fa nulla. Ha un Vecchio Babbo Cieco a cui provvedere? Dettagli. Liù si è sfiancata per questo e non ce la fa più? Ah ecco, giusto: Liù, piccina, ho troppo sofferto nell’ultimo minuto e mezzo e tu, se mi ami devi occuparti ancora del mio VBC a tempo indefinito, mentre io vado a rischiare (e probabilmente perdere) la vita per amore di un’assassina.

Dopodiché Calaf procederà per la sua strada con l’ottusa ineluttabilità di una carica di gnu, sordo a ogni dovere, misericordia e buon senso. I tre ministri gli faranno discorsi molto sensati, l’Imperatore lo supplicherà di non gettare via la sua vita, Turandot stessa non sarà mai men che odiosa e sleale nei suo confronti? E lui avanti.E gli enigmi li risolve anche, ma la gelida matta – che proprio non sa perdere – gli chiede un controenigma non protocollare, e lui glielo concede (insieme alla possibilità di decapitarlo) prima di subito. A questo punto Turandot perde definitivamente la testa: per scoprire la risposta che le serve minaccia di morte tutta Pekino, cattura Timur, fa torturare Liù che si uccide pur di non parlare… E credete che tutto ciò squota più di tanto il nostro amoroso forsennato? No, perché, you see, lui vuole Turandot.

Io tendo a sorridere dei tenori  verdiani – ma ammettiamolo: Calaf è un deficiente in musica magnifica.

Sì, perché poi la musica è davvero meravigliosa, e il libretto dimostra di essere capace di humour incantevole e cattivello quando si concentra sui tre ministri Ping, Pong e Pang…

But still. E lo so che non si va all’opera per la logica narrativa, ma giochiamo per un attimo a Dopo Il Sipario. Lanterne rosse, incensi, offerte, giubilo, matrimonio imperiale, sollievo di tutti… E poi? Immaginiamoci che genere di prole possono produrre Turandot e Calaf, combinando i rispettivi senso di responsabilità, stabilità mentali e capacità di empatia…

Non so voi, ma io questa China immaginaria, la vedo proprio male.

Turandot – Guida Men Che Seriaultima modifica: 2015-05-06T08:09:37+02:00da
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