– Babar, Re degli Elefanti, di Jean de Brunhoff, Anni Trenta. Il più delizioso elefante della letteratura per bambini, tenero pachiderma educato a Parigi, che sale al trono, riforma il regno alla maniera occidentale, naviga in mongolfiera e governa da benevolo autocrate. Non faccio per dire, ma Poulenc in persona ha scritto musica per Babar.
– Gli elefanti di Kipling. Al plurale, perché ce ne sono diversi, e tutti magnifici. Posso anche confessare che Kipling è il mio narratore di elefanti preferito, a cominciare dal vecchio, saggio e solenne Hathi, del Libro della Jungla. Nulla a che fare con la figura buffa del cartone animato: lo Hathi originale incarna la dignità e la legge della jungla di cui è, in qualche modo, custode. Un altro leader con la proboscide è Kala Nag, il vero protagonista di Toomai degli Elefanti, un elefante da lavoro che di notte si libera dalle catene e conduce i suoi simili a celebrare delle danze misteriose nella foresta. All’alba gli elefanti tornano nel recinto, ma di loro volontà. Toomai, scelto da Kala Nag per assistere alle attività notturne del suo “popolo”, riconosce che lo spirito degli elefanti non è schiavo, e per questo diventerà il capo degli addestratori. Kipling ammirava gli elefanti e li capiva: ogni tanto appaiono nei suoi racconti indiani, magari senza punto di vista, ma sempre ritratti con simpatia e partecipazione, come nel bellissimo In the Queen’s Service, che mostra perché i pachidermi siano meno affidabili dei buoi in guerra: i buoi avanzano ciecamente anche sotto il fuoco, senza paura. Ma gli elefanti hanno intelligenza e immaginazione, e di conseguenza hanno paura dei cannoni: a differenza dei buoi, sono capaci di astrarre, di porsi domande, di compiere scelte.
– Tara, la deliziosa, civettuola, affettuosa elefantessa di Viaggio In India In Groppa Al Mio Elefante, di Mark Shand. Nemmeno Tara ha un punto di vista, ma ha davvero un’incantevole personalità, e Shand la ritrae con occhi da innamorato e humour da Inglese.
Al momento non me ne vengono in mente altri, a meno di voler stiracchiare il concetto per comprendere Sirio/Suro, “l’elefante più coraggioso dell’esercito di Annibale”, citato nelle Origines di Catone il Vecchio, e Kandula, compagno d’infanzia e cavalcatura dell’eroe nazionale dello Sri Lanka.
Se invece consideriamo gli elefanti storici, va un po’ meglio: a parte gli elefanti di Annibale e Pirro, bisogna dedurre che un elefante fosse un dono di rappresentanza particolarmente pregiato, in altri secoli. Si è già detto di Salomone/Solimano, ma ci sono anche Abul-Abbas, donato da Harun-Al-Rashid a Carlo Magno; l’Elefante di Cremona**, offerto dal Sultano d’Egitto a Federico II; Annone, regalo di un altro re portoghese a Leone X de Medici. Annone era bianco, e dunque particolarmente raro.
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* Molte volte, trovo, la questione dei libri che non ci sono è interessante. Quantomeno significativa. Ci posteremo su…
** Immagino che avesse un nome – in qualche modo non riesco a vedere Federico II che trascura di dare un nome a un elefante – ma non è pervenuto. Però, ecco un gioco: come avrebbe chiamato il suo elefante, Federico II?