Senza Errori di Stumpa

Cinque Romanzi Storici

M. mi segnala questo articolo che elenca “i cinque romanzi storici che è un sacrilegio non leggere” – e mi chiede che ne penso…

Quel che ne penso è che, in realtà, ciascuno ha una personale piccolo pantheon di questo tipo, e come questi elenchi siano popolati dipende da un sacco di cose – dal gusto personale alla percezione del genere.

Per dire, l’elenco di Parole a Colori mi lascia freddina, e concordo su due titoli su cinque – in parte.

Sgombriamo il campo dicendo che con La Papessa mi sono annoiata, che Manfredi non mi piace tout court, e che La Cattedrale (gasp!) non l’ho letto – quindi in realtà non so: magari è meraviglioso. Gli altri due… Medicus e i Pilastri mi sono decisamente piaciuti. Li ho trovati avvincenti, ben scritti e ben documentati, e li ho divorati entrambi. Li considero irrinunciabili per il genere? Forse sì. Sono tra i miei Cinque? Probabilmente no.

E quali sono i miei Cinque?

Ebbene, non è facilissimo rispondere – ma diciamo di provarci. Ora, la lista di Parole a Colori contiene titoli relativamente recenti, dalla metà degli anni Ottanta in qua. Un criterio simile, va da sé, per me esclude un sacco di prediletti – ma, per amor di comparabilità, cercherò di attenermici. Per la stessa ragione vedrò di lasciar fuori titoli di natura metastorica in favore di romanzi propriamente detti. E allora, in nessun ordine particolare:

Barry Unsworth, Morality Play (1995) – tradotto in Italiano, mi pare, come “La Commedia della Vita”. La storia segue una troupe di attori girovaghi nell’Inghilterra medievale, in una favolosa metafora dell’arte come mezzo di conoscenza. Più attenta a suggerire la mentalità dell’epoca che ad ammassare dettagli storici, la narrazione è asciutta e vivida.

Anthony Burgess, A Dead Man in Deptford (1993) – tradotto come “Un Cadavere a Deptford”. Una voce narrante che è una meraviglia, un perfetto colore elisabettiano, un ritratto di un Kit Marlowe complicato e affascinante, ribaldo e assetato d’arte e conoscenza.

Ronald Blythe, The Assassin (2004) – non tradotto, per quanto ne so. John Felton, imprigionato alla Torre e condannato a morte (ma osannato dalla folla) per avere assassinato il corrotto duca di Buckingham, racconta la sua vicenda – da topo di biblioteca bennato a vendicatore. Stile denso e lucente, voce superlativa, e un mondo evocato con efficacia raffinata.

Jessie Burton, The Miniaturist (2014) Il Miniaturista in Italiano. L’Amsterdam secentesca è riportata in vita con la minuta vividezza di un quadro fiammingo – di sfondo alle vicissitudini matrimoniali della giovane e ingenua Petronella – che, tra case di bambola e zucchero transoceanico, scopre come nulla sia mai come sembra.

Bryher, The Player’s Boy (1953) – e sì, qui sto barando, perché torniamo indietro di parecchie decadi – ma trovo di non riuscire a lasciar fuori la malinconica storia di James Sands, mancato attore post-elisabettiano. Il modo in cui Bryher riesce a ricreare il tramonto di un’età dell’oro senza mai idealizzarla – se non negli occhi del suo protagonista – non è nulla men che struggente. Il fatto che ci riesca lasciando che tutti i suoi personaggi pensino come gente della loro epoca e rendendo il tutto rilevante per la sua (e la nostra), è cosa bella e ammirevolissima.

E… oh, che sorpresa! Cinque autori inglesi su cinque… Però soltanto due sono storie elisabettiane, avete notato? E in realtà mi accorgo che la scelta è provvisoria, e soprattutto i romanzi storici irrinunciabili sarebbero tanti di più… ma questo, dopo tutto, è un gioco.

E adesso tocca a voi, o Lettori – giochiamo: quali sono i vostri Cinque Romanzi Storici?

 

 

 

Cinque Romanzi Storiciultima modifica: 2018-01-17T10:45:04+01:00da
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