Questioni D’Iridescenza

In teoria, la fedeltà alle fonti storiche è il primo articolo del mio credo di autrice. Voglio dire: in un mondo perfetto, il mestiere del romanziere storico consisterebbe nel ricreare quello che non sappiamo sulla base ed entro i limiti di ciò che sappiamo.

Il mondo non essendo perfetto, alle volte il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo è un tantino confuso, e anche ciò che sappiamo non è poi così certo.

Il mondo non essendo perfetto, inoltre, i romanzieri storici hanno una certa tendenza a non razzolare tanto bene quanto predicano. O almeno io ce l’ho. Sia chiaro: faccio sempre del mio dannato meglio per non contraddire nessuna fonte certa, per attenermi ai fatti, per essere tanto precisa quanto posso con date, luoghi e persone…

E tuttavia, se esistono versioni differenti, fonti che riportano diversamente lo stesso avvenimento, la stessa battaglia, lo stesso personaggio? Non è colpa mia, giusto? E succede, sapete? Forse non avete idea di quanto spesso succeda… E che cosa può fare in questi casi una povera ragazza? *makes cocker spaniel eyes*

Be’, questa povera ragazza ha raggiunto un compromesso con se stessa e con la Storia: in caso di fonti non uniformi o contrastanti, sceglie sempre la versione che le fa più comodo dal punto di vista narrativo…

Sì, sì – questa ragazza sa perfettamente che esistono gerarchie delle fonti e criteri per stimarne, se non proprio stabilirne, l’affidabilità, ma al tempo stesso, ringrazia spesso il Cielo che, per le sue vie e ragioni imperscrutabili, l’ha condotta a scrivere narrativa anziché saggistica.

Piccolo esempio illuminante: visitando il palazzo dell’Ajuntament a Barcellona, ci si ritrova a un certo punto nel Salò des Cròniques, dove nel 1929 Josep Maria Sert ha dipinto un ciclo di affreschi che narrano le vicende di Roger de Flor, cavaliere senza macchia e senza paura, che dopo aver generosamente salvato l’Impero Bizantino da qualche tipo di Turchi, viene ricompensato con l’inganno, il tradimento e l’omicidio. Che pessima gente sono questi Bizantini… Ebbene, più guardavo gli affreschi, più mi sembrava che ci fosse qualcosa di strano. Ero certa di avere ricordi in proposito: i nomi erano quelli, il secolo era quello, eppure la storia non quadrava. Poi, folgorazione! Ma certo, Roger de Flor, ex Templare, pirata e capitano della Compagnia Catalana – una delle più costose, pericolose e celebri compagnie mercenarie del XIII secolo. A sentire i bizantinisti anglosassoni (gente come Norwich e Runciman), il suo “generoso aiuto” veniva a un prezzo astronomico (comprendente, tra molte altre cose, la mano di una principessa imperiale) e, una volta respinti i Turchi, i Catalani si rivelarono il classico rimedio peggiore del male, scatenandosi in saccheggi, incendi, stupri e distruzioni miste assortite in giro per l’Impero… E allora i Bizantini, che non andavano tanto per il sottile, adottarono la sperimentata tecnica tradimento-assassinio. Quando si dice a mali estremi… con quel che segue.

Rogerelaprincipessa.jpgInsomma, due storie diametralmente opposte. A sentire Norwich, Roger era un pessimo soggetto; i Catalani hanno l’aria di pensarla diversamente. A Barcellona c’è una Calle Roger de Flor. Ci sono monumenti, hotel, istituti intitolati a lui. Ci sono siti web celebrativi… Una rapidissima ricerca su Google rivela almeno una trilogia di romanzi storici che ha Roger e i suoi Catalani, o Almogàvares, per eroi, ma non mi stupirei se ce ne fossero altri.

E tuttavia, se io volessi scrivere un romanzo i cui protagonisti ed eroi fossero gli Imperatori Paleologi, Andronico II e Michele, intenti a salvare il loro impero da quello stormo di cavallette, gli Almogàvares, capitanati dal crudele, esoso e infingardo Roger? Il bello è che potrei! Anzi, non sono nemmeno certa che qualcuno non l’abbia già fatto – di sicuro le fonti lo consentirebbero senza eccessivi patemi d’animo.

La morale di tutto questo è varia. In primo luogo, un romanziere storico può fare pressoché di tutto anche conservando una coscienza decente; e questo è cosa buona e giusta per la letteratura, se non proprio per il fegato degli storici. In secondo luogo, ma in realtà questo è il punto fondamentale, non da oggi penso che la Storia abbia un quid d’inafferrabilità. I contemporanei la narrano con un’ottica deformata dalla loro posizione al suo interno; i posteri la interpretano da distanze cronologiche e culturali che non possono non essere deformanti a loro volta. Aggiungiamo a questo che i documenti vanno perduti, o sopravvivono in modo parziale, o vengono trascurati, e che il peso relativo dei fattori di valutazione cambia attraverso i secoli… È inevitabile: come dice Gianni Granzotto nel suo Annibale, “ci sono cose che non sapremo mai. Cose che non sappiamo più”.

E questo è forse uno degli aspetti più affascinanti della Storia. Per gli storici sono vuoti da riempire cercando e ricercando, e per i romanzieri è un’iridescenza (o un’opacità, a seconda dei casi) da raccontare ancora e ancora, da ricreare, da immaginare. E non sempre nello stesso modo – anzi.

Alla fin fine, la forza vitale di tutte le cose risiede sempre in ciò che ancora non sappiamo.

 

Questioni D’Iridescenzaultima modifica: 2011-11-23T08:10:00+01:00da laclarina
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2 Commenti

  • Bel post…
    Vorrei solo ribadire l’ovvio osservando che, non trattandosi né di saggistica né di “edutainment”, il diritto autorale di selezionare o alterare i fatti permane ed è sacrosanto – se li seleziono semplicemente è romanzo storico, se li altero è storia alternativa (genere quest’ultimo che sta cominciando a godere di una certa popolarità fra gli storici… un fatto sul quale ho sentimenti contrastanti).
    A titolo di esempio, George MacDonald Fraser, nelle sue storie di Flashman, si divertiva (evidentemente) come un pazzo a cacciare il proprio “eroe” in quei momenti oscuri della storia riguardo ai quali le fonti si contraddicono e gli accademici si accapigliano – proprio per dar modo a Flash Harry di dire la sua (salvo poi aggiungere note e appendici per segnalare che no, forse il protagonista aveva preso una cantonata, o “ricordava male”).

    Aggiungerei poi che i momenti oscuri o controversi di solito sono quelli divertenti – difficilmente la controversia storica riguarda una cena a base di pesce, di solito son situazioni che coinvolgono violenza fisica, intrallazzi, tradimenti diversi, un sacco di baccano e gente che corre da tutte le parti urlando… materiale di prima qualità, per la narrativa.

    Quindi ben vengano le zone grigie (o iridescenti) – ed auguriamoci che il pubblico continui ad avere la capacità di distinguere fiction da non fiction (capacità che io temo si vada erodendo giorno per giorno).

  • Hai ragione – ma constato di avere sviluppato un’ossessione in materia, nel corso degli anni. Un tempo inserivo gente del tutto fittizia nelle vicende storiche con sovrana noncuranza. Adesso… be’, una volta o l’altra ti racconterò del mio ammiraglio ottomano misterioso e delle acrobazie che ho fatto cercando di scoprire se si sapeva abbastanza poco di lui da poter inventare liberamente… *rolls eyes at herself*