Giu 4, 2012 - Vitarelle e Rotelle    8 Comments

Tre Uomini In Barca – Per Tacer Del Grande Inquisitore

jerome.pngC’è una scena nel delizioso Tre Uomini In Barca Per Tacer Del Cane, di J.K. Jerome, in cui i tre protagonisti eponimi preparano le valigie per la loro vacanza in barca lungo il Tamigi. O meglio, il narratore J. osserva dubbioso mentre i suoi amici tentano di fare i bagagli. Naturalmente, i piani di ordine e metodo degenerano prima di subito, e la calma viene persa rapidamente. Ben presto, George e Harris sono intenti a scambiarsi insulti sopra una montagna di ceste vuote, barattoli di ananas, coperte e articoli da toeletta e – un istante prima che la situazione precipiti – J. si alza dalla poltrona e, senza una parola, va ad appoggiarsi alla mensola del camino, in posizione ideale per vedere meglio. “Per qualche motivo, questo li mandò fuori dai gangheri.”

Ora, non amo molto Gianni Rodari, ma gli sarò eternamente grata per avere sottolineato questa minuscola scena con una nota alla traduzione, rimarcando come quel singolo movimento sia un tratto di caratterizzazione degno di un grande regista – o, aggiungo io, di un grande scrittore. E’ una cosetta da nulla, ma di una tale finezza! Sembra di vederli: J. che si sposta e incrocia le braccia con quel genere di espressione da “io ve l’avevo detto”, ed è tutto quello che ci vuole per far esplodere gli altri due, perché tutti desideriamo sempre assassinare la persona che dice “io ve l’avevo detto”, specie se aveva ragione, e il fatto che le parole in questione non vengano mai pronunciate rende la scena ancora più perfetta. Harris scaraventa per terra gli stivali che ha in mano, George rompe in improperi e noi ci abbandoniamo a una crisi di ilarità. Perfetto.pd2785598.jpg

E non è solo una questione di tempi comici. Per restare in tema di regia, lasciatemi citare un minutissimo particolare della regia di Luc Bondy per il Don Carlos dello Chatelet. Il IV atto è finito, la rivolta popolare è domata, re Filippo e i Grandi di Spagna ringraziano il Cielo in ginocchio, Don Carlos è fuggito senza che nessuno se ne accorgesse, e il defunto Rodrigo giace sul pavimento con una palla di moschetto nella schiena. Questo è uno di quei casi in cui tutti si aspettano l’Inquisizione spagnola, e infatti ecco che il Grande Inquisitore (cieco nonagenario, che in questo caso cieco non è) si avvicina al cadavere, lo guarda con aria di feroce trionfo e, con la punta del bastone, gli scioglie le mani che Carlos gli aveva incrociato sul petto. Re Filippo vede e inorridisce, ma l’Inquisitore lo fissa duramente. Filippo si ferma e si nasconde il viso. La scena durerà forse dieci secondi e non ha legame apparente con i versi che il coro sta cantando al momento, ma è la conclusione perfetta del duetto tra il re e l’Inquisitore. “Dunque il trono ceder dovrà sempre all’altare?” si era chiesto allora Filippo. E la risposta arriva adesso: in questo caso, almeno, Altare 2, Trono O. E se non bastasse, questo piccolo gesto e il relativo scambio di sguardi sigillano perfettamente, da un punto di vista narrativo, il momento peggiore per i nostri eroi, appena prima del confronto finale con i malvagi.

Insomma, nello scrivere dialoghi varrebbe sempre la pena di inserire qualche gesto significativo. I gesti possono sottolineare le parole, possono contraddirle, possono creare tensione, dubbio, sottotesto, complessità, valore simbolico… Sì, ne vale decisamente la pena.

Tre Uomini In Barca – Per Tacer Del Grande Inquisitoreultima modifica: 2012-06-04T08:10:00+02:00da laclarina
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8 Commenti

  • Mi spiace non avere sempre il tempo per leggere tutti i tuoi post (ma quanto scrivi?), quindi capita che mi lasci conquistare: dall’immagine, dal topic. Questa volta è stato il titolo: cosa c’entra il grande inquisitore con i tre uomini in barca?
    Ecco cosa! 😉

  • “Ma quanto scrivi?”

    😀 Troppo, Renzo, decisamente troppo!

  • Bellissima riflessione!
    La difficoltà è proprio trovarli quei gesti ma quando ci si riesce i personaggi diventano davvero fatti di carne e sangue.
    E Jerome è davvero un grande…

    Comunque grazie infinite per aver rispolverato “tre uomini in barca”.
    Libro che ho adorato e che trovo a tratti geniale.
    C’è l’episodio del ginocchio della lavandaia che mi torna sempre in mente.

    Ti dico solo che quando uno dei piccoletti sta male comincio a angustiarmi ragionando sui vari sintomi :”cosa avrà?” e mio marito puntualmente mi risponde : “certamente ha il ginocchio della lavandaia!”.
    E si scoppia a ridere.
    Questo perchè anche se il libro è stato scritto nel 1889 e oggi in teoria dovremmo sapere molte più cose sulle malattie mi succede puntualmente che quando leggo i sintomi di una malattia alla fine concludo di averla o concludo che la abbiano i piccoletti…

  • @Cily: è vero, il ginocchio della lavandaia! Tre Uomini In Barca è uno di quei libri in cui ciascuno ha il suo pezzo prediletto, vero?
    Ma d’altra parte, Jerome era un favoloso umorista proprio perché era un fine osservatore della natura umana, credo.

  • Consiglio vivamente “To say Nothing of the Dog”, di Connie Willis.
    Amazon te lo lascia a un centesimo usato, credo.
    Ed è molto interessante.

  • @Davide: oh dear. I must make it into a song: my temptation-resistance is nil/my temptation-resistance is naught… Già ordinato.

  • Ho letto la storia di Jerome da adolescente in una qualche riduzione; ricordo ancora la scena in cui tentano di aprire (senza successo) un barattolo di ananas, è incredibile quanto abbia riso per quella semplice scena raccontata però in modo magistrale.

  • @Luca: sì, JKJ sa “mungere” dalle scene più semplici tutto quel che si può.