Senza Errori di Stumpa

I Due Conti Pecorai

Ippolito Nievo oggi all’Accademia Virgiliana di Mantova. E qui devo confessare (cospargendomi di cenere il capo) di aver creduto a lungo che Nievo avesse scritto soltanto le Confessioni Di Un Italiano e il Novelliere Campagnuolo… Invece scopro oggi che esiste altro, tra cui Il Conte Pecoraio, romanzo d’ambiente contadino e d’ispirazione parzialmente manzoniana.

Una volta chiarito l’illuminante particolare che il protagonista eponimo e la di lui figliola Maria sono in realtà nobili decaduti da qualche generazione, una volta accennato che la trama è una storiellona d’ingiustizie, innocenza perduta, gente che legge i Promessi Sposi, coincidenze e voti, vengo all’aspetto che mi ha colpita di più nella relazione di Simone Casini, curatore dell’opera omnia. Si dà il caso che, oltre alla versione a stampa pubblicata nel 1857, del CP rimanga una prima stesura manoscritta, redatta a partire dal 1855. Ebbene, pare che la differenza tra le due sia abissale: la trama è modificata, ma la cosa più sorprendente è la metamorfosi del linguaggio.

Nel 1855, in una lettera, Nievo aveva dichiarato l’intenzione di scrivere “un romanzo semplice semplice”, poi evidentemente cambiò idea. Fossero i consigli dei colleghi scrittori (gente come Tenca e Fusinato…) a cui aveva mostrato la prima stesura, fosse qualche insoddisfazione nei confronti di una certa inconsistenza espressiva, fosse un’improvvisa folgorazione stilistica, qualcosa indusse il venticinquenne Ippolito a riprendere in mano il suo romanzo e riscriverlo puntigliosamente, frase per frase, quasi parola per parola, caricando il tutto “in senso aulico ed espressivo”.

Il risultato è stupefacente: un linguaggio dal registro indefinibile, affollato di impossibili toscanismi fianco a fianco con espressioni dialettali, calchi, echi dei Promessi Sposi (ma, badate bene, dell’edizione del 1827, pre-bucato in Arno), scelte lessicali eccentriche, costruzioni convolute e bizzarrie miste assortite – compresi i contadini friulani che parlano un Toscano tanto aulico da sembrare trecentesco… Quali che fossero le perplessità di Nievo sulla sua prima stesura, non si può certo dire che il linguaggio della seconda abbia giovato alla fortuna del Conte Pecoraio, la cui storia editoriale è singolarmente scarna.

Adesso esce, per l’appunto, pubblicato da Marsilio, e non esce una volta sola: tra qualche mese sarà la volta di un nuovo volume, dedicato alla prima stesura, quella manoscritta, quella “semplice semplice”, quella non ancora “rassettata”.

Non sono certissima che leggerei il Conte Pecoraio se ne esistesse soltanto la versione a stampa… forse potrei essere curiosa di dare un’occhiata al romanzo che ha preceduto le Confessioni, forse potrei voler leggere le scene quasi metaletterarie in cui Maria s’ispira o si paragona alla Lucia manzoniana, ma nulla di più. Le due versioni così disparate tra loro, però sono un cavallo di tutt’altro colore: una metamorfosi congelata nella carta anziché nell’ambra, una porta aperta sul modo in cui uno scrittore ripensa il suo libro parola per parola… come resistere all’opportunità di vedere il funzionamento di un meccanismo del genere? Personalmente so già che non resisterò affatto – non proverò nemmeno a resistere, che diamine!

Intanto, per chi si fosse incuriosito, qui c’è, insieme ad alcuni altri titoli, Il Conte Pecoraio (versione a stampa 1857) in PDF.

I Due Conti Pecoraiultima modifica: 2010-06-12T08:50:00+02:00da
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