E io rimugino, e vado a ripescare letture d’infanzia e bibliografie di vecchi progetti, e constato che in effetti c’è una certa quantità di narrativa storica per fanciulli a sfondo risorgimentale, romanzi e non romanzi che, a partire dal famigerato Cuore fino alla (in realtà limitata) recrudescenza anniversaria del 2011, si preoccupano di narrare ai pargoli l’intera epoca o un fatto particolare in termini accattivanti. E proprio questo è il punto – accattivanti: è evidentissimo che, nel corso degli anni, ciò che è cambiato è il concetto di quale particolare ingrediente dovesse rendere la storia appetibile per i lettori implumi.
Partiamo da De Amicis, che nel 1889 inserisce nella sua cronaca di un anno scolastico una serie di “racconti mensili”, storie edificanti da cui ci si aspetta che il fanciullo tragga esempio. Personalmente trovo che Cuore sia il genere di letteratura che andrebbe proibito ai diabetici per eccesso di zucchero – e davvero non lo consiglio alla prole di D. – ma non posso negare che le due figure risorgimentali presenti, il Tamburino Sardo e, ancor di più, la Piccola Vedetta Lombarda, siano entrati nell’immaginario popolare con la prepotenza dell’oleografia ben riuscita. O almeno ci erano entrati e ci sono saldamente rimasti per generazioni, incollati lì con il ricatto sentimental-emotivo, che in queste cose è molto più efficace del bostik. Si parla di ragazzini semplici e coraggiosi, vivaci, svegli, di buon cuore. Sono patriottici per sentimento e per istinto, perché sentono nel loro cuore che l’Italia è cosa buona e giusta. Vale la pena di lasciarci le penne anche a non sapere troppo bene che cosa sia.
Un po’ meglio va con Maria Rosaria Berardi che, nel 1968, pubblica Angelo Nero, altro romanzo milanese, ma ambientato nel 1820. Gabriele, piccolo spazzacamino giunto dal Lago di Como, mentre cerca notizie di suo padre si ritrova nel bel mezzo della cospirazione dei Federati di Confalonieri, Porro e compagnia. Diventerà la loro staffetta, ritroverà il babbo e tornerà a casa. Qui a essere bellissimi non sono tanto i bambini, quanto i cospiratori, presentati come esseri meravigliosi e nobilissimi, e se gli oppressori sono malvagi, c’è tuttavia tra loro qualche genere di distinzione. Ci sono guardie bonarie anche tra gli Austriaci, il padrone milanese di Gabriele è crudele senza essere un amico degli Austriaci, e il governatore Conte di Strassoldo è disgustato dai metodi dell’Attuario di Polizia Bolza. Tra l’altro, non tutto va a finire in gloria: Gabriele torna a casa maturato dalle sue avventure, e dalla consapevolezza che i suoi amici sono finiti per lo più in carcere.
Le cose paiono continuare ad evolversi con gli Anni Ottanta. I Cannoni di Venezia, di Lino Piccolboni, racconta l’assedio e la caduta di Venezia del 1849 in tono molto più disincantato. Vero, il protagonista Marco Oliboni è più adulto e più consapevole, ma l’autore non risparmia a lui e ai lettori nulla delle tragedie e delle amarezze della sconfitta. Marco parte per un’avventura e torna avendo visto cadere la città, morire il suo migliore amico e appassire molti ideali. Piccolboni canta con molto affetto l’eroismo dei Veneziani, dei Napoletani e dei Piemontesi che difendono una causa già perduta, ma non rifugge dalle realtà più dure della vicenda.
Qualche anno più tardi, Laura Guidi riprende essenzialmente la stessa storia in Venezia 1849, incentrando però la trama su due protagonisti dodicenni, il nobile Marco e il popolano Zuanin, che iniziano la loro avventura al servizio della Serenissima con l’incoscienza dell’infanzia, ma maturano di fronte al pericolo e alla sofferenza. Come Piccolboni, la Guidi scrive per i ragazzini delle scuole medie e, come lui, sembra avere cambiato radicalmente atteggiamento rispetto a una Olga Visentini: nessuno dei due cerca più di contrabbandare ai giovanissimi lettori il Risorgimento per la favola che non fu.
Insomma, non è che non si trovino buoni libri in materia, ma bisogna cercare con cura, in uno slalom faticoso tra retorica, zucchero, melassa e anacronismi psicologici. E non sono affatto sicura che le buone intenzioni degli Anni Ottanta siano state raccolte in tempi più recenti, alas.