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Apr 17, 2017 - Poesia    Commenti disabilitati su Alexandros

Alexandros

Head ofE siccome è festa, oggi poesia, o Lettori. Ed è molto ma molto Pascoli, e quindi in teoria non dovrebbe essere il mio genere – ma che posso dire? ha qualcosa… qualcosa. Fu una piccola folgorazione quando la scoprii privatamente sul tomo di Letteratura in IV Ginnasio. Una folgorazione che imparai a memoria per conto mio, e che dopo quasi tra decenni ricordo ancora, e ancora s’intrufola – a scampoi e a luccichii – in occasioni inaspettate. Si capisce: il fatto che vi si parli di storia e di rimpianti aiuta…

Oh, Clarina, che cosa allegra da propinare al prossimo il Lunedì dell’Angelo, quando si dovrebbe pensare alle scampagnate, alle quiches agli asparagi, alle biciclette e a pomeriggi di letture vacanziere! E insomma, invece oggi va così. Vi accontentate, o Lettori, degli auguri e di una poesia piuttosto blu?

I

 – Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!

Non altra terra se non là, nell’aria,

quella che in mezzo del brocchier vi brilla,

 o Pezetèri: errante e solitaria

terra, inaccessa. Dall’ultima sponda

vedete là, mistofori di Caria,

 l’ultimo fiume Oceano senz’onda.

O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,

ecco, la terra sfuma e si profonda

 dentro la notte fulgida del cielo.

   

II

 Fiumane che passai! voi la foresta

immota nella chiara acqua portate,

portate il cupo mormorìo, che resta.

 Montagne che varcai! dopo varcate,

sì grande spazio di su voi non pare,

che maggior prima non lo invidïate.

 Azzurri, come il cielo, come il mare,

o monti! o fiumi! era miglior pensiero

ristare, non guardare oltre, sognare:

 il sogno è l’infinita ombra del Vero.

 

III

 Oh! più felice, quanto più cammino

m’era d’innanzi; quanto più cimenti,

quanto più dubbi, quanto più destino!

 Ad Isso, quando divampava ai vènti

notturno il campo, con le mille schiere,

e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.

 A Pella! quando nelle lunghe sere

inseguivamo, o mio Capo di toro,

il sole; il sole che tra selve nere,

sempre più lungi, ardea come un tesoro.

 

IV

 Figlio d’Amynta! io non sapea di meta

allor che mossi. Un nomo di tra le are

intonava Timotheo, l’auleta:

 soffio possente d’un fatale andare,

oltre la morte; e m’è nel cuor, presente

come in conchiglia murmure di mare.

O squillo acuto, o spirito possente,

che passi in alto e gridi, che ti segua!

ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…

e il canto passa ed oltre noi dilegua. –

 

V

 E così, piange, poi che giunse anelo:

piange dall’occhio nero come morte;

piange dall’occhio azzurro come cielo.

Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)

nell’occhio nero lo sperar, più vano;

nell’occhio azzurro il desiar, più forte.

Egli ode belve fremere lontano,

egli ode forze incognite, incessanti,

passargli a fronte nell’immenso piano,

come trotto di mandre d’elefanti.

 

 VI

 In tanto nell’Epiro aspra e montana

filano le sue vergini sorelle

pel dolce Assente la milesia lana.

A tarda notte, tra le industri ancelle,

torcono il fuso con le ceree dita;

e il vento passa e passano le stelle.

Olympiàs in un sogno smarrita

ascolta il lungo favellìo d’un fonte,

ascolta nella cava ombra infinita

le grandi quercie bisbigliar sul monte.

 

Di Filosofi e di Condottieri

Dopo questo concerto ho cominciato a vedere genealogie ideali ovunque – successioni di varia natura che sviluppano idee o forme artistiche attraverso i secoli.

Questa volta, anziché di arte, parliamo di filosofia con risvolti politici, coprendo una fetta di storia e pensiero greci dal principio del V Secolo fin verso la fine del IV.

Socrate.jpgCominciamo da Socrate che, tra un simposio e l’altro, elabora non solo idee, ma un metodo di pensiero, una logica dei problemi che, sotto l’apparenza svagata e conversevole, è destinata a diventare la base del modo di pensare occidentale. In realtà forse la maieutica non era così rivoluzionaria in sé, ma nessuno prima ne aveva davvero analizzato il meccanismo. E’ sempre sconcertante scoprire la ferrea disciplina che governa quelle pratiche apparentemente spontanee – e di conseguenza il modo in cui quella disciplina può essere usata. O manipolata. Non a caso, Socrate beve la cicuta fatale perché Atene lo considera un empio e un corruttore della gioventù.Platone.jpg

Segue il suo allievo Platone, che mette per iscritto e sistematizza in forma dialogica il pensiero di Socrate, e poi procede per conto suo a svilupparne i principi in varie direzioni. Platone non è un personaggio pittoresco ed allarmante come Socrate: è di buona famiglia, di molti talenti (oltre che filosofo, i biografi lo vogliono soldato, pittore, poeta, atleta e matematico, secondo un ideale molto greco), e la sua Accademia, dove s’impara discutendo, è considerata un’istituzione non solo perfettamente rispettabile, ma prestigiosa.

Aristotele.jpgTra i suoi allievi si distingue Aristotele, che sviluppa metodo e pensiero a gradi di raffinatezza estrema, e li applica ad ogni possibile campo dello scibile, dall’etica all’astronomia, dalla letteratura alla scienza della conoscenza. Anche lui fonda una scuola in cui si passeggia e si discute, e il suo prestigio è tale da farne il precettore ideale per un figlio di re.

L’ultimo rampollo di questa discendenza lo trovo proprio nel Grande Alessandro, che assorbì per un paio d’anni le teorie di Aristotele e poi traghettò il mondo greco dall’Età Classica all’Ellenismo, camminando sui cocci della vecchia città-stato verso l’idea imperiale e aprendo il mondo verso Oriente. Ad Aristotele non poteva piacere troppo la politica di Alessandro, ma la progressione verso Est della piccola e rude Macedonia, e il suo germogliare in imperi al contatto con altre civiltà più sofisticate, conservano – o almeno a me pare – un andamento logico per botte e risposte, azioni e reazioni e domande, infinite domande in cerca di risposta. Non amo alla follia Pascoli, ma il suo Alexandros, che piange davanti al “Fine, l’Oceano, il Niente”, e rimpiange i giorni in cui aveva ancora spazio per la sua Cerca, mi sembra rappresentare bene l’aspetto filosofico della faccenda – e il dramma di una mente cercatrice giunta al confine delle sue possibilità. AristoteleAlessandro.jpgWhy, persino la parabola biografica di Alessandro segue un arco narrativo degno della Poetica di Aristotele.

Insomma, nel giro di due secoli scarsi, l’onda lunga (e indiretta, se vogliamo) della maieutica di Socrate ha finito col portare alla luce un mondo nuovo – quello ellenistico. Potrei ancora notare che mentre l’Atene repubblicana comminava la cicuta a Socrate per le sue idee empie e corruttrici, Alessandro si liberava di Parmenione per la sua avversione ad abbandonare il vecchio ethos greco. Potrei ricordare il Robespierre che cita Platone per giustificare la condanna a morte di Chenier: “Anche Platone bandiva i poeti dalla sua Repubblica”. E potrei finire con Napoleone, cui pareva che Alessandro avesse fatto un gran bene a liberarsi dello stupido e immobilista Parmenione.

Discorsi da romanzieri, lo so, non da filosofi. Ma ai romanzieri piace tanto guardare il propagarsi delle onde lungo le generazioni, i secoli e i millenni.