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Mag 11, 2015 - grilloleggente    Commenti disabilitati su Dieci Gatti Di Carta

Dieci Gatti Di Carta

gatti, libri, edgar allan poe, shakespeare, lewis carrolDomani sera c’è l’appuntamento mensile con Ad Alta Voce. Il tema è destinato ad essere il primo di una serie: Bestiario – cominciamo dai Gatti. Col tempo ci sarà altra gente di questo genere, ma i gatti…

1) I gatti in tempi remoti sono stati divinità – e non se ne sono mai dimenticati del tutto.

2) I gatti si trovano sempre dal lato sbagliato della porta.

3) I gatti sono creature molto oblique – vi consentono di credervi il padrone di casa, a patto che di mostrarvi occasionalmente consapevoli che non è affatto così.

4) I gatti vedono al buio, hanno tre nomi, raggiungono acuti astronomici e c’erano quando i Faraoni commissionarono la Sfinge (a sentire T.S. Eliot).

5) I gatti consentono il brivido di tenere una tigre in casa, con conseguenze un po’ (ma solo un po’) meno cruente.

6) I gatti sono molto, molto, molto più maliziosi di quanto possa mai esserlo un cane (a sentire la mia mamma).

7) Ai gatti le intenzioni altrui interessano molto relativamente.

8) I gatti sono maestri sopraffini di ricatto morale, ritirata sull’Aventino, espressione supplichevole, dispetto mirato, gratificazione imprevista ed altre tecniche di manipolazione del prossimo, particolarmente il prossimo a due zampe.

9) I gatti sono ineffabilmente determinati – se li cacciate dalla poltrona quarantasei volte, tornano a salirci una quarantasettesima.

10) I gatti possiedono un serio talento per il disastro su larga scala.

E soprattutto, la letteratura è piena di gatti – questi affascinanti, insopportabili, adorabili animali che si rifiutano sdegnosamente di avere un padrone ma, quando ci comportiamo bene (oppure no: nulla è più imperscrutabile del whim di un gatto…) si degnano di considerarci di loro proprietà. Gatti veri e propri, gatti simbolici, gatti metaforici, gatti parodistici, gatti demoniaci, gatti comici, gatti terribili, gatti antropomorfi, gatti magici – ce n’è per tutti i gusti perché l’animale è complesso, pieno di personalità e si presta a tutta una serie di variazioni narrative e meccanismi letterari.

Cover of "Old Possum's Book of Practical ...Se dovessi elencare i miei gatti letterari preferiti sarei in seria difficoltà, per cui considerate l’elenco che segue una lista informale, in ordine sparso e senza pretese di completezza.

* Old Deuteronomy e compagnia, da Old Possum’s Book Of Practical Cats, di T.S. Eliot. Una collezione di felini pantofolai, pirati, teatranti, ferrovieri o buongustai che contemplano il loro ineffabile nome segreto, distruggono vasi Ming e si fanno i fatti loro – in poesia. Dall’affettuosamente realistico al nonsense sublime.

* Grey-Malkin, il gatto delle streghe nel Macbeth di Shakespeare. Non che veniamo a sapere granché di lui, ma che diamine: è in Shakespeare. Basta e avanza.

* Il Gatto del Cheshire – l’originale delle Avventure di Alice. Inaffidabile, sogghignante, enorme, incline ad elargire improbabili perle di saggezza e informazioni tendenziose, probabilmente anche pericoloso. Ma come resistere a un gattone che scompare lasciandosi dietro un sogghigno sospeso a mezz’aria*?

*Il Gatto del Cheshire II – il bibliotecario del Mondo dei Libri nei romanzi di Jasper fforde: idem come sopra e  in più soffice, compagnone e di buon appetito, ma estremamente capace al bisogno.

* Pluto, il Gatto Nero dell’inquietante storia omonima di Edgar Allan Poe. Di sicuro non era ispirato a Catterina (sic), l’adorabile gatta nera della famiglia Poe, compagna inseparabile della sua padrona malata.

* Il Gatto Con Gli Stivali, eroe eponimo della favola. Se non fosse stato per lui, altro che Marchese di Carabas!

English: Edward Lear, illustration for "T...* The Pussycat in The Owl And The Pussycat, di Edward Lear: la deliziosa Micina che fugge in barca con il Gufo per sposarlo su un’isola deserta. Però, se mentre fuggono, il Gufo canta serenate, chi è che rema?

* Il Gatto Che Camminava Da Solo, nelle Storie Proprio Così di Kipling** – ovvero come fu che l’uomo riuscì ad addomesticare tutti gli animali tranne il gatto…

* Behemot, che non è un bravo gatto, essendo uno dei demoni de Il Maestro e Margherita di Bulgakov.

* Tibert, gatto astuto e degno rivale del protagonista nel Roman de Renart.

E mi fermo qui per via del titolo, ma ce ne sono a iosa, perché sono molti gli scrittori che hanno ceduto al fascino narrativo dei felini. E chiunque abbia o abbia avuto un gatto capisce subito se anche lo scrittore ha avuto a che fare con felini in carne ed ossa prima di scriverne, perché i gatti sono come certe eccentriche parenti anziane: bisogna averne una per rendersi conto che certe descrizioni non sono affatto iperboli letterarie…

E voi? Quali sono i vostri gatti di carta preferiti? Se siete da queste parti, venite a leggerli con noi domani sera, alle nove della sera, alla Biblioteca Zamboni di Roncoferraro.

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* Per la cronaca: Lewis Carrol creò il suo felino a partire dall’espressione to grin like a Cheshire Cat (sogghignare come un gatto del Cheshire), vecchia come le colline – o almeno quanto il consueto Shakespeare. Dove originasse è uno di quei misteri della lingua Inglese.

** Ad onta del nome il Gatto Maltese – altra storia di Kipling – non è affatto un gatto, ma un cavallo. Un pony da polo, per la precisione. Va’ a fidarti degli scrittori.

 

 

 

Ott 8, 2009 - grilloleggente    3 Comments

Fenomenologia dello Sbregaverze

300px-Merton_College_library_hall.jpgUna delle meraviglie dello scrivere narrativa a sfondo storico, è andarsi a pescare un personaggio minore, minorissimo, e farne il nostro protagonista. Si può fare tutt’altro, si può incentrare tutto sulla figura di primo piano (Idi di Marzo di Thornton Wilder ha per eroe Giulio Cesare, Memorie di Adriano della Yourcenar e Io, Claudio di Robert Graves hanno titoli autoevidenti, come pure La Regina Margot di Dumas); oppure si può scegliere un personaggio fittizio e piazzarlo in mezzo a eventi e/o personaggi storici (I Promessi Sposi, per citare un esempio eclatante, ma anche Barnaby Rudge di Dickens, Guerra e Pace di Tolstoj, La Guardia Bianca di Bulgakov…). Entrambe le possibilità hanno dato origine a capolavori ed orroretti, entrambe si prestano a variazioni interessanti, ma non divaghiamo.

La terza via è quella di cui si diceva prima: personaggio minore. Il personaggio minore ha tutta una serie di pregi, in genere. Si sa che è esistito, si sa che ha avuto un ruolo preciso, magari si sa qualcosa dei suoi spostamenti, contatti, vita, morte e miracoli. Molto più facile da situare di un personaggio fittizio… Perché diciamocelo: mettere un segretario/amico/scudiero/seguace/confessore/domestico/fratello illegittimo fittizio al fianco, diciamo, di Lorenzo de’ Medici, offre senz’altro all’autore un favoloso punto di vista sulla congiura dei Pazzi, ma al tempo stesso stiracchia non poco la sospensione dell’incredulità del lettore. Ma se invece il nostro segretario/amico/scudiero/seguace/confessore/domestico fosse esistito veramente, magari citato di straforo in una fonte o due, se sapessimo di lui soltanto che era al posto giusto in una o due occasioni e che aveva un braccio offeso da una caduta da cavallo, avremmo il nostro personaggio, un abbozzo di carattere e tutto lo spazio di manovra che si può desiderare…

E’ così che sono nati parecchi memorabili personaggi letterari. Sto pensando agli esempi da elencare e, per qualche motivo, tutti quelli che mi vengono in mente ricadono sotto una categoria particolare, una categoria del tutto personale, quella dello Sbregaverze.

Piccola precisazione semantica: sbregaverze, purtroppo, non è Italiano. E’ l’italianizzazione di una parola mantovana, composto del verbo sbregare (dialettale per lacerare, rompere, di origine germanica, dice il Dizionario Treccani) e di… be’, tutti sappiamo cosa sia una verza, credo. Dico “purtroppo” perché trovo che sia una parola meravigliosamente espressiva. Se il senso è affine a “rodomonte”, “spaccamonti”, “sbruffone”, “fanfarone”, o “gradasso”, bisogna però ammettere che l’immagine di qualcuno che, per tutta dimostrazione di possanza, spacca delle verze, è meravigliosa.

Non so se abbiate mai provato ad accoltellare una verza… Io sì: certe volte è più facile, certe volte meno, ma in tutti i casi fa un gran rumore.

Ecco, a casa mia il termine Sbregaverze (con la S rigorosamente maiuscola) è scivolato a indicare una certa categoria di personaggi letterari caratterizzati appena sopra le righe, fiammeggianti, barocchi nella costruzione, nelle avventure, nel modo in cui si presentano e parlano di sé. Di sicuro non è dispregiativo e non implica nulla di male sull’efficacia, sull’appeal o sul carattere morale dei personaggi stessi…

Ne ho in mente un certo numero: D’Artagnan e i suoi amici, Cyrano de Bergerac, Alan Breck Stewart, l’Ammirabile Critonio, Madame Sans-Gène, Henry Morgan… tutti esistiti realmente, tutti figure minori del loro tempo, tutti abbondantemente ritoccati dai loro autori a fini narrativi, tutti flamboyants, almeno nella loro versione letteraria. E ciascuno di loro rappresenta una sfaccettatura particolare del genere Sbregaverze.

Sono personaggini, è vero, gente di non troppo conto al loro tempo, cui qualcuno in un altro secolo ha tentato di regalare, con esiti di varia natura, una fettina d’immortalità per iscritto. Comincio a credere che dedicherò un post a ciascuno di loro… Oh, sì! Una galleria di Sbregaverze a seguire…