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Mag 29, 2017 - grilloleggente    6 Comments

E Come Va A Finire? (Spoilers Ahead)

spoiler-4e440ba-intro-thumb-640xauto-24554.pngOra, cominciamo col dire che con aNobii ho avuto, a suo tempo, una breve relazione – e poi ho smesso, perché ho deciso che il tempo passato su aNobii era tempo sottratto alla lettura.  Però ho fatto in tempo, nel mio periodo di zelo, a scrivere qualche recensione – tra cui una del Gattopardo. E una signora commentò la mia recensione protestando severamente contro lo spoiler non segnalato.

E sapete perché?* Perché la recensione accennava alla principessina Concetta “sconfitta e altera”. O almeno immagino che quella fosse la ragione, perché non c’era altro che potesse qualificarsi come spoiler. E confesso che la cosa mi aveva divertita molto: come se si leggesse Il Gattopardo per sapere come va a finire Concetta…

Ma evidentemente sì: c’è chi lo legge per sapere come va a finire, e io sono una snob e non dovrei sogghignare su quella che in fondo è un’esigenza tutto sommato legittima e certamente diffusa. In fondo basta gettare l’occhio più distratto a qualsiasi sito di recensioni per vedere che la pratica di indicare preventivamente gli spoilers è universale. Persino quella scanzonata miniera narratologica che è TVtropes**, pur irriverente come pochi nei confronti delle aspettative del lettore/spettatore, ha un sistema anti-spoiler, che consente di calare tendine bianche su tutto ciò che possa qualificarsi come tale. Potrei dire per inciso che lo trovo irritante oltre ogni dire, il sistema anti-spoiler, perché si attiva per default ogni volta che manco per un po’ dal sito, e non mi ricordo mai dove devo andare per toglierla di mezzo. E potrei anche dire che non capisco fino in fondo il gusto o lo scopo di leggere decostruzione narrativa sbianchettata come una lettera dal fronte, ma tant’è: una volta di più, si vede che l’esigenza è diffusa – o i Tropers non ci si sarebbero disperati, direi.

Per quanto mi riguarda, non rimprovererò mai nessuno per avermi spoiled una storia. Oddìo, forse sì, in caso di gialli, perché sapere chi è l’assassino toglie un certo qual gusto alla lettura di un libro costruito attorno alla domanda “Chi Sarà Mai l’Assassino?” Eppure confesso di avere riletto un buon numero di gialli di Agatha Christie per il gusto delle sue descrizioni della vita inglese, e per studiare il modo in cui Aunt Agatha costruisce i suoi meccanismi. Ma forse non faccio testo, perché sono una rilettrice compulsiva, perché smontare i meccanismi delle storie è una delle gioie della mia vita, e perché otto volte su dieci scrivo a partire dal finale. Detto questo, ammetto che ci sono storie in cui la sorpresa finale è stata concepita dall’autore come sorpresa finale, e quindi potrebbe non essere una cattiva cosa leggerle almeno una volta secondo le intenzioni di chi le ha scritte…

Poi c’è la mia amica F. che sistematicamente legge per prima cosa le ultime cinque o sei pagine, così poi è “libera di apprezzare il libro senza l’ossessione di scoprire come va a finire.” E anche questa è una teoria. Vastamente condivisa, tra l’altro, e forse anche scientificamente fondata: in questo post, Jonah Lehrer – che legge con lo stesso metodo di F. – racconta di essersi sentito un lettore squadrellato finché non si è imbattuto in uno studio della University of California in materia. Due ricercatori hanno fatto leggere alle loro cavie una dozzina di racconti di vario genere – compresi quattro piccoli gialli – svelando in anticipo il finale a una parte dei lettori e registrando il gradimento di ciascuna storia. E, sorpresa sorpresa, undici storie su dodici (compresi i gialli – l’eccezione è Cechov) sono piaciute di più a chi sapeva in anticipo come sarebbe andata a finire.

Che se ne deduce? Che F. non ha poi tutti i torti. Che il finale a sorpresa è sopravvalutato. Lehrer individua due meccanismi diversi: da un lato la predilezione della mente umana per la rassicurante prevedibilità rispetto alle sorprese, dall’altro il fatto che conoscere il finale rende ancora più interessante la scoperta di come al finale si arrivi.
In effetti molta letteratura di genere poggia saldamente su schemi prevedibili: l’assassino verrà smascherato, l’eroina convolerà a giuste nozze con l’uomo del suo cuore, l’Eletto salverà il mondo dal potentissimo malvagio di turno, il cowboy con il cappello bianco cavalcherà vittorioso verso il tramonto… Un sovvertimento troppo audace è il genere di mossa che può rovinare una carriera – o un matrimonio, a giudicare dalle vicende del Capitan Fracassa e della strettamente evitata crisi coniugale in casa Gautier.***

D’altro canto, invece, un minacciato sovvertimento funziona alla meraviglia: una tecnica narrativa viepiù diffusa è quella di cominciare con un flashforward del Nostro Eroe più o meno letteralmente appeso per i polpastrelli a ciò che resta di un ponte in fiamme, e poi lasciarlo lì per tornare a due settimane prima, quando il Nostro Eroe stava bevendo il tè con la moglie e i tre figli nel giardino della sua magione di campagna nello Shropshire. Ma badate bene, è un sovvertimento solo apparente, perché la domanda di fondo a questo punto diventa non tanto Il Nostro Eroe Se La Caverà? bensì Come È Arrivato Il Nostro Eroe Dallo Shropshire Al Ponte In Fiamme? E il fascino della storia continua a poggiare sull’implicita certezza che il Nostro Eroe se la caverà eccome, seppure all’undicesimissima ora.

Ma alla fin fine****, resta il fatto che l’ossessione per gli spoilers c’è, e resta la deliziosa ansia di non sapere quello che succederà, e resta il gusto dell’umanità per le sorprese e gli indovinelli, e resta anche la soddisfazione che gli scrittori provano nel congegnare sviluppi imprevisti e imprevedibili, per cui la varietà è probabilmente la chiave della faccenda: dal lato del lettore, ciascuno può avere con i finali il rapporto che preferisce, mentre dal lato dello scrittore, è proprio la diffusione del finale canonico a dar sale al finale imprevisto.

E voi, o Lettori? L’ultima pagina prima di tutto o la lenta scoperta? E avete mai staccato la testa a morsi a qualcuno che vi aveva anticipato un finale?

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* Oh, e naturalmente fermatevi qui, se non volete ritrovarvi con Il Gattopardo spoiled.

** E per chi ha sempre creduto di non poter godere di TVtropes per barriere linguistiche, scopro stamattina che ne esiste una versione italiana.

*** Hm… storia interessante anche questa. Ne parleremo in un altro post, eh?

**** So very apt, isn’t it?

Ott 7, 2010 - bizzarrie letterarie    5 Comments

Ricette Letterarie

bMi è capitata sotto il mouse questa ricetta del timballo di maccheroni descritto ne Il Gattopardo. Da un quaderno della mia bisnonna deduco che a casa mia un tempo se ne facesse una versione differente – senza crema, per esempio, e quindi senza profumo di zucchero e cannella al rompersi della crosta d’oro brunito. Crema o no, ad ogni modo, quella di Tomasi di Lampedusa è una delle descrizioni gastronomiche più allettanti dell’intera letteratura. Ogni tanto mi riprometto di sperimentare, ma temo che la crema abbinata a fegatini e tartufo ecceda la mia audacia culinaria, e d’altronde, la ricetta della mia bisnonna è così diabolicamente complicata che, in tutta probabilità, continuerò a ripromettermi di sperimentare in saecula saeculorum.

Tempo fa, mia madre aveva invece riprodotto con un certo successo il prosciutto arrosto con gli scalogni dei Buddenbrook, ed era una delizia – in sostanza un arrosto di maiale in una salsa di cipollotti molto delicata. Era un periodo così: avevo quattordici o quindici anni, e la mattina facevamo colazione con tè (non di tiglio) e madeleines, à la Proust.

Un’altra ricetta che un giorno o l’altro proverò è la carpa alla birra, la cui preparazione è descritta in minuzioso dettaglio in Bella Vita e Guerre Altrui di Mr. Pyle, Gentiluomo, di Alessandro Barbero. Il particolare di intestini e sangue messi a marinare nella birra mi allarma un po’ – e può darsi che ometterò questo passaggio, ma staremo a vedere.

I tramezzini al cetriolo che Algernon fa preparare per Lady Bracknell ne L’Importanza di Chiamarsi Ernesto, invece, li csho assaggiati più di una volta. E’ praticamente impossibile soggiornare nelle isole britanniche per un periodo protratto senza assaggiarli – in alternativa a quelli con il crescione e le uova sode. Insieme ai cetrioli può esserci del tonno sott’olio sminuzzato, ma non credo che quello figurasse nel tè di Algy Moncrieff – d’altra parte non credo che faccia una gran differenza per Lady Bracknell, visto che Algy mangia tutti i tramezzini prima del suo arrivo…

A causa d’influenze dickensiane (oltre che per anglomania famigliare congenita), il Christmas Pudding è diventato uno dei dolci natalizi di casa mia, insieme al panettone e ai lebkuchen, deliziosi biscotti tedeschi fatti con le spezie e la melassa. Il pudding è arrivato per qualche anno da Londra, adesso lo facciamo in casa la prima domenica d’Avvento, secondo una ricetta ottocentesca che misura gli ingredienti in once. Parte del divertimento consiste nel convertire le quantità…

Qualcosa che non cucinerò mai è lo haggis, tanto poeticamente cantato da Robert Burns – e nemmeno lo assaggerò più, adesso che so cosa è: un pasticcio di interiora di pecora macinate e cotte all’interno di uno stomaco di pecora. Assaggiato all’Edinburgh Fringe Festival tanti anni fa, col tradizionale contorno di rape e patate in purea… come dire? E’ una di quelle cose come il black pudding, che assaggi perché se ne parla in tanti libri, e lo trovi anche buono, fino a che non scopri che è sanguinaccio.

breadIn Alice nel Paese delle Meraviglie, il Tricheco e il Carpentiere disquisiscono lungamente sul modo migliore per cucinare le ostriche (dopo averle convinte ad avventurarsi in conversazione e passeggiata con gli estranei), e concludono che non c’è nulla di meglio di ostriche crude con una vinaigrette di olio e limone, accompagnate con fettine di pane tostato.

E credo che finirò con una cosa che solo Rex Stout poteva mettere nella padella di Nero Wolfe, il quale evidentemente non spendeva troppi pensieri sul suo colesterolo: pane fritto nel burro di acciughe. A sentire Archie Goodwin, Fritz (lo chef tedesco di Wolfe) prima mescolava burro, cognac, prezzemolo tritato e filetti d’acciuga sminuzzati, e poi usava il miscuglio per friggerci dentro i triangolini di pane…  

 

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