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Ago 4, 2017 - guardando la storia, Lingue    Commenti disabilitati su Di Nomi, D’Estate E Di Discendenze Imperiali

Di Nomi, D’Estate E Di Discendenze Imperiali

agosto,augusto,lingue,impero romano,impero britannicoMentre non guardavo, mentre ero immersa nella frenetica preparazione di Shakespeare in Words, Agosto è piombato su di me a tradimento…

Vogliamo parlarne, di agosto?

Agosto è nato sesto mese – Sextilis – poi diventato ottavo, poi ha preso il suo nome da Augusto, che se lo scelse come mese celebrativo.

Avete idea di quante lingue abbiano conservato o assorbito almeno una traccia, un’eco o una radichetta del nome latino? E ovviamente non sto parlando soltanto di lingue neolatine – o non varrebbe la pena di menzionare la faccenda. State a sentire:

In Afrikaans si dice augustus

In Albanese Gusht

In Arabo, accanto ad altre forme, أغسطس, che si trascrive ʾUġusṭuṣ

In Azero Avqust.

In Basco Abuztua.

In Bosniaco Avgust.

In Bulgaro Август che, sulla base della mia limitata conoscenza del Cirillico, si trascrive Avgust.

In Catalano agost

In Cingalese අගෝස්තු (agostu)

In Danese August

In Dhivehi (che è la lingua parlata alle Maldive) Augastu

In Olandese augustus

In Estone august

In Filippino agosto

In Francese août

In Galiziano Agosto

In Georgiano Agvist’os

In Tedesco August

In Greco Αύγουστος (Avgoustos)

In Ebraico Ogust – e il mese parallelo nel calendario ebraico si chiama Av (אב)

In Ungherese augusztus

In Islandese Ágúst

In Indonesiano Agustus

In Italiano, ovviamente, agosto

In Lettone Augusts

In Lituano rugpjūtis

In Malese Ogos

In Maltese Awissu

In Persiano اوت و آگوست (Agust)

In Portoghese agosto

In Rumeno august

In Russo, come in Bulgaro, авгуcт, ovvero avgust

In Samoano aukuso

In Serbo di nuovo авгуcт (avgust)

In Sloveno Avgust.

In Spagnolo agosto

In Swahili Agosti

In Svedese augusti

In Turco Ağustos

In Gallese Awst

Dove non sono arrivati né l’Impero Romano né Cirillo&Metodio, apparentemente, è arrivato l’Impero Britannico, in quella che mi piace considerare un’ulteriore stampella a supporto della mia pet theory secondo cui gli Inglesi sono stati i Romani del mondo moderno, conquistando mezzo mondo e lasciandoci la loro lingua, i loro ponti e le loro leggi ben dopo che se n’erano andati. E questo piccolo elemento di continuità mi piace assai.

Mi pare che fosse Kipling a dire che un impero si estende fin dove arriva la forza delle sue parole. Di sicuro, un impero, nel defluire lascia molte pietruzze ben piantate nel terreno.

Buon agosto a tutti.

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Feb 25, 2015 - Kipling Year    2 Comments

Racconti Semplici Delle Colline

RSdCE cominciamo con il dire che il titolo originale, Plain Tales from the Hills, funziona meglio – non foss’altro che per il pun tra plain/semplice e plain/pianura…

Oh well, in qualunque lingua li si guardi, si tratta della prima raccolta in volume di Kipling, quaranta racconti di vita angloindiana, in buona parte apparsi originariamente sulla Civil & Military Gazette di Lahore, quando l’autore aveva vent’anni o poco più – e nondimeno era già un piccolo veterano.

Per accostarsi a Kipling al di là del Libro della Jungla, questa raccolta è un buon inizio, per tutta una serie di ragioni. Per esempio, l’India. Benché sia solo febbraio, abbiamo già avuto modo di dolerci più di una volta dell’ingiustificata nomea di razzista che l’Italia ha affibbiato al povero Kipling. Ebbene, in questi racconti si vede tutta un’altra storia. Si vede il ragazzo che in India ci è nato, che ne ha sentito ferocemente la mancanza mentre riceveva un’educazione in Inghilterra, che ci è tornato al primo momento utile, che la ama, che la capisce, che ne è infinitamente curioso, che ne vede e indaga la varietà nel bene e nel male. C’è tutto un campionario umano, nei Plain Tales – un campionario angloindiano che va dal soldato semplice al portatore d’acqua indigeno, dal governatore locale alla vedova quindicenne, dai tenentini negli avamposti più dispersi, alle arbitre sociali di Simla, dai bambini che parlano un angloindiano tutto loro al segnalatore indigeno del telegrafo che salva la giornata… E tutti sono ritratti con equanime vividezza, comprensione e finezza.

Poi c’è la varietà dei toni – una caratteristica fondamentale e, a mio timido avviso, incantevole delle raccolte di Kipling. Qui si tratta di lavori giovanili, ancora pervasi da un ottimismo generale. Questo Kipling ha ancora fede nell’Impero e nell’umanità in generale – una fede tutto sommato sorridente. Il che tuttavia non impedisce l’occasionale dose di amarezza e persino di tragedia, proprio perché non siamo di fronte a un celebratore acritico dell’Impero. L’Impero – e, ancor di più, la gente dell’Impero – fa cose stupide, cose crudeli, cose tragiche. La burocrazia è ottusa, i pregiudizi radicati, gli errori all’ordine del giorno – ed è proprio questo che Kipling racconta. Non l’avventura – ma gli intoppi, la fatica, la buona fede, le incomprensioni, la nostalgia, il duro lavoro, i molti modi in cui la Britannicità si adatta all’India – molto più che viceversa. E nonostante la relativa uniformità d’ambientazione, tutto questo è raccontato con una varietà di toni e di colori sorprendente: diventerà sempre più evidente nelle raccolte successive, ma già qui, ogni volta che si inizia un racconto, non si sa mai che cosa aspettarsi, e ogni volta che se ne finisce uno, non si sa mai che cosa verrà dopo. Si sospira per la crudeltà benintenzionata inflitta a Lispeth, si ride per la rivincita del Lombrico o le disavventure dell’elegante Goolightly, si piange per la povera Bisesa o Muhammad Din…PTftH

Per di più, Plain Tales è una delle non tantissime raccolte che siano state tradotte e pubblicate per intero – disposta così come era organizzata in origine, conservando questa varietà deliberata – che invece va, alas, perduta nelle antologie kiplingiane di storie di fantasmi, storie di mare o whatnot, raccolte di qua e di là, e messe insieme con un criterio tematico che tradisce l’autore.

E infine, è in queste storie che s’incontrano per la prima volta personaggi destinati ad accompagnare Kipling per tutta la sua vita di narratore: gli impagabili moschettieri Otheris, Mulvaney e Learoyd, la terribile Mrs. Hauksbee, Strickland il poliziotto degli incontri sinistri, varia gente che finirà col popolare Kim…

Insomma, ricapitolando: una buona porta d’ingresso per cominciare a vedere un Kipling diverso. Vi consiglierei di provare con l’originale – tenendo conto che Kipling gioca sempre molto di mimesi linguistica, e non è sempre facile stargli dietro, soprattutto nella parlata da caserma dei Tre Soldati… Magari, se non ve la sentite, potete provare in Italiano (l’edizione 1995, tradotta da Gibellini e Francesio, si trova in biblioteca oppure su Amazon in formato ebook o cartaceo) e poi cercare i racconti che vi sono piaciuti di più in originale…

Fatemi sapere, volete?

 

Ago 11, 2011 - grillopensante, Londra, Poesia    Commenti disabilitati su Recessional

Recessional

Questo non è proprio un post. E’ una segnalazione legata a una serie di riflessioni scambiate con M.B. a proposito di quel che succede in Inghilterra in questi giorni.

Kipling scrisse questa poesia nel 1897 e la intitolò Recessional – la parola che, nella liturgia anglicana, indica il canto che accompagna l’uscita solenne del celebrante al termine del rito. Uno strano, triste, profetico dono per il Giubileo di una regina al colmo della sua gloria…

Recessional

God of our fathers, known of old—
Lord of our far-flung battle line—
Beneath whose awful hand we hold
Dominion over palm and pine—
Lord God of Hosts, be with us yet,
Lest we forget—lest we forget!

The tumult and the shouting dies—
The Captains and the Kings depart—
Still stands Thine ancient sacrifice,
An humble and a contrite heart.
Lord God of Hosts, be with us yet,
Lest we forget—lest we forget!

Far-called our navies melt away—
On dune and headland sinks the fire—
Lo, all our pomp of yesterday
Is one with Nineveh and Tyre!
Judge of the Nations, spare us yet,
Lest we forget—lest we forget!

If, drunk with sight of power, we loose
Wild tongues that have not Thee in awe—
Such boastings as the Gentiles use,
Or lesser breeds without the Law—
Lord God of Hosts, be with us yet,
Lest we forget—lest we forget!

For heathen heart that puts her trust
In reeking tube and iron shard—
All valiant dust that builds on dust,
And guarding calls not Thee to guard.
For frantic boast and foolish word,
Thy Mercy on Thy People, Lord!
Amen.