Libri Che Non Ci Sono I

Di Libri Che Non Ci Sono ne esistono parecchi tipi – uno tra tutti sono i libri fittizi citati in altri libri. Gli scrittori si divertono un mondo a fare queste cose: creare intere biblioteche inesistenti non per beffa o per divertimento, ma a scopi narrativi di vario genere.

Elizabeth Kostova e Rodney Bolt, per citarne un paio, hanno creato per i loro libri interi apparati bibliografici. O forse non proprio interi, perché parte delle fonti citate sono reali, cosicché quando leggerete di un Sisyphus di San Tommaso d’Aquino o de La Tortura Disposta dall’Imperatore per il Bene del Popolo di Anna Comnena, resterete abbastanza a lungo a domandarvi se questo sia vero… L’intento della Kostova era quello di creare questo genere d’incertezza nel lettore, mentre Bolt intendeva parodiare la prosa accademica e al tempo stesso scrivere un romanzo marloviano da non prendersi troppo sul serio.

Parlando di parodie, l’elenco dei libri dell’Abbazia di S.Vittore di Rabélais (padre del genere) e le letture del Tristram Shandy di Sterne satireggiano chiaramente l’erudizione delle rispettive epoche. Come altro considerare A Treatise on Midwifery del Dr. Slop o i Dramatic Sermons attribuiti a tale Parson Yorick? Ma non è soltanto il mondo accademico a fare da bersaglio a questo genere di strali – basta pensare a The Almshouse, che Trollope attribuisce a Mr. Popular Sentiment, acida caricatura di Dickens in The Warden.

Altri autori creano letterature, mitologie e manuali scientifici per dare profondità e spessore ai mondi che creano. E’ il caso di Tolkien e dei complicatissimi miti della Terra di Mezzo; è il caso della biblioteca di Tumnus ne Le Cronache di Narnia; è il caso dell’Encyclopedia Galactica citata da Aasimov nella serie della Fondazione; è e non è il caso con i libri citati nella Guida alla Galassia per Autostoppisti, i cui titoli sono decisamente più tongue-in-cheek  (Altre Cinquantatre Cose da Fare a Gravità Zero), ad eccezione di un’altra Encyclopedia Galactica, citazione aasimoviana.

Una variante di questo è costituita dal caso Dune, in cui si citano opere che in parte ricoprono lo stesso ruolo di metalegittimazione culturale nella finzione (orrore orror!), e in parte sono scritte da personaggi della storia. La Principessa Irulan sembra essere un’autrice particolarmente prolifica. Rientrano sotto questa categoria anche i libri scritti da Thursday Next e dal Gatto dell’ex-Cheshire secondo Jasper fforde. Qualcosa del genere – ma sottilmente diverso – fa A.S. Byatt in Possession: i libri, le poesie e le lettere di Ash e Christabel servono da due lati come espediente narrativo (narrano la vicenda ottocentesca e collegano i due piani temporali), e da un terzo lato stabiliscono entrambi i personaggi come intellettuali e poeti vittoriani – autori fittizi in un mondo reale, ciascuno provvisto del proprio corpus di opere.

Il che ci porta a un’altra funzione ancora dei libri fittizi: una carriera per il personaggio-scrittore. Evadne Oliver nei romanzi di Agatha Christie (e, sorridete pure, Mrs. Oliver ha scritto anche Assassinio sull’Orient Express); il Professor Humbert in Lolita, o Hodinski/Hodyna inel semi-ruritaniano Pale Fire; Stephen Maturin nei romanzi di O’Brian; e lo sapevate che sia Holmes che Watson erano autori pluripubblicati?

In altri casi il libro fittizio, più che con i suoi personaggi, ha a che fare con il libro reale, di cui diventa struttura e ragione narrativa. Ficciones, di Borges, è una raccolta di racconti, alcuni dei quali sono recensioni di libri inesistenti, mentre Inkheart, di Cornelia Funke, è incentrato completamente sull’eponimo romanzo fantasy di un autore italiano che non è Beppe Fenoglio. The Shape of Things to Come, di Orwell, finge di essere un libro di testo del 2106, con tanto di note, parte reali e parte fittizie. E qui mi ci metto anch’io, perché il mio Gl’Insorti di Strada Nuova è un metaromanzo di questo tipo, in cui ogni capitolo è costituito dalle reazioni di un lettore diverso alla lettura di un capitolo di un romanzo storico fittizio… lo so, ho una mente contorta – ma vedete bene che sono in buona compagnia.

 

 

Libri Che Non Ci Sono Iultima modifica: 2010-10-12T08:21:00+02:00da laclarina
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5 Commenti

  • Ciao Clarina! Ecco che lo scrittore diventa davvero Creatore di mondi possibili! Se in un libro ci viene regalato quasi solo uno stralcio di questi mondi immaginati dall’autore, una biblioteca fittizia accende la curiosità dei lettori, una cartina li fa vagabondare in questi mondi, la lingua degli elfi permette a noi viaggiatori di parlare con Galadriel (ammesso che ci venga concesso tale onore…)!
    Alla faccia di chi considera i libri un “intrattenimento antiquato”… l’emerito professor Tolkien non è forse un autore “multimediale”???
    Un saluto, Della

  • Ciao,
    volevo segnalarti il libro di “La svastica sul sole” dell’immenso Philip K. Dick.
    Il libro citato nel romanzo ha una trama speculare al libro che tu stai leggendo.

  • @Della: una delle molte bellezze dei libri è che possono fare *tutto*. Non c’è davvero limite alle possibilità.

    @Interceptor: posso confessare che non riesco a leggere Dick? Mi mette una tale angoscia e mi procura degli incubi così terribili… limite mio, lo so – ma per me è come le farfalle: tutto molto bello, ma è meglio se sto alla larga.

  • Dall’incertezza del libro, sarebbe interessante esplorare la dimensione seguente: è la recensione che crea il libro? Ovviamente si tratta di una provocazione, ma può essere davvero interessante e intrigante per quanto riguarda gli attuali mezzi di comunicazione!
    http://www.vongolemerluzzi.wordpress.com

  • “Il signore della svastica”, ‘di’ A. Hitler, ‘curato da’ Norman Spinrad, traduzione di (x davvero) Lella Costa, Premio Hugo nel 1954.
    (nb: nle ’54 l’hugo non fu assegnato… qui.)

    http://it.wikipedia.org/wiki/Il_signore_della_svastica (spoiler)