Mag 17, 2010 - grilloleggente    2 Comments

Pag. 198

Tra le prove tutte le sere e l’opera a Zurigo, non ho avuto molto tempo, ma tant’è: pag. 198.

E così Monsieur Ozu è arrivato, e non solo è proprio il regista*, ma essendo un artista giapponese (e non un Occidentale ottuso) ha sgamato Renée al primo colpo. Però, essendo un Giapponese delicato e gentile (e non un villanzone occidentale) ha aspettato qualche giorno prima di sgamarla ancora di più* e invitarla a cena.

A cena, sì. E allora abbiamo assistito a una trasformazione à la Cenerentola, con Manuela (la domestica portoghese, ricordate?) nelle vesti di fata madrina. Come sia andata la cena, ancora non lo so, perché Renée, sulla soglia dell’appartamento di Monsieur Ozu, si è bloccata in estatica contemplazione della copia di una natura morta fiamminga, e questo ha dato la stura a una serie di considerazioni teoriche sull’Arte che Mme. Barbery cerca di contrabbandare come un rallentamento del ritmo narrativo a fini di suspence.

In realtà, Mme Barbery sta tentando di contrabbandare un sacco di cose, a questo punto. Il fatto che proprio Monsieur Ozu venga ad abitare proprio al n° 7 di Rue de Grenelle mi sta anche bene, perché è il genere di straordinario incidente per cui esiste la sospensione dell’incredulità. Che anche lui sia un cultore di Tolstoj, che il gatto Lev compaia proprio al momento giusto, che un’inquilina sia lì per fare proprio la domanda che dà a Renée l’occasione di tradirsi con l’incipit di Anna Karenina, che la prima cosa che si vede aprendo la porta sia una natura morta – genere che Renée ama alla follia, anche se non l’abbiamo mai saputo prima di adesso – be’ tutto questo comincia a sembrarmi un po’ tanto da ingoiare. La mia incredulità comincia a sentirsi precariamente sospesa, e potrebbe franarmi in testa da un momento all’altro.

E poi, naturalmente, c’è l’Insopportabile Dodicenne Innominata. Avete notato che è stata promossa da Dodicenne Innominata a Insopportabile Dodicenne Innominata? Ecco, naturalmente la IDI ha fatto subito amicizia con M. Ozu, il quale, altrettanto naturalmente, l’ha invitata (sola tra i condomini) a prendere il tè insieme alla sua migliore amica, è affascinato dalla sua conversazione e la mette a parte delle sue elucubrazioni sulla Portinaia. Ora, vediamo un po’, risalendo in senso inverso (e saltando la conversazione). La Portinaia, prima di Ozu, la IDI l’aveva nominata una volta per sbaglio. All’improvviso, scopriamo che ci ha fatto su dei pensieri, che le ha visto un libro di filosofia nella borsa della spesa, che la sospetta di non essere quello che vuole sembrare, che la crede dotata dell’eponima eleganza del riccio. A little abrupt. Ma credo che mi si voglia indurre a pensare che la IDI fiorisce sotto la benefica e benevola influenza di M. Ozu, perché altrettanto all’improvviso scopriamo che la IDI ha, dopo tutto, una migliore amica. Stupiti, vero? Dopo essersi atteggiata ad asociale completamente isolata per metà abbondante del libro, la cara ragazzina c’informa dell’esistenza di Marguerite, la sua migliore amica da due anni, mezza francese e mezza nigeriana, “dal punto di vista concettuale e logico non un fulmine”, ma allegra, bella e dalla battuta sempre pronta.

Non so ancora se Marguerite conterà un granché nell’economia generale del romanzo; per adesso sospetto che sia solo parte dell’arredamento. Voglio dire: Monsieur Ozu, lo si è detto, è giapponese, come pure la sua adorabile nipotina Yoko; Marguerite è per metà nigeriana; Paul N’Guyen, il giovane, capace e bel segretario di M. Ozu, è per metà vietnamita**, la domestica Manuela è portoghese, e questi sono (con le note eccezioni della Portinaia e della IDI), i soli personaggi del romanzo provvisti di finezza d’animo, freschezza vitale e bontà di cuore. Capita l’antifona?

Insomma, mi sembra di annaspare vieppiù tra luoghi comuni, luoghi comuni e altri luoghi comuni che né il finto rude candore dell’autodidatta, né la supponenza finto-ingenua dell’infanzia superdotata, né la robusta dose di affettazioni multiculturaliste riescono a rendere meno comuni. E dire che Renée mi piaceva, all’inizio… ma credo di averlo già detto altrove: sebbene mi piaccia essere condotta a spasso per molte pagine, mi aspetto di essere condotta a spasso con garbo, sottigliezza e rispetto, grazie.

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* Se a qualcuno interessasse, Renée si è tradita citando Tolstoj, del che ha dato la colpa a un caso lampante d’insaputo freudiano.

** Renée riconosce alla metà europea di N’Guyen i seguenti meriti: alta statura, zigomi slavi, occhi chiari. Le qualità spirituali sono tutte vietnamite. D’altra parte, nemmeno la mamma del giovanotto è francese, ma bielorussa: chissà se un Bielorusso conta come un Occidentale?

*ETA: Argh! Ennò, no, no! M. Ozu non è il regista, dopo tutto. E’, pensate un po’, un lontano cugino!! Arrossisco fino alla radice dei capelli… potrei dire che sono stata indotta a crederlo, potrei dire molte cose, ma il fatto è che non ho prestato attenzione. Quindi sono qui che pontifico e poi mi lascio sfuggire i dettagli. A riprova della mia buona fede, tuttavia, invece di emendare il post alla chetichella per nascondere la mia storditaggine, ammetto tutto pubblicamente. Deducetene quello che volete: o, per quanto mi sforzi, proprio non riesco a lasciarmi prendere a sufficienza da questo libro, oppure la mia non è un’analisi affidabile. Your choice, a questo punto.

Pag. 198ultima modifica: 2010-05-17T08:50:00+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • Ossignùr, appena finito lo ridurrai a brandelli o ti limiterai a metterlo (sdegnosamente) tra gli scambiabili di anobii? 😀

  • Vuoi scherzare? Supponendo di sopravvivere alla lettura, lo ripiazzerò bene in vista nella libreria, così da poterne parlare col ciglio levato e il fare schizzinoso quando qualcuno mi chiede se l’ho letto, inalberando la mia migliore aria *à rebours* e sentendomi tanto anticonvenzionale… ;D