Giu 4, 2010 - pennivendolerie    Commenti disabilitati su In Cerca Di Fortuna

In Cerca Di Fortuna

E così viene il giorno in cui, dopo avere scritto, riscritto, riletto, stampato, corretto, avuto ripensamenti, agito sulla base dei ripensamenti, riscritto nuovamente, ristampato, ricorretto, agonizzato sulla lettera d’accompagnamento, stampato anche quella, chiuso tutto in una busta – viene il giorno, dicevo, in cui si manda la nostra ultima opera Là Fuori, nel vasto mondo, in cerca di fortuna.

Ogni volta è un crampo, ogni volta si vorrebbe la buca delle lettere per riprendersi indietro il prezioso dattiloscritto, ogni volta si è presi da ogni sorta di abominevole dubbio di avere trascurato qualcosa di essenziale – oppure dalla folgorazione di come si sarebbe potuto fare tutto molto, molto meglio se solo… Di solito è questione di un quarto d’ora, poi passa tutto e subentra il senso di anticipazione. Non che l’attesa sia davvero più ragionevole: si fanno conti sull’efficienza delle patrie poste, speculazioni su chi aprirà il fatidico pacchetto, rimuginamenti sui tempi di risposta e, con tutto questo, si comincia a sussultare a ogni squillo di telefono e ad ogni approssimarsi di portalettere mezz’ora dopo essere tornati dall’ufficio postale. E poi… poi si vedrà, e a volte si vedrà per molto tempo, perché certe case editrici hanno tempi biblici, altre non rispondono affatto (à la Pascali’s Island), altre ancora ti colgono a tradimento e rispondono prima di subito – in genere “no grazie”.

Diciamolo: è uno dei bruciori di stomaco della pennivendoleria, ma si finisce con l’impratichirsi, con l’ispessirsi l’epidermide, con lo sviluppare strategie. Di mio, finora, ho accumulato un limitato numero di perle di saggezza. Non farina del mio sacco, solo consigli altrui che ho trovato efficaci e veritieri, filtrati attraverso l’esperienza personale.

1. Fare l’ultimo controllo su una copia stampata, non sullo schermo del computer. Sembra una quisquilia, ma fa tutta la differenza del mondo: in qualche modo, sullo schermo gli errori di battitura hanno una sciagurata tendenza a sfuggire. L’ideale sarebbe leggere tutto ad alta voce, aggiustare le magagne, stampare, leggere e segnare gli errori, far leggere a qualcun altro che segni gli errori, correggere al computer, ristampare e dare un’ultima lettura. Mortalmente tedioso, è vero, e non fingerò di dire che lo faccio tutte le volte, ma funziona.

2. La lettera d’accompagnamento è fondamentale: è il primo assaggio di scrittura che il destinatario vedrà, e c’è da scommettere che un assaggio di sintassi approssimativa, divagazioni innecessarie, fasla modestia o affermazioni stravaganti non lo disporrà bene verso il manoscritto. Meglio essere beneducati, essenziali e professionali, dare le informazioni rilevanti (fondamentalmente che cosa è il libro e chi è l’autore) e niente di più.

3. Informarsi per bene. Anche questo richiede tempo e pazienza, ma può fare molta differenza. Non è del tutto utile spedire indiscriminatamente. Le case editrici hanno siti web dove spesso (non sempre) si trovano istruzioni e preferenze per l’invio di manoscritti: sempre meglio seguirle dettagliatamente. In secondo luogo, non è una cattiva idea dare l’impressione di avere scelto la casa editrice a ragion veduta: un discreto riferimento a un autore particolare, a una collana specifica, a una linea editoriale tende a fare una buona impressione. Infine, con un po’ di pazienza non è impossibile individuare il nome di un editor a cui indirizzarsi: non è detto che il pacchetto finirà sulla sua scrivania, ma non si sa mai, e comunque si dimostra di avere fatto i compiti a casa.

4. Ricordarsi che, come regola, le case editrici rifiutano per lettera e si dichiarano interessate per telefono. Non è detto al cento per cento, ma in genere non è il caso di farsi venire la tachicardia alla vista di una busta intestata. Le notizie via email possono essere ambivalenti.

5. Non scoraggiarsi. La maggior parte delle volte, la risposta sarà qualcosa sul genere “abbiamo letto con interesse, ma i nostri programmi editoriali al momento non ci consentono…” eccetera. Qualche volta non ci sarà risposta affatto. Più di rado – e più felicemente – ci sarà il rifiuto motivato: no grazie, ci sono buone cose e cattive cose, questo va, questo non va, perché non ci manda qualcos’altro? La prima lettera di questo genere è un evento da festeggiare: segno inequivocabile che si è sulla buona strada!

Ecco. E adesso, siccome questo post non era teoria pura, esco per quattro passi in direzione dell’ufficio postale.

In Cerca Di Fortunaultima modifica: 2010-06-04T09:03:00+02:00da laclarina
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