Tutti Gli Omicidi Che Voglio Ma Non Il Matrimonio
Rant ahead.
Non è buffo che nessuno dubiti della mia capacità di scrivere di omicidi, battaglie, viaggi nel tempo, morte, allevamento di chimere – ma se scrivo di matrimonio o maternità, allora all’improvviso divento scarsamente qualificata?
E dico buffo per non dire altro.
È vero, non sono sposata e non ho figli, ma non ho mai nemmeno combattuto in battaglia, viaggiato nel tempo o allevato bestie mitologiche, non sono mai morta e, per quanto a volte possa averne la tentazione, non ho mai assassinato nessuno.
Però nessuno mi dice che non sono qualificata per scrivere di omicidi – e ci mancherebbe altro, perché you know, lo scrittore non ha bisogno di avere fatto, visto, sperimentato e assaggiato tutto quel che descrive. Lo scrittore osserva, astrae, estrapola e ricrea…
È, dannazione, il suo mestiere.
Il che apparentemente va benone per tutto il resto, e anzi è prova di immaginazione, sensibilità, capacità e whatnot – ma quando si viene a parlare di matrimonio e di maternità, ah no, quelle son cose che se non le hai provate non puoi sapere.
E mi rifiuto di credere che uccidere sia un’esperienza meno viscerale che partorire. Così come dubito che chi mi fa questi discorsi mi creda davvero più affine alla mentalità omicida che a quella materna.
Ma allora?
Allora ci sono esperienze ed Esperienze?
Allora c’è una sorta di casta sacerdotale di Madri&Spose*, sagge e onniscienti vestali con la penna cui è riservata la capacità di scrivere in proposito?
O è solo perché in giro ci sono più madri&spose che assassini a lamentare la mia triste presunzione?
Perché mi si dicesse che i miei (admittedly non tantissimi) rapporti genitori-figli o i miei matrimoni sono scritti male, non mi farebbe piacere, ma mi darebbe da pensare. E invece no: me lo si dice in via di principio, a volte senza nemmeno aver letto i miei libri. Manco dell’Esperienza, e allora poco importa come scrivo – non può andare bene.
E lo so, ne abbiamo già parlato, ma è capitato di nuovo, e allora…
_________________________________________
* E dico madri e spose, ma in realtà immagino che i celibi senza figli subiscano lo stesso genere di “Ma tu…” da parte dei padri e sposi?
Temo che, da parte tua, vi sia un filo scoperto sull’argomento.
La cosa più semplice da fare è scrivere un bel romanzo con un’eroina che passa dalla fase di inseminazione – con esplicite scene di sesso, mi raccomando – gravidanza, nascita e successiva crescita della prole. Poi giudicheremo.
A parte la boutade, probabilmente le persone che dubitano della tua impossibilità nel narrare di maternità o matrimonio, ritengono che la propria esperienza diretta sia unica ed inimmaginabile. Accettano supinamente tutto ciò che tu scrivi in merito ad omicidi e fantasmi solo perché non hanno mai avuto una presa diretta in merito.
Tagliamo la testa al toro. Prossimo romanzo: “Himilce. Sposa e amante impareggiabile” e poi vediamo se ti diranno che non sai scrivere di matrimonio e maternità.
“O è solo perché in giro ci sono più madri&spose che assassini…”
Ehmm… certa cronaca nera che spaventa persino me ti smentisce… soprattutto quella che riporta di madri&spose assassine!
@Daniele: 😀 Sì, il filo scoperto è molto possibile. È che non ne posso più di sentirmi ripetere – non che scrivo male o implausibilmente in proposito, ma che non posso scriverne, perché… eccetera. Ma quando “Himilce, sposa e amante impareggiabile” sarà un best-seller, allora ne riparleremo – e ti citerò nella pagina dei ringraziamenti.
@Alessandro: hai ragione anche tu, ma si vede che di assassini nel mio entourage non ce ne sono molti. O se ci sono, si guardano dallo sgamarsi per deplorare la mia invasione di campo…
È la solita storia.
Le mie esaperienze sono più significative delle tue.
I miei argomenti sono più significativi dei tuoi.
E poi, io credo, c’è una certa fetta di lettori che ormai non riesce più a distinguere il vero dal reale.
Vedi la storia dell’autrice che per scrivere un bieco romanzo scollacciato dichiarò di aver avuto rapporti sessuali con (quasi) l’intera popolazione maschile della propria città – ed anche parte della popolazione femminile.
Ed io mi dissi – pensate il povero Jules Verne cosa avrebbe dovuto fare per scrivere “Dalla Terra alla Luna”.
Come minimo, farsi sparare da un cannone.
E poi c’è il rovescio della medaglia, naturalmente – le esperienze non sono nulla se non le sai raccontare.
Quindi io a queste pasionarie della gravidanza risponderei proprio quello – gli sbatterei davanti unnotes e una biro, e chiederei loro 3000 parole che mi facciano sperimentare la maternità.
Se vogliono giocare, allora giochiamo duro.
Ecco, questa è una nozione di genio. Questo è esattamente quello che farò la prossima volta. Non credo che mi libererà dal problema, ma almeno mi divertirò un pochino…
Aggiungo un dato – non mi risulta che ai maschietti si rinfaccino la mancata paternità o lo scapolaggio.
Ma d’altra parte è noto che il ruolo del padre è poca cosa, giusto?
Ed il marito… bah!
A noi rinfacciano di non aver fatto il militare.
O di non aver mai maneggiato un’arma da fuoco.
O di non aver mai vissuto per sei settimane nella tundra insieme a un branco di lupi.
Cose così.
Cose maschie.
😉
Quante sciocchezze che dice la gente!
@Davide: ecco, mi chiedevo per l’appunto…
@Aislinn: viene da chiedersi perché diamine le dica, e seguiti imperterrita a dirle, incurante di qualsiasi ragionamento e argomento… Ma forse non c’è tutto questo bisogno di una buona ragione, o nemmeno di una non particolarmente buona? :-s
Io credo che ci vengano rinfacciate le esperienze che definiscono una identità quando proviamo a scrivere a riguardo senza avere il certificato di avvenuta esperienza.
Per le donne, la maternità è una esperienza che definisce una identità.
“Non puoi immaginare com’è stato”/”Nessuno può immaginare cosa si prova”.
Really?
(Sybil Shepard diede una meravigliosa definizione del miracolo della nascita, ma qui non posso ripeterla perché il tuo è un blog per bene)
Certo, che anche il matrimonio venga percepito come definitivo dell’identità femminile, oggi, nel ventunesimo secolo, è deliziosamente ottocentesco, ed inquietante.
Per gli uomini, la violenza è di solito considerata un fattore definitivo – non sei un vero uomo finché non hai fatto a pugni, finché non hai superato certe prove di iniziazione.
Quello, o la prima gloriosa scopata – come cantava Billy Joel…
I thought I was
the Duke of Earl
When I made it
with a red-haired girl
In the Chevrolet
Tutto molto anni ’50.
Scrivere dell’iniziazione senza averla sperimentata è infrangere un tabù di tipo tribale.
Ma chi ti credi di essere, tu che non hai affrontato i pigmei zombie cannibali, per permetterti di scrivere a riguardo?
Dov’eri tu, quando i Nazisti bombardarono Pearl Harbour?
È tutto molto affascinante, da un clinico punto di vista antropologico.
Quando ci troviamo davanti certi bei tomi, continuo a dire che taccuino e penna biro sono le nostre armi.
(e grazie per l’accusa di genialità di qui sopra – a volte mi capita di avere una buona idea)
Interessante interpretazione che, oltretutto, mi fa germogliare idee narrative…