Mag 13, 2013 - Anno Verdiano    Commenti disabilitati su Librettitudini Verdiane: Oberto

Librettitudini Verdiane: Oberto

Non vi chiedevate come mai su SEdS non si fosse ancora vista nemmeno l’ombra dell’Anno Verdiano? Ebbene, ecco l’ombra. Da oggi cominciamo a parlare di opere, ma ma più per iscritto che in musica – dal lato dei libretti, il lato trascurato. E detto così magari non sembra, ma preparatevi a dosi massicce di nonsense, perché la musica… ah, la musica è (nella maggior parte dei casi) magnifica – ma avete mai provato a badare a quel che dicono?

È mia teoria – teoria eterodossa, mi rendo conto, ma d’altra parte non sono una melomane vera e propria – che l’opera richieda una buona dose di sense of humour

giuseppe verdi, temistocle solera, oberto conte di san bonifacioAllora, da qualche parte bisogna pur cominciare – e Verdi cominciò, giovanissimo, con Oberto, conte di San Bonifacio. O forse non è nemmeno del tutto vero, perché nel 1836 nella sua corrispondenza il compositore ventitreenne diceva di avere in gestazione un Rocester, vale a dire il Rochester su libretto di Antonio Piazza, destinato al Ducale di Parma. A Parma non andò mai in scena nulla del genere, ma in compenso, nel novembre del ’39, Verdi debuttò alla Scala di Milano con l’Oberto.

E l’Oberto, scrisse l’autore molti anni più tardi,

fu aggiustato e ampliato da Solera sopra un libretto intitolato Lord Hamilton di Antonio Piazza…

E dunque? Un’opera? Due? Tre? Ebbene, mistero. Dei due libretti di Piazza – sempre che fossero davvero due – non resta traccia, e l’Oberto di Solera, traslocato da qualche epoca inglese al Veneto medievale, è una di quelle spostabilissime storiellone di amore, onore, vendetta & virtù oltraggiata: cambiate nomi e costumi, e andrà bene per tutti i secoli e tutti i climi.

Noi però, condotti dal Temistocle Solera, la vediamo in quel di Bassano nel 1228.

Andiamo a incominciar. giuseppe verdi, temistocle solera, oberto conte di san bonifacio

Sappiatevi che il sipario si apre su una scena di deliziosa campagna. Non sghignazzate: l’ha scritto Solera. Alla sinistra, in poca lontananza, scorgesi Bassano.

La deliziosa campagna, benché sia appena l’alba*, pullula di cavalieri, dame e vassalli che tripudiano all’indirizzo di Riccardo, conte di salinguerra e tenore, giunto per sposare la principessa Cuniza da Romano. Riccardo risponde con altrettanto entusiasmo, e noi non ci stupiamo che, oltre a cantare la celestiale collezione di virtù della sua promessa sposa, il giovinotto pregusti il momento in cui prostrate a terra vedrà le balde cervici degl’invidi nemici… È chiaro che Riccardo ha qualche piccola intenzione preterimeneale – ma il coro non ha l’aria di volergliene e tutti escono in inabbattuto giubilo.

E subito entra il nostro soprano. Ora, noi sappiamo dalla distribuzione che questa fanciulla misteriosa è Leonora di San Bonifacio, figlia dell’Oberto eponimo. E Leonora, nel corso di una scena&cavatina, procede a informarci che, avendola Riccardo di Salinguerra sedotta sotto mentite spoglie e poi abbandonata, ella è qui oggi nell’amabile intento di impedire le nozze con Cuniza e, possibilmente, vendicare il suo onore oltraggiato. Ah sì, ci sarebbe il piccolo particolare che è ancora innamorata dell’ingrato seduttor spergiuro, ma son dettagli…

Quando anche Leonora si allontana per mettere in atto il suo piano, entra Oberto che, con voce di basso, canterebbe la sua gioia nel rivedere le terre natali – non fosse che si trova in territorio nemico e in pericolo mortale, in cui s’è cacciato per riprendersi la sciagurata figlia disonorata…

Sapete come si dice – parli del diavolo… Manco a farlo apposta, eccola qui, Leonora, di ritorno dopo avere scoperto che da queste parti ci si sposa di sera. La nostra eroina passeggia per il palco cantandosi i suoi truci propositi, quando scorge qualcuno, spalanca gli occhi, si porta la mano alla gola…

“O ciel! chi vedo!”
“Qual voce! È dessa!”
“Tu…! Padre!”
“Son io!”

Perché è così che ci s’incontra all’opera. Ma non aspettatevi una lieta riunione: Oberto è pieno d’amarezza e di rimproveri, almeno finché la povera Leonora non dichiara l’intenzione di vendicarsi o morire – o magari entrambe le cose. Questo vale alla ragazza un perdono condizionato e poi padre e figlia, indipendentemente dall’ora delle nozze, s’involano verso Bassano.

La scena cambia per spostarsi nel castello di Ezzelino, dove il coro è intento a rapsodizzare sulla bellezza, la nobiltà d’animo, il candore di Cuniza, e le sante gioie che l’attendono nel matrimonio. Cuniza, a quanto pare, è meno ottimista in proposito. Noi sappiamo che fa bene. Lo sapremmo anche se non avessimo appena sentito le doléances di Leonora, perché Cuniza è un mezzosoprano, e il mezzosoprano medio la fortuna in amore non sa nemmeno che cosa sia. Ad ogni modo, la povera Cuniza se lo sente nelle ossa, e si confida con un men che allegro Riccardo. I due cercano di risollevarsi l’animo a vicenda, ma siamo seri: che ci verremmo a fare all’opera se ci si sposasse tutti alla fine del primo atto?

E badate che, fino a questo momento, noi non avremmo nessun motivo per fidarci davvero di quel che dice Leonora. Nemmeno il fatto che suo padre sia il protagonista eponimo è una garanzia di granché. No: quello che ci fa schierare con lei è il timbro della sua voce: soprano = innocenza oltraggiata. E difatti anche Cuniza, nel momento in cui vede la misteriosa fanciulla e ode da lei i poco edificanti precedenti di Riccardo, ci crede senza esitare nemmeno il tempo di una biscroma. La misteriosa fanciulla è la figlia del Nemico? Fa nulla. La figlia del Nemico si è tirata dietro al castello il Nemico stesso? Fa meno ancora. Cuniza non finge nemmeno di pensare che Riccardo possa essere innocente – e anzi, si schiera prima di subito con Leonora e Oberto, cui promette ogni sostegno e appoggio.

giuseppe verdi, temistocle solera, oberto conte di san bonifacioD’altra parte qualora fossimo disposti a concedere il beneficio del dubbio al giovane Salinguerra, ci andrebbe storta: accusato davanti a tutta la corte, Riccardo (primogenito di tutta una schiera di tenori verdiani men che eroici) non trova miglior difesa che respingere al mittente l’accusa d’infedeltà. How ungentlemanlike! Nessuno gli crede, ma il maldestro tentativo basta a stanare Oberto, che esce dal suo nascondiglio con la spada in pugno per difendere l’onore della figliola. Sgomento generale, sfida a duello, amarezza, furia, dolore delle due donne e caos diffuso- in uno dei finali primi più confusi della storia dell’opera.

Sipario.

È all’inizio dell’atto secondo che scopriamo come, in qualche modo, sia Oberto che Riccardo abbiano tagliato momentaneamente la corda. Cuniza ha preso Leonora sotto la sua protezione e, con quella longanimità che rasenta l’idiozia e che si trova tanto spesso all’opera, intende costringere Riccardo a sposarla. Al coro, alla confidente Imelda e a Leonora stessa, per qualche motivo, questa sembra una buona idea…

Intanto, nella foresta del primo atto, dopo uno sconsolato intervento della sezione maschile del coro, giunge la notizia che Ezzelino, dietro intercessione della sorella, ha perdonato Oberto che però, più interessato alla vendetta che alla pace, non accoglie la notizia con quel gioioso sollievo che si potrebbe immaginare. Giunge Riccardo, e per un po’ i due conti non fanno nulla di peggio che dirsene di tutti i colori. Il fatto è che, pur essendo l’apripista di tutti gli antitenori verdiani, il nostro giovanotto pare avere sviluppato un briciolo di coscienza durante l’intervallo, e gli par brutto duellare a morte con un uomo tanto più vecchio di lui – e offeso a ragione. Ma Oberto lo insulta sempre più sanguinosamente, finché, tenore o no, Riccardo s’infuria e sguaina la spada…

Si sbranerebbero a vicenda, se non irrompesse Cuniza con Leonora, dame, vassalli, cavalieri e compagnia cantante, per proibire il duello, perdonare tutti e spingere Riccardo tra le braccia dell’estatica Leonora. Dunque, ricapitoliamo: Oberto è perdonato, Riccardo è pentito e il matrimonio riparatore è combinato. Non c’è più motivo di battersi, giusto?

Sbagliato.

Siamo all’opera, cari miei, e nessuno toglie a un basso la sua vendetta. Seccatissimo per l’ondata di novità pacificatrici, Oberto sibila a Riccardo di fingere di accettare – così Cuniza e seguito si levano dai piedi e ci si può battere in privato. E che può fare un povero tenore? Una finta pace è suggellata, e le donne se ne vanno con l’impressione che tutto sia bene quel che finisce bene. I cavalieri, meno ingenui, lamentano la scarsa convinzione dei conti rappacificati – e lo! 

La musica esprime improvvisamente l’azione di un duello.**

Oh! Qual rumor! Feroce
Cozzo è di nudi acciar.
Oh! Qual sospetto atroce!
Si corra ad osservar.

Il coro corre ad osservar, ma immagino che arrivi troppo tardi: Riccardo rientra con la spada insanguinata in pugno, lamenta quel che ha combinato aristotelicamente fuori scena, si dichiara oppresso dal rimorso e taglia la corda – un istante prima che rientri Cuniza con le sue donne.

giuseppe verdi, temistocle solera, oberto conte di san bonifacio


Orrore orror! Oberto è morto, Riccardo manca all’appello*** e Leonora è arrivata giusto in tempo per vedere l’uomo che ama uccidere suo padre. Quando si dice trauma… Serve a poco che la principessa, la confidente e l’intero organico del coro la consolino, e ancor meno confortante suona il messaggio in cui il fuggitivo si dichiara pentitissimo, avviato all’esilio, ansioso di perdono e riparazione. Altro che perdono! Squassata dal dolore e dai sensi di colpa, Leonora dichiara cupe intenzioni claustrali in termini che lasciano qualche dubbio sulla sua salute mentale.

Infelice! Un rio tormento
Già l’assale e stringe il core,

lamenta difatti il coro.

Ella geme… il suo lamento
Possa il cielo impietosir.

Accordi finali – sipario.

Ecco, vi siete fatti un’idea. Sovrabbondanza sentimentale e linguistica, una sovrana indifferenza per la logica e il buon senso, l’occasionale perla lessicale e la più pittoresca inverosimiglianza. È così che si scriveva per l’opera nel secolo decimonono…

 

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* Del che Solera c’informa magnificando la luce “della stella che il sembiante d’Amatunzia in ciel vestì.” La mia prossima gatta…

** Solera scripsit. Oh essere una mosca sul muro e vedere la prima reazione di Verdi alla lettura di questa didascalia!

*** Cercate Salinguerra? Era qui un attimo fa – or or s’allontanò a sinistra.

 

Librettitudini Verdiane: Obertoultima modifica: 2013-05-13T08:05:00+02:00da laclarina
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