Giu 3, 2013 - Anno Verdiano    Commenti disabilitati su Librettitudini Verdiane: I Lombardi

Librettitudini Verdiane: I Lombardi

…alla Prima Crociata.

Se già quello del Nabu(c)co(donosor) era considerato un titolo tipograficamente lungo, figuratevi questo…

giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossiE il libretto era di nuovo di Temistocle Solera.

Ci si trovava bene, Verdi con Solera – figlio di un magistrato imprigionato allo Spielberg, educato a Vienna, fuggito da scuola per unirsi a una troupe di funamboli tzigani*, poeta, musicista, impresario teatrale, antiquario, neoguelfo, agente segreto, riorganizzatore di polizia in Egitto** e, soprattutto, librettista.

E Solera aveva occhio. Dopo il Nabucco aveva saccheggiato un poema epico di Tommaso Grossi – I Lombardi alla Prima Crociata. Grossi, vedete, era un poeta e romanziere occasionale, che intendeva scrivere una nuova Gerusalemme Liberata – solo più aggiornata e scorrevole. Francamente non saprei dire se i Lombardi fossero più scorrevoli e aggiornati della Gerusalemme, ma di sicuro furono un bestseller. Oggi ci si caverebbe un film, nel 1843 ne fecero un dramma e poi un’opera. 

Un’opera piena di ammenicoli religiosi: non solo la crociata del titolo, ma anche un subisso di preghiere e processioni, nonché un battesimo. Tanto che furono le autorità religiose a richiedere l’intervento della censura… Avremo modo di riparlare di Verdi&censura – ma con i Lombardi andò bene. Quando già Solera e Verdi cominciavano a sudare freddo, il capo della polizia in persona richiese perentoriamente una sola modifica al primo atto: l’Ave Maria in teatro non si poteva cantare. Prima che Verdi, feroce anticlericale, potesse inalberarsi, Solera parafrasò la preghiera in un capolavoro di diplomatica bizantineria che dimostra come, a volte, non ci volesse poi moltissimo a danzare attorno alla censura… 

Ma, Ave Maria a parte, che genere di storia avevano messo insieme Grossi e Solera? Vediamo un po’.

giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossiL’Atto Primo si apre con il consueto coro che, questa volta, funge anche da espositore. Siamo nel Duomo di Milano nel 1097, e apprendiamo che il nobile Arvino (incidentalmente il capo designato dei crociati lombardi) è occupato a perdonare in tutta solennità il fratello Pagano, esiliato a lungo per avere cercato di uccidere il fratello per i begli occhi di Viclinda. Adesso che Viclinda è moglie di Arvino e che gli anni sono passati, Pagano si dichiara pentito e rientra a Milano.

Non è che il coro si fidi molto – e a dire il vero non ha tutti i torti. Pagano non perde tempo a confidarsi con il suo bieco scudiero Pirro: altro che perdono! Lui (Pagano) era un bravo ragazzo, ma respingendolo Viclinda ha fatto di lui una bestiaccia*** e adesso che tutti ne paghino le conseguenze. Pirro la prende allegramente, e promette sangue insieme a un’allegra combriccola di sicari che imperterriti, tacenti, d’un sol colpo in paradiso l’alme altrui godon mandar… 

Ma qualcosa va storto. Mentre Viclinda e la figlia Giselda, che si sentono ancor l’anima tutta tremante, fan voto di andare pellegrine a Gerusalemme se nulla di brutto accade ad Arvino, Pagano e Pirro irrompono, incendiano e assassinano – e tentano di rapire la scalpitante e presumibilmente vedovata Viclinda. Ma Arvino appare a difendere la sposa… 

E allora chi è che è morto sotto il pugnale di Pagano?

Ma Folco, il vecchio padre di Pagano e Arvino!

Ops…

Arvino, Viclinda e i coro maledicono il parricida – che si maledice anché da sé, e non avrebbe obiezioni a lasciarsi uccidere dal fratello. Ma Giselda intercede, e il coro conviene che una vita di rimorso è una punizione peggiore della morte…

Sipario. giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossi

L’Atto Secondo si sposta nel palazzo di Antiochia, dove il tiranno Acciano e i suoi lamentano l’arrivo dei ferocissimi crociati guidati da Arvino. Intanto il principe Oronte spasima per una bella prigioniera cristiana che, la sua criptocristiana madre Sofia lo (e ci) informa, è disposta a ricambiare il suo puro affetto solo se lui si converte. E adesso? Dosi massicce di conflitto interiore? Macché: lo sappiamo tutti come sono i tenori… Apparentemente, la bella prigioniera val bene una messa…

Ma spostiamoci per un attimo nella caverna un santo eremita vive in solitudine e in attesa dei crociati, cui vuole unirsi per cercare riscatto ai suoi peccati. Noi, che ne sappiamo più della maggior parte dei personaggi perché abbiamo letto il libretto, sappiamo benissimo che il santo veglio è Pagano – ma Pirro non lo sa. Ricordate Pirro, che era così disinvolto in fatto di omicidi? Ebbene, si direbbe che abbia avuto anche lui una crisi di coscienza, e così si è fatto musulmano, diventando il custode della porta di Antiochia. Però adesso preferirebbe riscattarsi anche lui. Ottimo, dice l’eremita, che ha riconosciuto il suo ex scudiero – e non ne è stato riconosciuto a sua volta: perché non apri le porte della città ai crociati?

Neanche Pirro – che pure è un basso – ha molto spazio per i dubbi nella sua composizione: senza nemmeno domandarsi se sia bello tradire la gente che lo ha accolto a beneficio della gente che ha a suo tempo tradito, abbraccia il piano. E bisogna dire che Pagano sia molto cambiato, perché nemmeno Arvino, arrivando molto opportunamente a ricevere notizia della breccia nella sicurezza di Antiochia, lo riconosce affatto. Ah, i prodigi di una barba di stoppa e un po’ di cerone…

giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossiSe sapessero che i crociati sono in arrivo, forse le ancelle dell’harem di Acciano perderebbero meno tempo e meno fiato a dileggiare la bella straniera che ha fatto innamorare il principe Oronte eppure sospira notte e dì. E chi può mai essere la bella straniera, se non Giselda – che evidentemente in pellegrinaggio c’era andata davvero, ha perso la madre, è stata fatta prigioniera e si è innamorata (orror!) di un nemico e di un infedele?

E Giselda dovrebbe essere contenta dell’arrivo dei crociati, giusto? Dopo tutto sono i suoi, dopo tutto vengono a liberarla… ma no. Quando Sofia le annuncia che Oronte è morto in battaglia, la nostra fanciulla prorompe in maledizioni. Ora: è uno dei misteri buffi dell’opera quello per cui la gente non sente quel che viene cantato a mezzo metro di distanza, ma arriva dall’altro capo di Antiochia/un continente/l’orbe terracqueo giusto in tempo per udire quel che non dovrebbe. E così Arvino entra, ode, inorridisce, maledice la figliuola ritrovata – e l’ucciderebbe sui due piedi, se non intervenisse l’eremita, sant’uomo, pieno di simpatia per gli eccessi che amore&dolore dettano a Giselda.

Essì, i soprani ne passano di tempo a farsi rinnegare e disconoscere per amore… ma sipario. giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossi

Comincia l’Atto Terzo, e ci siamo spostati nella Valle di Giosafat, in vista (lontana) di Gerusalemme. Qui i crociati seguitano ad avanzare, ma Giselda non è felice, e così è uscita per una passeggiatina ristoratrice nel deserto – dove trova… indovinate un po’? Oronte! Travestito da cavaliere lombardo! Oh giusto ciel!

Ma non era morto? E no, era solo ferito e adesso, braccato e malconcio, vuol solo rivedere Giselda e poi morire. Sennonché, non bisogna mai sottovalutare il cuore di un soprano: Giselda è pronta a fuggire con lui – ovunque e comunque. Due cuori e una caverna. E un corsiero arabo per la fuga.

Arvino arriva troppo tardi per fermarli e ri-maledice la figlia. Un’altra volta. E già che c’è, ri-maledice anche il fratello che, qualcuno lo informa, è stato visto aggirarsi per il campo cristiano…

Possibile, ci chiediamo noi, che nessuno abbia capito che Pagano è l’eremita e l’eremita è pagano? Possibilissimo: siamo all’opera, ricordate?

Cosicché non ci stupiamo poi troppo nemmeno quando Giselda barcolla in una grotta in riva al Giordano sorreggendo Oronte ferito**** e ci trova di nuovo l’eremita, pronto a convertire in articulo mortis il giovanotto – che poi muore, cristiano e felice, tra le braccia della sua fanciulla.

Disperazione, lacrime a fiotti, conforti religiosi, sipario.

giuseppe verdi, temistocle solera, i lombardi alla prima crociata, tommaso grossiEd ecco l’Atto Quarto. Giselda, non incomprensibilmente, non ha preso benissimo la dipartita di Oronte, e ha somatizzato in un febbrone da cavallo. Tanto che Arvino, convocato dall’eremita, si commuove e pente di avela maledetta. Tanto più che poi Giselda vede in sogno Oronte, che le svela dove trovare l’acqua per dissetare i Lombardi che, attorno a Gerusalemme, stanno morendo di sete.

E mentre muoiono di sete, cantano O Signore dal Tetto Natio, il coro più celebre dell’opera – con cui, secondo me, Verdi&Solera speravano di ripetere lo hit del Va Pensiero… Ma mentre lamentano la lontananza da casa e l’abbattimento dello spirito, ecco Arvino, Giselda e l’eremita, ad annunciare l’impresa rabdomantica: acqua! Acqua! Acqua!

E non è che i Lombardi bevano, ma l’idea dell’umidità basta a rianimarli e spingerli in battaglia – e fuori scena.

E si direbbe che vincano, perché nell’ultima scena, dopo lungo rumore di battaglia, rientrano trionfanti. Oddìo, forse un po’ meno trionfanti di quanto potrebbero essere, perché l’eremita è ferito, e tutti se ne dolgono assai. Persino quando il moribondo si svela, tutti restano commossi oltre ogni dire. Persino Arvino, di fronte a tanto pentimento e a tanto riscatto, si scioglie. Cosicché Pagano redento può morire beato tra le braccia del fratello e della nipote, mentre i Lombardi eponimi celebrano la vittoria e la presa di Gerusalemme.

E, per l’ultima volta, sipario.

 

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* No, davvero…

** No, davvero.

*** Suona familiare? Abigaille, anyone? E non è l’ultima volta che sentiamo questo genere di giustificazione.

**** È ancora la ferita della battaglia che si è aggravata? O una nuova raccattata durante la fuga? Buona domanda.

Librettitudini Verdiane: I Lombardiultima modifica: 2013-06-03T08:05:00+02:00da laclarina
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