Lug 22, 2013 - Anno Verdiano    2 Comments

Librettitudini Verdiane: I Masnadieri

Essere invitati a comporre per i teatri londinesi non capitava tutti i giorni. Per dire,giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lind al pur osannato Rossini non capitò mai… Per cui noi ci immaginiamo che, nel vedersi offrire un contratto per dieci opere allo Her Majesty’s Theatre, un giovane compositore di celebrità crescente dovesse accettare con grato entusiasmo, giusto?

Ma Verdi no. Verdi fece sapere che tre opere erano più che sufficienti – e ciascuna a una cifra cinque volte superiore al prezzo di mercato, e potevano aggiungerci una residenza in campagna e una carrozza per tutto il suo soggiorno, per favore?

E bisogna dire che ce lo volessero proprio, a Londra, perché fu in buona parte accontentato. Con tutto questo, Verdi sull’Isoletta ci andò svogliato e svagato, armato di un libretto così così e con un’inedita propensione al laissez-faire artistico per quel che riguardava la compagnia.

Poco promettente, eh?

giuseppe verdi, friedrich schiller, andrea maffei, jenny lindE le cose cominciarono male fin dal libretto, che Andrea Maffei trasse dallo Schilleriano Die Räuber. Con Maffei Verdi non ebbe la voglia o il coraggio di far la voce grossa come con Piave – povero Piave! – e il risultato si fu che, lasciato a se stesso, il librettista addomesticò la tumultuosa e moralmente grigia tragedia tedesca in una storiellona blanda nonostante le tinte forti. 

Maffei era un verseggiatore raffinato, ma un gran senso del teatro non lo aveva…

Figuratevi che l’Atto Primo inizia con Carlo Moor (tenore) che legge Plutarco e dichiara il suo disprezzo per l’era imbelle in cui si ritrova a vivere, mentre un coro di giovani traviati gozzoviglia offstage. E quando riceve la lettera con cui credeva di vedersi perdonato dal vecchio babbo e invece si ritrova bandito, il nostro comincia a smaniare di vendetta e a cercare la sua spada…

Noi l’abbiam. Ti calma e senti.giuseppe verdi, friedrich schiller, andrea maffei, jenny lind
Comporremo una masnada. . .

Suggerisce il coro di giovani traviati. E Carlo sobbalza e inorridisce:

Ladri noi? chi v’ha piovuto,
spirti iniqui, un tal pensiero?

Gli spirti iniqui non si scompongono, e anzi, hanno un’idea ancora migliore:

E tu capo condottiero.

E questo piccolo ottonario costituisce la scena di persuasione più breve della storia del teatro, perché la successiva replica di Carlo è:

Per la morte, io non rifiuto!

E così eccolo masnadiere e capo di masnadieri eponimi. Truci giuramenti vengono scambiati, buoni propositi à la Cecco Angiolieri – ma un pochino più concreti – vengono fatti, e noi, sulle ali del primo cambio di scena del primo atto, ci spostiamo in Franconia, nella magione avita dei Moor, a fare la conoscenza di Francesco.

giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lindFrancesco è il fratello minore di Carlo, è un baritono e, cosa abbastanza inconsueta per Verdi, è cattivo cattivo cattivo. Irredimibilmente, stupidamente, piattamente cattivo. In Schiller non era così, ma Maffei ha fatto di lui un esecrabile giovanotto che, risentito della sua condizione di secondogenito, ha pensato bene di farla pagare al padre e al fratello. Ha intercettato la lettera con cui Carlo chiedeva perdono; ha scritto di persona quella con cui il padre bandiva Carlo; e adesso, visto che il padre non ha il garbo di morire e togliersi di torno, ha avuto un’idea su come affrettare il corso delle cose.

Per un po’ farnetica di piangolose lettere, fiacche animucce e vecchiardi, e poi predispone il finto messaggero che deve portare la notizia fasulla della morte di Carlo in battaglia. Con un minimo di fortuna, al vecchio babbo verrà il coccolone risolutivo.

E va bene, ma voi chi scegliereste per la parte del messaggero? Di certo non il camerlengo di casa, fidato servitore che si presume il vecchio conte conosca abbastanza bene, giusto? Ma Francesco no. Francesco sceglie proprio il camerlengo… ve l’avevo detto che, per essere un baritono, non è un fulmine di guerra, vero? 

Intanto, noi ci spostiamo un’altra volta* nella camera da letto del vecchio conte Massimiliano (basso), che sonnecchia vegliato dalla bella nipote orfana Amalia (soprano). Amalia non è del tutto contenta che lo zio abbia bandito il Carlo di cui era tanto innamorata – e non si fa per dire, ma i baci suoi stillavano gioir di paradiso… – ma è troppo affezionata al vecchio signore per fargliene una colpa. Tanto più che il vecchio signore in questione è già pieno di dubbi e rimorsi per conto suo.

Figuriamoci quando arriva Francesco col finto giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lindestraneo…

E, miracolo della scarsa illuminazione al Secolo XVIII, né il conte né Amalia riconoscono il Camerlengo. Lo ascoltano con crescente orrore mentre snocciola la storia che Francesco gli ha insegnato, prendono per buona la spada insanguinata che salta fuori molto opportunamente, e ingollano persino il messaggio scritto col sangue sulla spada stessa. E in effetti, quale moribondo sul campo di battaglia non trova l’agio di vergare col proprio sangue un distico in rima baciatasu una lama?

“Dal giuro, Amalia, ci scioglie la morte.
Sii tu, Francesco, d’Amalia consorte.”

Orrore orror! Amalia strilla, il vecchio conte sviene così bene che sembra morto, Arminio è colto da rimorso, Francesco giubila, il sipario cala.

Atto Secondo

Sepolcri gotici. Due. Uno è quello del vecchio conte. L’altro non si sa. Amalia prega e piange mentre fuori scena Francesco, nonostante il lutto, gozzoviglia con un altro coro debosciato e un filo blasfemo. Dev’essere un talento di famiglia, quello di scegliersi cori discutibili… Ad ogni modo, ricordate la crisi di coscienza di Arminio?** Ebbene, adesso ne vediamo le conseguenze: il camerlengo entra di soppiatto e confessa ad Amalia che sono tutti vivi – Carlo e anche il vecchio Massimiliano.

giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lindDove poi siano è tutta un’altra faccenda, ma Amalia è già in tutt’altra disposizione d’animo all’arrivo di Francesco, che le dichiara il suo amore con la delicatezza che gli è propria. E quando Amalia lo rifiuta, lui la minaccia di rabbassar la sua cervice rinchiudendola. Amalia commette l’errore tattico di dichiararsi ben felice di qualunque prigionia le risparmi la compagnia del perfido cugino, al che il perfido cugino esplode:

oh no, proterva!
Qui starai! mia druda e serva.

Amalia, soprano da battaglia, gli sottrae la spada, lo minaccia, ma Francesco la blocca e giura prigionia, catene, tormenti e vendetta anche contro di lei – e così adesso ce l’ha a morte con tutta la distribuzione.

Ma noi spostiamoci in quel di Praga, signore e signori, a scoprire che Carlo Moor il Masnadiere è diventato un terrore generale, capace di mettere a ferro e a fuoco Praga intera per salvare dalla forca un luogotenente catturato…

Non che ne sia contento, sia ben chiaro. Adorato dai suoi uomini, odiato dai nemici, temuto dai civili, Carlo è è amareggiato, pieno di disgusto di sé (seppur con una tendenza a biasimare i suoi accoliti) e di nostalgia di casa – ma soprattutto di Amalia, che non potrà più nemmeno pensar di guardare in faccia, dopo tutti gli spaventi che ha commesso…

Ma chi viene? Nemici! Mille soldati! Carlo si raccoglie attorno i suoi, li incita al combattimento – e l’atto finisce bruscamente prima della battaglia. Oh well.

Atto Terzo

Amalia fuggitiva cammina sola e smarrita… in un luogo deserto che mette alla foresta presso al castello. Ebbene sì, si è persa dietro casa. – ma che vogliamo farci? È un soprano… e poi, se non si fosse persa, come farebbe a terrorizzarsi delle voci nel bosco?

Le rube, gli stupri, gl’incendi, le morti,
per noi son balocchi, son meri diporti,

c’informano le voci, e Amalia è comprensibilmente scossa. Tanto che, quando Carlo compare tra gli alberi, impiega una vita a riconoscerlo.

Ei non m’è novo,

mormora a un tratto la perspicace fanciulla, ma bisogna che lui si presenti per nome. Dopodiché, estasi e delirio – con la riserva, da parte di lui, che Amalia non deve sapere il ver. Cosicché Carlo elude tutte le domande, seppure in termini di cui chiunque non fosse un’eroina d’opera s’inquieterebbe un nonnulla…

AMALIA:
Mendaci novelle ti dissero ucciso.

CARLO:
Beato se chiuso m’avesse l’avel!

AMALIA:
Tu pure, o mio Carlo, provasti gli affanni?

CARLO:
Li possa il tuo core per sempre ignorar!

AMALIA:
Anch’io, derelitta, ti piansi lung’anni…

E tutti noi dubitiamo che Amalia Moor sarà mai candidata al Nobel per la fisica, vero? E infatti il suo mestiere non è quello di scovar neutrini, ma solo di riassumere a Carlo in pochi versi l’atto primo e l’atto secondo, cosicché lui, pur tormentato dalla candida fiducia di lei, possa giurar vendetta contro il malvagio fratello.giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lind

E poi ci spostiamo nel cuore della foresta, dove ci sono le rovine di una torre. Stavolta niente grotta e niente caverna, ma abbiamo le ruine di antica ròcca – che sono teatralmente equivalenti. Tra le ruine il coro si compiace del proprio ruvido cuore di sasso per un po’, poi arriva Carlo e si mette di sentinella. I Masnadieri dormono, e Carlo una volta di più maledice se stesso e i suoi uomini – cosa che personalmente comincio a trovare più che un po’ irritante. Non gliel’ha ordinato il medico di mettersi alla loro testa, giusto? Ci ha messo un ottonario a superare i suoi scrupoli un paio d’atti orsono, e poi ha condotto questa pur discutibile gente di atrocità in atrocità… Per cui che adesso li chiami “malvagi” implicando che lui è diverso, è davvero piuttosto gratuito. E forse il dubbio viene anche a lui: piuttosto che affrontare un futuro disonorevole e senza Amalia, è pronto a farsi saltare le cervella… Ma poi ci ripensa, perché sarebbe troppo facile.

E chi ti entra, molto opportunamente, a questo punto? Arminio il camerlengo, che viene a portare vettovaglie a qualcuno di affamato e invisibile, rinchiuso sotterra nelle rovine. Col dubbio che ai suoi possa essere sfuggito qualcosa, Carlo ferma Arminio, lo interroga senza farsi riconoscere, poi Arminio fugge e Carlo trova nella segreta un vecchio attenuato come uno scheletro.

Dapprima lo scambia per un fantasma, poi riconosce suo padre, il quale racconta di come Francesco, delusissimo nel costatare che il vecchio genitore era meno morto di quanto sembrasse, lo avesse fatto gettare là sotto per completare l’opera. Poi sviene un’altra volta – e non fa granché d’altro questo anziano signore, vero? Espone e sviene, espone e sviene… 

Carlo, indignato e sconvolto, convoca i suoi Masnadieri e li nomina sul campo angeli ministri dell’ira divina. In altre parole, li spedisce ad assaltare il castello e catturargli il fratello – vivo. E chi l’avrebbe mai detto? Ai Masnadieri il ruolo piace proprio tanto. Sipario.

Atto Quartogiuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lind

Intanto, al castello, Francesco ha gli incubi – questo esantema comune tra i tiranni e/o assassini all’opera, ed è tanto sconvolto che ha mandato a chiamare il pastore. Intanto racconta ad Arminio di essersi sognato un giudizio universale privato, con tanto d’implacabile giuria di vittime… Arminio, ci dice Maffei, si allontana con atti di raccapriccio.

Ma si sa che un incubo condiviso è un incubo dimezzato: quando arriva il Pastore Moser, Francesco si è ripreso abbastanza da fingersi tracotante – almeno finché Moser gli dice che i peggiori peccati sono il parricidio e il fratricidio…

Ops.

Ma non c’è tempo per discutere il punto dottrinale: Arminio arriva annunciando l’assalto. Francesco perde la testa, vuole che si preghi per lui, vuole l’assoluzione (che Moser gli nega), vuole il perdono, vuole pregare pro se, non vuole affatto… Alla fine s’impicca – e non è nulla che conduca al perdono divino, giusto?

E intanto nella foresta il vecchio conte si dispera proprio per Francesco – cosa che fa dubitare a Carlo di essere stato un nonnulla precipitoso. Non potendoci più fare granché, tuttavia, si limita a liberare il padre e a chiedergli la sua benedizione senza farsi riconoscere. La gente non è sveglissimissima in questa storia: il vecchio Massimiliano, lungi dal fare due più due, si sente molto in colpa per tutto quello che è capitato ai figli, tra i figli e con i figli, ed è fin troppo contento di sentirsi dire dal presunto sconosciuto che Carlo di certo lo perdonerebbe…

Ma ecco arrivare i Masnadieri: alcuni confessano a testa bassa di non essere riusciti a catturare Francesco, altri trascinano Amalia catturata.

Segue confusione, perché ormai non c’è più modo di tenere nascosto che Carlo è il capo di questa gentaglia… E una volta di più, Carlo se la prende con i Masnadieri, improvvisamente declassati da angeli vindici a demonii:

Ma voi che nel fondo
dal ciel mi traeste,
ministri esecrati dell’ira celeste . . .

Come se fosse colpa loro! E a dire il vero non serve nemmeno più di tanto, perché Amalia, ditzier than ever, è dispostissima a fingere che dettagli come incendi, stragi, stupri e ruberie non siano mai accaduti.

giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lindChi non è disposto a passarci sopra, è il coro che, in seguito ai truci giuramenti dell’Atto Primo, ha servito Carlo lealmente, con sprezzo del pericolo, e spesso in rima baciata – e adesso non vuol saperne di lasciarlo andare. Carlo li insulta ancora un po’, ma riconosce che non hanno tutti i torti. Niente da fare, Amalia cara.

E allora va’, singulta Amalia, ma prima uccidimi. E bisognerebbe stare attenti a quel che si chiede, perché Carlo la prende sul serio e, con un’altra bordata di insulti per i suoi uomini, la pugnala tra lo sconcerto generale. Al conte Massimiliano viene il coccolone definitivo, Carlo si avvia a consegnarsi***, Amalia muore, i Masnadieri costatano il decesso e il sipario cala. giuseppe verdi,friedrich schiller,andrea maffei,jenny lind

Quindi l’abbiamo visto: il libretto non era granché, e anche la musica non era granché. Per di più, la compagnia era perfetta solo sulla carta. Per Amalia, Verdi aveva voluto Jenny Lind, l’etereo e trillante Usignolo di Svezia – né si capisce perché, visto che non l’apprezzava nemmeno tantissimo. Per Carlo doveva esserci il magnifico Fraschini, e invece ci fu Gardoni, che non aveva altro merito se non di essere un bell’uomo… Verdi lasciò che la Lind (un’egocentrica retrograda musicale se mai ce ne fu una) facesse quel che le pareva, e di Gardoni si disinteressò bellamente. Dopo due sole prove d’orchestra, i Masnadieri andarono in scena diretti dal compositore in persona, e incontrarono quello che possiamo chiamare un successo di stima.

È molto probabile che non meritassero nulla di più e, dopo che Verdi se ne fu ripartito, sparirono dai cartelloni con la vellutata rapidità delle cose fatte senza convinzione.

 

 

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* Tre cambi di scena nel primo atto soltanto! La gioia di questa produzione ai tempi delle scene dipinte e letterali doveva essere al di là di ogni descrizione…

** Certo che ve ne ricordate: è stato appena prima dell’intervallo!

*** E so che cosa state pensando: lo lasciano andare, dopo tutto? E allora che bisogno c’era di far fuori Amalia? E che volete che vi dica? Questa non è mica la Fanciulla del West, non si può cavalcare via, liberi e felici e vivi, verso il tramonto…

Librettitudini Verdiane: I Masnadieriultima modifica: 2013-07-22T07:59:00+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • “Le rube, gli stupri, gl’incendi, le morti,
    per noi son balocchi, son meri diporti,”

    … questo è semplicemente de*li*zio*so!

  • Il Cavalier Maffei sentitamente ringrazia… 🙂

    Ma questo libretto è pieno di perle e perline. Mi rendo conto di aver trascurato di citare “Io son l’infelice che al pianto sorvisse”, e allora lo faccio adesso.