Ago 26, 2013 - Anno Verdiano    Commenti disabilitati su Librettitudini Verdiane: Stiffelio (Parte II)

Librettitudini Verdiane: Stiffelio (Parte II)

giuseppe verdi, francesco maria piave, stiffelio, aroldo Era il terzo campanello, questo? Sarà meglio che ci affrettiamo a tornare alle nostre poltroncine di velluto rosso. Scusi, signora, dovrei… Grazie. No, scusi lei. È suo questo programma? Prego…

Buio in sala…

Sipario…

Atto Secondo.

Dove eravamo rimasti?

Ah, sì: che ci sia adulterio nell’aria tutti l’han capito. Chi sia lei, pure. Chi sia lui, però, è un’altra faccenda…

Lei, intanto, ovvero Lina Mueller née Stankar, s’aggira barcollando tra i sepolcri di un cimiteruolo gotico presso la chiesa il tempio, e supplica la madre defunta di perorare la sua causa al trono dell’Altissimo.

Come d’accordo scritto (anche se, a ben pensarci, Lina la lettera non l’ha letta), entra Raffaele, e i due scambiano questa affascinante conversazione:

RAFFAELE:(frettoloso)
Lina . . . Lina!

LINA:
Parlate sommesso
Per pietade . . . mio padre qui presso.
Indovina Rodolfo . . . sa tutto . . .

RAFFAELE:
Federico sol reo ei sospetta;
Vostro padre la prova ha distrutto . . .

LINA:
E il rimorso ch’eterno ne aspetta?

RAFFAELE:
Non lo teme chi serve all’amore.

LINA:
Fui sorpresa; non v’ama il mio core . . .

RAFFAELE:
Cruda, sempre pur v’amo . . .

LINA:
Il provate:
I miei scritti, l’anel mi ridate . . .
Di qua tosto partite . . . involatevi . . .

RAFFAELE:
No, a difendervi qui resterò.

giuseppe verdi, francesco maria piave, stiffelio, aroldo E di difenderla forse non c’è poi tutto questo bisogno, perché a entrare è Stankar, che una volta di più frustra le intenzioni di confessione della figlia, e poi la caccia via. Ha due spade, Stankar, e l’intenzione di sfidare a duello il ben più giovane Raffaele – il quale è preso da scrupoli di coscienza* e non ha poi tutta questa voglia di battersi con un anziano signore pieno di gotta e di artrite che, per di più, non ha tutti i torti.

Ma Stankar è deciso ad avere il suo duello, e insulta Raffaele sempre più sanguinosamente.* Ci vuole il disvelamento dell’oscura origine e dei millantati quarti di nobiltà a travolgere ogni scrupolo. 

Mentre i due si battono accanitamente, chi ti esce dalla chiesa dal tempio, se non Stiffelio che, in tutto candore, prima ferma i duellanti in nome di Dio, e poi tenta anche di rappacificarli…

E quando, visto che Stankar non vuole saperne, Stiffelio stringe la mano a Raffaele, il vecchio signore esplode:

Oh eccesso inaudito!
La man stringi dell’uom ch’hai tradito!

Ops…

Sensazione generale.

Stankar si morde la lingua, Stiffelio capisce tutto** – e Lina, che ritorna proprio a fagiolo, non è in grado di discolparsi…

E ricordate Stiffelio il Perdonatore, sulla cui magnanimità si sdilinquiva il coro nell’atto primo? Be’, dimenticatelo: il nostro bravo pastore assasveriano afferra la spada e si avventa su Raffaele che, di nuovo, preferirebbe non battersi nelle circostanze. Ma Stiffelio ha proprio perso la testa, e lo ucciderebbe disarmato, se non fosse per il coro che in chiesa nel tempio canta il Miserere.

Stiffelio si ferma, barcolla, si torce le mani, non dà troppa retta al vecchio Jorg che vorrebbe richiamarlo alla ragione, maledice Lina, finalmente ascolta le pie esortazioni del collega e, per segnare come si deve il finale d’atto, sviene. E sipario.

Atto Terzo.

giuseppe verdi, francesco maria piave, stiffelio, aroldo Siamo tornati al castello, dove Stankar contempla disonore, rovina, delusione e suicidio***. Ha già la pistola puntata alla tempia quando arriva Jorg ad annunciare l’imminente arrivo di Raffaele – e la sete di vendetta oblitera l’impulso autodistruttivo.

Al suo arrivo, però, Raffaele trova soltanto Stiffelio, che gli offre di sposare Lina, da cui intende divorziare. E non è che Raffaele accolga la notizia con irrefrenabile entusiasmo… sta a vedere che le sue intenzioni non erano poi troppo onorevoli? Stiffelio lo spedisce ad aspettare e ascoltare dietro le quinte, mentre sottopone lo stesso piano a Lina.

E lei, pur inorridita di fronte alla prospettiva di un divorzio, è più inorridita ancora all’idea di perdere l’amore del marito. Non che lui si lasci commuovere – e allora lei firma l’atto e, smaritata a tutti gli effetti pratici, chiede di confessarsi con quello che non è più il suo sposo.

E quel che ha da confessare è che il suo tradimento è ancora più grave perché ha ceduto a un non meglio specificato tradimento di Raffaele, pur senza avere mai smesso per un istante di amare suo marito…

Ah be’, ma allora Stiffelio ha ogni genere di legittime ragioni per far fuori il seduttore che, guarda caso, è proprio in attesa tra le quinte…

O forse dopo tutto no, perché…

“Non v’è più,” annuncia Stankar, facendosi avanti con una spada insanguinata in pugno.

Dal che siamo autorizzati a dedurre che quel pessimo soggetto di Raffaele di Leuthold (o forse no) ha incontrato il suo destino. E forse non è quello che noi faremmo in circostanze simili, ma questi sono Assasveriani, e quindi se ne vanno tutti in chiesa al tempio.

L’ultima scena si svolge per l’appunto in una chiesa un tempio d’architettura gotica e arredamento assasveriano, dove l’assemblea – che comprende il coro, Stankar, Lina velata, l’ormai scagionato Cugino Federico e la poco meglio che inutile Cugina Dorotea – supplica l’Altissimo di andarci piano con le punizioni.

E poi arriva Stiffelio, che sale in cattedra per predicare. E dovrebbe/vorrebbe predicare fulmini, se Lina non si svelasse, facendosi riconoscere. E allora il nostro pastore apre il Vangelo, comincia a leggere il passo dell’adultera…

E detto fra noi: tutti sappiamo come va a finire, giusto? È una storia di perdono – e allora perché mai Lina si sente mancare il cuore e Jorg gongola?

Che gli Assasveriani abbiano, per i casi di necessità, versioni più feroci dei passi del Vangelo? Fatto sta: quando Stiffelio legge che Gesù perdona l’adultera, Jorg disapprova da profondo, il coro esulta, e Lina gioisce scompostamente.

Perdono è fatto. Sipario.

Tiepidi applausi. Perché, vedete, Stiffelio non ebbe mai un gran successo. Il pubblico non ci si affezionò mai, perché – povero Verdi! – era troppo borghese. .

È vero che, se non abbiamo caverne – orride od otherwise – né teste coronate o guerre in corso, abbiamo pur sempre un castello tedesco, un cimitero, un duello e uno svenimento e una chiesa un tempio gotico – benché di persuasione assasveriana – ma per il pubblico ottocentesco non era abbastanza. Il pubblico ottocentesco, se voleva vicenduole famigliari tra amici, cugini e ospiti per il fine settimana, andava al teatro di prosa. All’opera ci andava per faccende più pittoresche e melodrammatiche – o quanto meno ci era sempre andato.

E se è vero che il gusto stava per cambiare, restava sempre la censura. Abbiamo già detto quanto fosse imprudente quest’abbondanza di temi e personaggi religiosi connessi con l’adulterio, per non parlare della lettura di un passo evangelico in scena… Sul libretto di Stiffelio le censure d’ogni dove si gettarono come formiche a un picnic. Tanto che Verdi e Piave (povero Piave!) si decisero alla fine a spostare la storia in altri tempi e luoghi. Si provò ancora con la Germania (trasformando il pastore Stiffelio nel primo ministro Wellingrode – cosa che mi dà da pensare soprattutto per il III Atto…), poi ad Arlem/Harleem, e infine nell’Inghilterra medievale e crociata. giuseppe verdi, francesco maria piave, stiffelio, aroldo

Stiffelio divenne il cavaliere sassone Aroldo, Stankar il vecchio cavaliere Egberto, Lina fu ribattezzata Mina, Jorg si mutò nel pio solitario Briano e Raffaele diventò il cavaliere di ventura (e di padre ignoto) Godvino. Tolti di mezzo gli Assasveriani**** e tutti i pericolosi ammenicoli religiosi, al castello e al cimitero si aggiunsero le Crociate, la cavalleria e, in un quarto atto nuovo, la Scozia selvaggia attorno a Loch Lo(o)mond e un naufragio. Il nuovo libretto era molto più convenzionale, ed ebbe qualche successo in più, ma anche qualche fiasco sonorissimo. 

Temo che, pur essendo un lavoro-cerniera tra ere della storia del melodramma e tra periodi artistici della carriera di Verdi, Stiffelio resti un’opera un po’ così. Interessante per le intenzioni – e però discontinua, malcerta e, alla fin fine, bruttina.

Se anche nella nostra epoca senza censura viene rappresentata così poco, un motivo ci sarà

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* Vi ricorda nulla? Padre deciso a vendicare l’onore della figlia; seduttore con crisi di coscienza; insulti cumulativi e progressivi… Caramelle virtuali a chi ricorda dove abbiamo già visto la situazione pari pari – anche se con esiti diversi.

** Yes, well, non che restasse molto da capire, vero?

*** Dopo avervi detto lunedì scorso di non avere mai sentito nemmeno una nota di quest’opera, ho recuperato un cd di arie verdiane per baritono che comprende i rimuginamenti suicidi di Stankar. Nonostante il bravo interprete, se dicessi di esserne rimasta enormemente impressionata, mentirei.

**** E a questo punto posso anche confessarlo: ho cercato di scoprire in che diamine consista l’Assasverianismo o Assaverianesimo (is it a word at all?), ma non sono approdata a nessuna conclusione più precisa di “variante di protestantesimo” Qualcuno ha idee in proposito?


Librettitudini Verdiane: Stiffelio (Parte II)ultima modifica: 2013-08-26T08:05:00+02:00da laclarina
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