Senza Errori di Stumpa

Lettere D’Amore

Post un nonnulla atipico per argomento, forse – ma germoglia da un concorso cui non ho partecipato – no, due concorsi cui non ho partecipato – pur avendoci fatto un pensierino a dispetto dell’uncongenial theme.

E dalla considerazione che la lettera d’amore letteraria era, un tempo, device assai diffuso. All’opera, a teatro, in prosa e in poesia… a ben pensarci, la letteratura è piena di gente che riversa il proprio cuore sulla carta non per la pubblicazione, ma per conquistare il cuore dell’amata/amato. Il corteggiamento per iscritto è un aspetto particolare del romanzo epistolare oppure compare più o meno episodicamente in opere che epistolari non sono.

Mi viene in mente per primo il Cyrano de Bergerac, in cui le lettere che Cyrano scrive a Roxane per conto di Christian, immedesimandosi appena un po’ troppo, sono qualcosa di più di un device della trama. Attraverso le lettere meravigliose, Roxane (précieuse pronta ad andare in deliquio per un concetto ben espresso) s’innamora senza saperlo dell’uomo sbagliato. E nel quint’atto, l’ultima lettera macchiata di sangue resta il simbolo del ricordo non veritiero di Christian che si frappone fra Cyrano e Roxane fino a quando è troppo tardi. L’anima era la vostra! Ma il sangue era il suo… Le lettere partono come una graziosa menzogna, diventano l’unico sbocco per l’amore che Cyrano si ostina a considerare senza speranza e finiscono col rivelarsi un inganno crudele che rovina un paio di vite. Che cari piccoli pezzetti di carta!

Un caso meno estremo lo troviamo all’opera. Andrea Chenier, poeta e rivoluzionario in odor di bruciaticcio, riceve quelle che lui per primo definisce “strane lettere”: or gravi, or soavi, or rampogne, or consigli. Lettere di una donna misteriosa che gli fa da coscienza. Un’egeria rivoluzionaria non sembrerebbe la più tenera delle faccende, ma Chenier, essendo un poeta, è già perso dell’ignota scrittrice, perché… in quelle sue parole vibra un’anima. Gli va relativamente bene: nonostante la cinica vivisezione dell’amico Roucher, che dopo avere analizzato carta, scrittura e profumo dell’ultima missiva dichiara l’autrice essere una “meravigliosa”*, Chenier scopre che l’ognor celata amica sua è la bella Maddalena di Coigny, contessina tempestosamente incontrata al primo atto e ora terribilmente in disgrazia. Non c’è bisogno d’altro: lei ricordando un’appassionata arringa di lui, lui sulla sola forza delle lettere, si ritrovano già innamorati del più puro amore spirituale – e non soltanto. Tempo un atto e finiranno insieme alla ghigliottina, ma tutti concorderete con me sul fatto che questi sono dettagli.

Un altro che di lettere ne scriveva assai era il giovane Werther – tanto che i suoi Dolori sono tutto un romanzo epistolare. A me, se devo essere sincera, il giovane Werther tanto simpatico non è: si macera per varie centinaia di pagine mentre la fanciulla del suo cuore va sposa a un altro (che non è affatto un vilain, ma un bravo e buon ragazzo) e, quando è troppo tardi, si suicida prendendo a prestito le pistole dello sposo felice. Che caro ragazzo! E intanto riversa i suoi dolori in fiumi d’inchiostro, culminando nell’ultimo, cattivo, ricattatorio bigliettino a Lotte… Viene da pensare che le lettere di Werther siano tutto un protratto, compiaciuto esercizio di cupio dissolvi, inteso molto più a gratificare lo scrivente che a far felice in alcun modo la destinataria. E, detto tra noi, non avrei mai creduto Goethe capace della noterella (non spedita, se ben ricordo) in cui Werther supplica Lotte di non asciugare l’inchiostro con la sabbia, perché sennò, quando bacia i suoi biglietti, la sabbia stessa gli va tra i denti!

Ma forse, la mia lettera letteraria preferita è quella di Tatjana nell’Evgeni Onegin. Lei sì che versa l’anima sulla carta, la tenera e ingenua Tatjana che per tutta una notte estiva cerca prima le parole e poi il coraggio per dichiararsi all’uomo dei suoi sogni, comparso inaspettato e meraviglioso come un principe nelle favole, la risposta a tutte quelle vaghe aspirazioni senza nome che nascono da una solitudine condita di romanzi… La lettera di Tatjana non è un inganno, non è la maschera di un anonimato, non è un compiacimento di sé: è semmai troppo sincera, e come tale Evgeni la respinge e la restituisce, freddo e un po’ cinico, affettando saggezza, ostentando ennui. Mal ne incoglierà a lui e ad altri – e intanto la lettera diventa segno di un amore non ricambiato per incapacità.

Insomma: menzogne, paura, ricatto morale, affetti mal riposti… fossi il personaggio di un romanzo, forse starei attenta prima di scrivere (e ricevere) lettere. E’ una di quelle circostanze in cui sono lieta di non esserlo.

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* Simpatico eufemismo dell’epoca per indicare una meretrice.

Lettere D’Amoreultima modifica: 2013-08-28T08:05:00+02:00da
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