Leggendo In Inglese

Ricevo una mail che, tra molte altre cose, dice anche questo:

Sul fatto che tu legga solo libri inglesi e americani, non dico niente. Sono fatti tuoi e ciascuno legge quel che gli/le pare e poi ne scrive sul suo blog. Quel che mi domando è perché tenere un blog in italiano e poi recensire libri che in italiano non sono stati tradotti. […] Tutti i tuoi lettori sanno l’inglese abbastanza bene per leggere le cose che recensisci? Io ti leggo da un po’ meno di due anni, e noto che ultimamente ti sei messa a recensire cose non tradotte. In tutta sincerità, quando trovo un post così, mi fai venir voglia di leggere e poi alla fine scopro che non posso. Ci resto male, non è divertente, e sinceramente ti fa anche sembrare un po’ snob. Possibile che non trovi niente di tradotto, che possiamo leggere anche noi?

Ah già, le recensioni di libri non tradotti…

Ok, parliamone. Ho raccontato qui*, come e perché una ventina d’anni fa io abbia cominciato a leggere in Inglese e sia rimasta folgorata dall’esperienza. La versione breve della storia è che negli ultimi due decenni ho letto tutto quello che potevo in lingua originale – in Inglese, ma anche in Francese e, in anni più recenti, in Spagnolo. Sul Tedesco sto ancora lavorando, ma nutro speranze.

All’inizio è stata una faccenda di pura esuberanza, entusiasmo da scoperta. Ho riletto in originale libri che avevo già letto in Italiano, per il gusto del diverso colore della lingua, e per la quantità di parole, modi idiomatici, costruzioni e colloquialismi che si potevano assorbire. Il che può essere parzialmente responsabile delle sfumature dickensian-austenesche del mio Inglese, ma questa è un’altra storia.

Dunque, per un po’ di anni ho letto anche in Inglese, anche perché non è che fosse facilissimo procurarsi edizioni in lingua originale. A Pavia sì, ovviamente. A Cardiff e a Londra il problema non si poneva. Una volta tornata a Mantova… oh well, stendiamo un tulle misericorde.

Ma nel frattempo avevo scoperto internet e Amazon, e le possibilità si erano allargate enormemente – e anche di questo abbiamo già parlato.

Poi ho scoperto un’altra cosa. E cioè che, se volevo leggere nel mio genere, in Italia non c’era gran trippa per gatti. E non sto parlando di nulla di spaventosamente esoterico: romanzi storici.

Alas, non c’è paragone tra la scelta di romanzi storici italiani e romanzi storici inglesi e americani, in fatto di abbondanza, di varietà di periodi storici e ambientazioni e anche di qualità generale. Di tutto questo bendidio in Italia si traduce poco – qualche romanzo storico propriamente detto, un po’ di saggistica, pochissimi gialli storici – e quel poco non sono particolarmente ansiosa di leggerlo in traduzione, ma non è questo il punto. Il punto è tutto il resto che non si traduce affatto: treni merci di straight historicals, gialli ambientati nei secoli più improbabili, saggistica meravigliosa e fantasy storici.

Quindi, o Corrispondente, non leggo in Inglese perché sia snob, ma perché molto di quel che mi piace leggere si trova in Inglese o non si trova affatto e, se anche volessi leggerlo in traduzione, non potrei. Quanto alle recensioni…

Lo confesso: ho esitato prima di cominciare a dedicare post interi alla recensione di titoli non tradotti – e finora credo di averlo fatto non più di un paio di volte. Interesserà a qualcuno se lo faccio? Si sentirà maltrattato chi non legge in Inglese? A decidermi è stata la lettura di una certa quantità di ottimi fantasy storici e fantasy of manners, generi trascuratissimi alle nostre latitudini e, a mio timido avviso, meritevoli di scoperta. Perché sono diversi, perché tendono ad essere originali, intelligenti e ben scritti. Perché mostrano alcune affascinanti direzioni che può prendere la narrativa a sfondo storico se non vuole anchilosarsi.

E allora sì: credo che continuerò a recensire libri non tradotti – titoli recenti e classici da riscoprire, e bizzarrie vecchie e nuove, perché… be’, perché c’è un mondo là fuori. E perché leggere resta il mio modo preferito di imparare ed esercitare una lingua. E perché penso che valga la pena di sapere che ci sono altre possibilità.

Ecco, alla fin fine è questo il punto: credo davvero che ne valga la pena.

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* E a dire il vero un pochino anche qui

 

Leggendo In Ingleseultima modifica: 2013-01-07T08:10:00+01:00da laclarina
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10 Commenti

  • Molto interessante.
    Un paio di notti addietro sono stato bacchettato, insieme con alcuni amici, perché si discuteva di romanzi letti in originale.
    Anche qui nulla di esoterico, eh – fantascienza, fantasy, letteratura d’immaginazione, l’occasionale poliziesco, la saggistica.
    Quando ho fatto notare che il problema è proprio quello di reperire in lingua patria novità da leggere, mi è stato detto in maniera abbastanza piccata che sono un esterofilo del piffero, e che se volessi potrei cercare su bancarelle e a remainders le vecchie edizioni di ciò che non si pubblica più, e leggermi quello.
    Insomma, se non trovi novità, cerca i vecchi libri fuori stampa.
    O al limite acquista ristampe di ciò che hai già letto, e rileggilo!
    Ma non tradire la Patria, la Bandiera, l’Italiaca Tradizione – che è per colpa di quelli come te, che leggono in inglese, che gli editori italiani non pubblicano più! (certo, come no)

    Francamente questi idioti cominciano a infastidirmi.
    Sono ormai più di venticinque anni che leggo in inglese perché è meglio (più varietà, edizioni migliori a prezzi più bassi, più varietà, nessuna intermediazione da traduttori spesso mediocri, più varietà, zero tempi di attesa fra pubblicazione originale ed eventuale traduzione… ho già detto che c’è più varietà?) e sono più di venticinque anni che queste anime semplici mi danno dello snob, perché loro piuttosto che tradire la Lingua dei Padri, beh, che diamine, non leggono!
    Poi vanno a farsi la vacanza-studio in Irlanda per imparare l’inglese, e tornano con una fissazione per la Guinnes, e parlano l’inglese come Tarzan (quello dei film, che quello dei romanzi, l’inglese lo parlava bene quanto il francese).

  • No, chiariamo: la persona che mi scrive non la butta sul patriottico. È che non trova nessun gusto a leggere in Inglese. Sospetto che guardi chi legge in Inglese con lo stesso incredulo orrore con cui io guardo chi mangia la carne rossa con goloso diletto… È tutta un’altra faccenda rispetto a quel che dici tu. È capitato anche quello, non dico di no – ma con chi mi tratta da nemica della patria per motivi editoriali… be’, diciamo che non ho molta pazienza. 🙂

  • Ma qual è il problema di leggere libri in inglese e recensirli in italiano? Lo faccio anche io. Alcuni titoli potranno essere tradotti, quindi il lettore che legge solo in italiano potrà leggerli. Poi ci sono quelli che non hanno problemi a leggere in inglese e troveranno utile la mia recensione.
    Per gli altri, francamente non m’interessa: nel mio blog scrivo quello che voglio.
    La varietà di libri è molto più alta, alcuni titoli qui non arriveranno mai. E poi non mi fido delle traduzioni, ho trovato parecchi errori, invenzioni, mancanze, assurdità che mi fanno preferire la versione originale alla traduzione italiana.

  • Immagino che l’unico possibile problema sia la frustrazione del lettore che non legge in Inglese, quando capita che s’interessi a un libro per poi scoprire di non poterlo leggere. Immagino che *possa* essere seccante, specie se capita spesso – hence questo post in cui ho voluto chiarire la questione…

    Per quanto riguarda le traduzioni… eh, la faccenda è complicata. Purtroppo la qualità delle traduzioni non è sempre quel che dovrebbe essere. Magari ne parleremo.

  • Volevo leggere “The prestige” di Priest, ma non era tradotto, e il mio inglese era misero. A un certo punto ho cominciato a percepirlo come un limite intollerabile: NON POSSO LEGGERE UN LIBRO?!?!

    Allora ho preso un libro che credevo “acchiappone”, uno di quelli che non puoi lasciare a metà, e che credevo “facile”. Harry Potter. Il libro era acchiappone, ma non facilissimo. Ad ogni modo, ho letto tutta la serie, poi ho preso Priest. Da allora, la metà dei miei libri sono in inglese.

    Insomma, sarò sempre eternamente grato alla Rowling, e al kindle col suo fantastico monolingua integrato.

  • Ah, sì: la maniera migliore…. eccetera eccetera. Non so, in qualche modo non ti avrei immaginato potteriano – goes to prove che la gente è piena di sorprese. 🙂

  • Proponiti ad un editore per la traduzione 😉

  • Ogni tanto ci penso, sai? Quando m’imbatto in un libro che mi piace davvero tanto, mi dico che potrei, potrei, potrei proprio…
    Poi interviene sempre la mia limitata fede nella traduzione letteraria… Ma chissà, magari una volta o l’altra mi butterò.

  • Va beh Chiara, ma è vero che sei snob. Certo con simpatia, esprimi sempre idee interessanti e stimolanti, ma… snob 🙂

    Adesso non dico che dovresti scrivere della pajata, ma penso che il 90% dei frequentatori si senta vagamente inadeguato ai contenuti. È inevitabile che sia così, ma vedi: noi lettori, che stiamo da questa parte della barricata, vorremmo sentire gli scrittori vicini, “come noi”. Tu fai bene a raccontarci le tue passioni storiche e il divertimento conseguente alla lettura di quel raro racconto scritto in inglese arcaico, ma non puoi stupirti che qualcuno ti scriva perché si sente escluso.

    Va beh, adesso mi odierai. Che faccio, scrivo un bel post su quel trattato di analisi algebrica del 1910 che nessuno ha mai letto fino all’ultima pagina? 😉

  • 🙂 No che non ti odio. Però mi permetto di dissentire. Può darsi che sia snob – non nego in assoluto – ma non per quello di cui parlo sul mio blog. O almeno non credo. Voglio dire: la maggior parte di quel che leggo, la leggo a) per libera scelta; b) nell’intento di scoprire qualcosa che non so. Per cui, mi sembrerebbe buffo considerare snob il blogger che posta di argomenti che m’interessano ma talvolta non conosco. E non è che mi ci senta inadeguata: è qualcosa che prima non sapevo, o di cui avevo qualche vaga idea nella migliore delle ipotesi; adesso scopro che esiste e, se me ne punge l’uzzolo, posso approfondire per conto mio – oppure no, grazie mille, è sufficiente così.
    Però tendo a preferire quei blog dove posso scoprire qualcosa (magari l’esistenza di certi trattati di algebra…). Questione di curiosità, direi.
    Non è così che funziona la lettura di un blog?
    Quanto meno è così che la intendo, e giurin-giurello che non ho mai postato per fare sfoggio di alcunché, nè nella più remota intenzione di far sentire inadeguato alcunchì…