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Mar 19, 2018 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Libri di Famiglia

Libri di Famiglia

dersu-uzala-0-230-0-345-cropTre anni fa – o per la precisione tre anni e tre giorni fa – postavo di giornate ventose e di Buzzati, e del modo in cui Buzzati avesse figurato nella mia infanzia, tramite il mio buzzatianissimo babbo.

Poi nei commenti si parlava con D. di libri e genitori, e io concludevo dicendo che una volta o l’altra averi raccontato l’assai meno idillica stroria di mio padre, Dersu Uzala e me… As I said, sono passati tre anni e tre giorni – ma eccomi qui. Dersu Uzala.

Se non sapete di che si tratta, non agitatevi: non credo che siamo precisamente legioni ad aver letto il noiosissimo libro del capitano Vladimir K. Arsen’ev… Io sì – o non starei scrivendo questo post – ma non di mia iniziativa.

DersuCapitò, alas and alack, che ce ne fosse un’edizione scolastica tra le pile di libri per l’Ora di Narrativa che ogni anno le case editrici mandavano in visione a mia madre insegnante. Mio padre questa storia di esplorazioni russo-asiatiche l’aveva letta con gran gusto, e la citava spesso (di solito quando andavamo per boschi – ma non solo), e aveva apprezzato molto anche il film omonimo di Kurosawa… quando vide il librino, con un fotogramma del film in copertina, lo estrasse dalla pila e me lo mise in mano.

“Ah, leggi questo,” disse. “Vedrai.”

E lo metto in corsivo per sottolineare come fosse il genere di “vedrai” che di solito prometteva meraviglie… Ebbene, a otto o nove anni non solo ero una bambina obbediente, ma nutrivo anche molta fiducia letteraria nei miei adulti. Per di più, come dicevo sopra, tutta la faccenda era spesso citata e dunque in parte familiare: era come conoscere finalmente qualcuno di cui si era tanto sentito parlare. Così mi misi a leggere… e mi annoiai oltre ogni dire. Dersuuzala

Ora, sono passati parecchi anni, ma mi par di ricordare che il buon Capitano Arsen’ev raccontasse con passo assai sedato e soporifera dovizia di dettagli, indugiando all’infinito sull’abilità e preternaturale saggezza della sua eponima guida indigena… e sono ragionevolmente certa che nulla succedeva – o non granché. Così piccola, e già ossessionata dalla fabula…  Ad ogni modo, finii il libro, perché i libri si finivano sempre, e poi comunicai a mio padre che no, non mi era piaciuto molto.

“Mi sono annoiata,” dissi.

La reazione non fu particolarmente buona. Mi ero annoiata? Come potevo essermi annoiata? Un libro così bello, così poetico, una storia di viaggi ed esplorazioni, e quest’amicizia tra il narratore e Dersu… Come potevo? Di certo non lo avevo letto bene?  Come dicevo nel commento al post su Buzzati, è del tutto possibile che una lunga carriera nell’Esercito renda  impervi alla possibilità che un libro che si adora possa non essere proprio la tazza di tè di qualcun altro… il mio babbo proprio non si capacitava che Dersu non mi piacesse, e riteneva suo dovere convincermi del contrario.

dersu-uzala-md-webPeriodiche insistenze perché rileggessi, discussioni, sarcasmo, ricatto morale, baratti*, il film… non c’erano molte tattiche a cui il genitore non fosse disposto a ricorrere nel suo zelo missionario – senza cogliere che più lui insisteva, più si cementava la mia avversione per il povero Dersu. Si cementava al punto che ancora oggi, la sola idea di riprendere in mano il libro mi scombussola: da un lato, sarei curiosa di vedere se, da adulta, possa vederlo diversamente; dall’altro, la reazione automatica è la fuga…

E alla fin fine non lo so: immagino che, a suo modo, anche Dersu Uzala sia un libro che ho in comune con mio padre. Non come lui avrebbe inteso, surely, ma in più di una maniera difficile da ignorare, attraverso svariati decenni. Tra le altre cose, fu un’esperienza miliare del fatto che i miei adulti non sempre avevano necessariamente ragione – almeno non in fatto di libri… Di sicuro anche questo conta, non pensate?

Voi che ne dite, o Lettori? Libri in comune – nel bene e nel male…?

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* “Io leggo X se tu rileggi Dersu…”

 

Gen 4, 2010 - libri, libri e libri    6 Comments

I Terribili Dieci

“Qual è il libro più brutto che hai letto?” chiede F.

La domanda non mi prende tanto alla sprovvista da non poter rispondere, perché ho il vivido ricordo della tormentosa lettura in questione, ma è inconsueta. Di solito la gente ti chiede qual è il tuo libro preferito, non il più brutto che hai letto. Però la faccenda aveva il suo fascino, e ci ho rimuginato su. Per cui, o F., pur essendo passati diversi mesi dalla fatale conversazione, ecco una risposta più ragionata e meno lapidaria: non tanto i più brutti (perché tutto è relativo, anche se credo che un libro brutto sia un libro brutto), ma quelli che ho detestato con maggiore passione.

1. The Admirable Crichton, di W.H. Ainsworth. Qui è dettagliatamente spiegato perché. Adesso mi limiterò a dire che raramente mi è capitato di leggere una simile accozzaglia di incidenti gratuiti e di personaggi privi di qualsiasi personalità. Come facesse a suo tempo Ainsworth a rivaleggiare con Dickens, non lo capirò mai…

2. La Bambinaia Francese, di Bianca Pitzorno. Che posso dire? Gli anacronismi e il politically correct sono due tra le mie allergie più violente, e questo libro è farcito di atroci anacronismi per amore del politically correct… I’ll leave the math to you. Per di più ha la pretesa di bistrattare Jane Eyre.

3. Il Soccombente, di Thomas Bernhard. L’esempio classico di qualcosa che non è un romanzo. E insisto: a pagina 5 sappiamo perché il Soccombente si è suicidato, dopodiché Bernhard si gira attorno senza sosta e senza costrutto visibile… E’ possibile che io sia ossessionata dalla fabula, ma mi piace che i romanzi vadano da qualche parte, grazie.

4. Il Piccolo Principe, di A. de Saint-Exupéry. Sì, lo so: questa è un’eresia grossa, e mi attira sempre occhiate colme di orrore. “Ma cooooome? Non ti piace il Piccolo Principeeeee?” Ebbene, no. Non mi piace, ed è una vita che ne sono perseguitata, a partire da uno dei primi libri illustrati avuti in regalo da piccina, per proseguire per un intero campo scuola dell’Azione Cattolica Ragazzi (15 dannati giorni!!), e tutto un quadrimestre della IV Ginnasio… Personalmente lo trovo la fiera della più zuccherosa ovvietà. “Per favore, addomesticami! Ci guadagno il colore del grano…! *Rolls eyes*

5. Il Gabbiano Jonathan Livingstone, di Richard Bach, a cui si potrebbe aggiungere anche Uno, dello stesso autore. Stesso motivo del n° 5: Pace! Amore! Gioia! Oh umanità, vola più alto! Sigh. E non sono nemmeno scritti bene!!

6. Dersu Uzala, di Vladimir K. Arsenev. Questo la maggior parte della gente se lo becca sotto forma di film (A. Kurosawa), ed è già noioso la sua parte. Io ho avuto la fortunaccia di leggere anche il libro da cui il film è tratto: le memorie di un ufficiale russo alle prese con questo Uiguro o Calmucco, o qualunque cosa fosse, che vaga nella tajga e sforna perle di saggezza all’infinito. Nel duplice senso che sembra non esserci limite alle perle stesse, e che Dersu parla come gli Indiani nei film d’un tempo, tipo “adesso Dersu cucinare pesce”.

7. L’Eneide, di Publio Virgilio Marone. Ho un’incapacità congenita di simpatizzare con il pio Enea, che ops… dimentica provvidenzialmente la moglie a Troia, abbandona Didone, si lascia proteggere dalla mammina dea in battaglia al punto che il duello con Turno è al limite dell’omicidio! E tutto con quel fare lesso…

8. Cristoforo Colombo, di Gianni Granzotto. Considerando che il meraviglioso Annibale dello stesso autore è invece uno dei miei livres de chevet, posso solo immaginare che si sia trattato d’incauta esposizione. In fondo, avevo solo dodici anni, e oltre a leggerlo, mi toccava anche fare terrificanti esercizi come “confronta l’atteggiamento della Regina Isabella e di Colombo nel dialogo a pagina 37, ed elenca in due colonne distinte le reazioni positive e negative di ciascuno dei due.” A volte mi chiedo se l’ora di Narrativa non faccia più danni che benefici.

9. Verdi Colline d’Africa, di E. Hemingway. [Ma tanto Addio alle Armi quanto Il Vecchio e il Mare farebbero al caso: H. non è il mio scrittore…] Ne ricordo solo interminabili scene di caccia descritte con sadica indifferenza e altrettanto interminabili dialoghi con il boy africano, il cui sugo era “no, non lo voglio, il maledetto ciai!” Non ho intenzione di rileggere per sincerarmi se ci fosse altro.

10. Il Cavaliere Inesistente, di I. Calvino. Posto che anche Marcovaldo troverebbe posto nella lista, se andassi avanti, devo confessare che in gioventù il mio sense of humour era limitato: quando ho letto questo libro ero in piena medievite, e non l’ho presa bene…

E so che ho detto Dieci, ma posso citare un undicesimo titolo che non appartiene in pieno alla lista? Revolt in the Desert di T.E. Lawrence è davvero un caso di amore/odio. Adoro la storia (un arruffapopoli che si trascina dietro una guerriglia improbabile e compie imprese inaudite), ma detesto di cuore l’egocentrico, presuntuoso, autocelebrativo Lawrence.

Ecco qui. Non sono tanto fortunata da avere detestato solo dieci libri in vita mia, ma questi sono quelli che salgono alla mente per primi. Evidentemente quelli a cui porto più rancore…