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Mar 8, 2013 - considerazioni sparse    7 Comments

Niente Mimose, Per Favore

“No, io leggo solo libri scritti da donne,” dice con aria compiaciuta, mentre versa nel caffè d’orzo la terza bustina di zucchero di canna. “Sono un’altra cosa.”

Le sue due giovani compagne di tavolino la guardano ammirate, e annuiscono.

“Anch’io amo molto le scrittrici donne,” annuncia una delle due, e la creatura dello zucchero di canna le sorride con approvazione.

E a nessuno salta in mente di chiedere alla fanciulla se conosce molte scrittrici uomini…

“E’ inutile,” prosegue la capobranco, “le donne hanno un’altra sensibilità. Un altro… sguardo.” E disegna le virgolette nell’aria con gli indici.

“Certe storie le può raccontare solo una donna,” rincara la terza componente di questa piccola sorority letteraria, e si guadagna anche lei il suo bel sorriso rassicurante. “Prendete La Casa degli Spiriti…”

Ah, ecco. Era solo questione di tempo.

“Ah, Isabel Allende!” esclamano in coro le altre due.

“È unica.”

“È meravigliosa.”

“Con questi personaggi femminili così forti e al tempo stesso dolci.”

“Così solari.”

“Anche il film è bellissimo…” azzarda la discepola che ama molto le scrittrici donne – ma questa volta la capobranco storce un pochino la bocca.

“Ovviamente non è la stessa cosa,” la fanciulla si affretta a rientrare nei ranghi. “E comunque una storia così avrebbe potuto scriverla solo la Allende.”

“Per certi sentimenti, per certe emozioni ci vuole solo una donna,” dice l’altra discepola.

“Guarda, nemmeno Coelho – e a me Coelho piace – ma nemmeno lui.”

E la capobranco si alza e raccoglie armi e bagagli scuotendo i riccioli con un’ombra di compatimento. Coelho, per carità. “No, guardate, è inutile. Una donna ha un altro sguardo.”

Ed escono tutte e tre in processione, con l’officiante in testa. Amen.

E a me viene in mente Marion Zimmer Bradley, che curava (cura?) antologie di racconti fantasy al femminile, e in una prefazione raccontava della quantità di gente che le scriveva per protestare contro l’inclusione di autori maschi. Perché le donne avevano un altro sguardo. Perché gli uomini non avevano la capacità, la sensibilità, il diritto di scrivere protagoniste femminili. Con buona pace, immagino, di gente di carta come Anna Karenina e Natasa Rostova, e Isabel Archer, e Lucy Honeychurch – per citarne solo qualcuna.

E mi viene in mente Manda Scott, nei cui libri le donne sono tutte benintenzionate, ragionevoli, generose, profonde, in gamba, intuitive, coraggiose, capaci di sacrificio e chi più ne ha più ne metta – e gli uomini… er, no.

For goodness’ sake.

Oggi e tutti i giorni, per favore, siamo sensate. Non vogliamo essere considerate il sesso debole, ma dobbiamo essere il sesso speciale? Quelle che hanno l’esclusiva di certe storie – certi sentimenti, certe emozioni? Quelle brave e buone sulla fiducia? Quelle forti e dolci e solari?

No, grazie. Sia chiaro: sono molto lieta di essere una donna – ma preferirei essere considerata, nel bene e nel male, prima come individuo che come membro standard di una categoria.

E vorrei essere letta perché scrivo bene – non perché sono una scrittrice donna, thank you very much.

 

 

 

Mar 8, 2010 - considerazioni sparse    5 Comments

Festa della Donna

charlotte-bronte-image.jpgFrancamente non l’ho mai festeggiata granché: non sono una femminista, e non ho nessunissima obiezione quando un uomo mi cede il passo alla porta.

Ciò detto, per l’occasione, piccola storia letteraria al femminile.

La promessa della famiglia Bronte non era Charlotte né Emily, e tantomeno Anne. La promessa era l’unico figlio maschio Branwell, il ragazzo brillante, pieno di fascino e di talento, che studiava pittura e pubblicava le sue poesie sulle riviste. Poi andò a finire che Branwell non combinò mai nulla di buono e morì alcolizzato, mentre le sue sorelle diventavano l’astro del mondo letterario inglese. Scandaloso astro: dapprima pubblicarono sotto gli pseudonimi di Currer, Ellis e Acton Bell, scelti con cura per sembrare nomi maschili, ma non troppo. Le nostre ragazze avevano l’impressione che gli editori avrebbero più facilmente preso sul serio degli aspiranti scrittori, ma non volevano nemmeno spacciarsi completamente per uomini… Victorian feminine delicacy. Solo che i loro romanzi erano così potenti, così audaci e così originali che persino i supposti “Fratelli Bell” furono accusati di grossolanità. C’era talento, dicevano i critici, ma rozzo. S’intuiva benissimo l’opera di tre autodidatti di poca educazione, tre giovanotti dalla fantasia spontanea e priva di finezza, con una volgare propensione ad occuparsi degli aspetti più sgradevoli dell’umana natura…  E invece erano le tre figlie zitelle del Reverendo Bronte. Venne il momento in cui, nonostante la feroce resistenza di Emily, l’anonimato andò a farsi benedire, e la notizia della vera identità di Currer, Ellis e Acton Bell sollevò nuovo scalpore: come potevano tre giovani signore scrivere così poco fini? Poi, in realtà, soltanto Charlotte fece in tempo a diventare davvero famosa da viva, ma era brutta, timida e non vestiva alla moda. Insomma, visto che non era un uomo, Charlotte avrebbe potuto almeno essere una romanziera tutta glamour. Forse al pubblico sarebbe piaciuto sapere che Charlotte aveva rifiutato il corteggiamento del suo giovane e bell’editore George Smith perché era innamorata di un uomo sposato in Belgio… ma Miss Bronte teneva i suoi segreti per sé, e se ne stava nelle sue brughiere, e non faceva nulla per essere alla moda.

Insomma, eccola qui, la nostra eroina: una scrittrice di genio, tosta in una maniera quieta e tutta sua, tanto indipendente quanto poteva esserlo una donna della sua epoca, appassionata senza scandali (a mimosa.jpgparte quelli letterari…), determinata nel perseguire i suoi sogni a dispetto degl’impedimenti posti dal suo sesso, dalla sua condizione sociale e dall’isolamento geografico. Niente rivendicazioni, niente sguaiatezze, niente trasgressioni: solo una donna che ha lasciato il segno con i suoi libri, a forza di talento, perseveranza, disciplina e passione. Non è un bel modello femminile, per un 8 marzo?