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Dic 11, 2017 - angurie, Poesia    Commenti disabilitati su Neveneveneve

Neveneveneve

SnowcNeve, ieri… Neveneveneve.

No, non una follia, ma erano secoli che non ne vedevamo qui – e men che meno così presto in dicembre.

Si è cominciato a vedere qualche piccolo fiocco mentre trotterellavo verso la città per la pomeridiana del Fantasma.

“Oh, fa finta di nevicare,” mi son detta. E invece via, che i fiocchi s’infittivano viepiù. Quando ho parcheggiato davanti al Teatrino, veniva giù qualcosa che cominciava a meritare il nome di nevicata.

“Nevica!” ho annunciato, irrompendo nei camerini. Gli attori mi hanno guardata come fa la gente adulta con gl’implumi – tutti, persino i Non Gemelli che sono implumi per davvero.

“Oh, ma sta già smettendo,” mi ha informata Mrs. F. Con l’aria di sottintendere Del che tu, che poi guidi fino in campagna, dovresti essere contenta. Ma si sa che non ho un briciolo di buon senso – e contentissima non ero. Comunque poi era ora di andare in scena, e non c’è stato più tempo per discutere il meteo.

Yes, well - non è proprio così che guidossi sotto la neve...

Yes, well – non è proprio così che guidossi sotto la neve…

But lo! Quando, un Fantasma più tardi, siamo usciti dal teatro… nevicava ancora! E con un certo impegno. E in effetti, guidossi fino in campagna, per lo più in coda e a velocità di carovana – ma era così bello! E se devo essere sincera, temevo molto che smettesse durante il viaggio – ma no: sono arrivata a casa sotto la neve, cinguettando carole natalizie in tema. Cinguettandole euforicamente…

Lo ripeto: erano anni, forse dieci o dodici, che non si vedeva una nevicata vera e propria dalle mie parti nella prima metà di dicembre. E comunque poi ha smesso, e adesso piove, e le strade sono pulite, e tutto torna alla normalità – ma per qualche è stato magico!

E in celebrazione, poesia, volete? Poesia da tre continenti diversi – a riprova del fatto che il fascino della neve funziona a tutte le latitudini:

La neve

Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,

La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

(Giovanni Pascoli)
Pensiero segreto

In un paese ove la neve
raramente cadeva nei passati inverni,
da molti giorni nevica.
S’accumula la neve ed ogni cosa
vien ricoperta da un candido manto:
sotto quel manto paiono più belle
tutte le cose più comuni e vane.
Ma nel nostro pensiero c’impaura
il pensier, che domani, con il sole,
la neve sàrà fusa e allor le cose
sembreranno più brutte e più meschine.

(Fuyuhiko Kitagawa)
Era lei, la neve E un mattino
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d’improvviso aperta la porta,
meravigliati la calpestammo:
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era
timidamente festosa
era
fittissimamente di sé sicura.
Giacque
in terra
sui tetti
e stupì tutti
con la sua bianchezza.

(Evgenij Evtusenko)
The Snow That Never Drifts

La Neve che mai si accumula – La transitoria, fragrante neve Che arriva una sola volta l’Anno Morbida s’impone ora –Tanto pervade l’albero
Di notte sotto la stella
Che certo sia il Passo di Febbraio
L’Esperienza giurerebbe –

Invernale come un Volto
Che austero e antico conoscemmo
Riparato in tutto tranne la Solitudine
Dall’Alibi della Natura –

Fosse ogni Tempesta così dolce
Valore non avrebbe –
Noi compriamo per contrasto – La Pena è buona
Quanto più vicina alla memoria –

(Emily Dickinson)

Lug 14, 2017 - Poesia    Commenti disabilitati su Sturm und Drang

Sturm und Drang

monet-landscape-with-thunderstorm-14576Temporale protratto, fra notte e mattina, completo di tuoni, fulmini e lampi. Mi dicono che qua e là sia persino grandinato. Adesso vento, più che altro – e temperature al limite del freddino.

Se non fossi in disperato ritardo su una scadenza incombentissima, adesso posterei di temporali in letteratura… essendo, tuttavia, in disperato ritardo su una scadenza incombentissima, credo che per oggi mi limiterò a qualche  temporale poetico:

Pascoli:

Un bubbolìo lontano…

Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano.

Neruda:

Tuona sopra i pini
La nube densa sgrana le sue uve,
cade l’acqua da tutto il cielo vago,
il vento scioglie la sua trasparenza,
si riempiono gli alberi di anelli,
di collane, di lacrime fuggenti.

Goccia a goccia
la pioggia si raccoglie
ancora sulla terra.
Un solo tuono vola
sopra il mare e i pini,
un tuono opaco, oscuro,
un movimento sordo:
si trascinano
i mobili del cielo.

Di nube in nube cadono
i pianoforti delle altezze,
gli armadi celesti,
le sedie e i letti cristallini.
Tutto è trascinato dal vento.
Canta e racconta la pioggia.

Hermann Hesse:

S’ammala il sole, s’accuccia il monte,
carovane di nere nuvole
stanno in agguato di fronte,
in basso timidi uccelli volano,
in terra trascorrono grigie ombre.
Il tuono, lento dopo il fulmine,
passa con rombo pauroso.
Fitta, gelida la pioggia
s’abbatte in rovesci di scialbo argento,
scroscia in fiumi, scorre in rivoli,
con mal trattenuti singhiozzi.

E ancora Pascoli, va’…

È mezzodì. Rintomba.
Tacciono le cicale
nelle stridule seccie.
E chiaro un tuon rimbomba
dopo uno stanco, uguale,
rotolare di breccie.
Rondini ad ali aperte
fanno echeggiar la loggia
de’ lor piccoli scoppi.
Già, dopo l’afa inerte,
fanno rumor di pioggia
le fogline dei pioppi.
Un tuon sgretola l’aria.
Sembra venuto sera.
Picchia ogni anta su l’anta.
Serrano. Solitaria
s’ode una capinera,
là, che canta. . . che canta. . .
E l’acqua cade, a grosse
goccie, poi giù a torrenti,
sopra i fumidi campi.
S’è sfatto il cielo: a scosse
v’entrano urlando i venti
e vi sbisciano i lampi.
Cresce in un gran sussulto
l’acqua, dopo ogni rotto
schianto ch’aspro diroccia;
mentre, col suo singulto
trepido, passa sotto
l’acquazzone una chioccia.
Appena tace il tuono,
che quando al fin già pare,
fa tremare ogni vetro,
tra il vento e l’acqua, buono,
s’ode quel croccolare
co’ suoi pigolìi dietro.

Ecco…  Nemmeno un anglosassone, avete notato? Quelli al prossimo temporale. Intanto godiamoci la frescura…

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Apr 17, 2017 - Poesia    Commenti disabilitati su Alexandros

Alexandros

Head ofE siccome è festa, oggi poesia, o Lettori. Ed è molto ma molto Pascoli, e quindi in teoria non dovrebbe essere il mio genere – ma che posso dire? ha qualcosa… qualcosa. Fu una piccola folgorazione quando la scoprii privatamente sul tomo di Letteratura in IV Ginnasio. Una folgorazione che imparai a memoria per conto mio, e che dopo quasi tra decenni ricordo ancora, e ancora s’intrufola – a scampoi e a luccichii – in occasioni inaspettate. Si capisce: il fatto che vi si parli di storia e di rimpianti aiuta…

Oh, Clarina, che cosa allegra da propinare al prossimo il Lunedì dell’Angelo, quando si dovrebbe pensare alle scampagnate, alle quiches agli asparagi, alle biciclette e a pomeriggi di letture vacanziere! E insomma, invece oggi va così. Vi accontentate, o Lettori, degli auguri e di una poesia piuttosto blu?

I

 – Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!

Non altra terra se non là, nell’aria,

quella che in mezzo del brocchier vi brilla,

 o Pezetèri: errante e solitaria

terra, inaccessa. Dall’ultima sponda

vedete là, mistofori di Caria,

 l’ultimo fiume Oceano senz’onda.

O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,

ecco, la terra sfuma e si profonda

 dentro la notte fulgida del cielo.

   

II

 Fiumane che passai! voi la foresta

immota nella chiara acqua portate,

portate il cupo mormorìo, che resta.

 Montagne che varcai! dopo varcate,

sì grande spazio di su voi non pare,

che maggior prima non lo invidïate.

 Azzurri, come il cielo, come il mare,

o monti! o fiumi! era miglior pensiero

ristare, non guardare oltre, sognare:

 il sogno è l’infinita ombra del Vero.

 

III

 Oh! più felice, quanto più cammino

m’era d’innanzi; quanto più cimenti,

quanto più dubbi, quanto più destino!

 Ad Isso, quando divampava ai vènti

notturno il campo, con le mille schiere,

e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.

 A Pella! quando nelle lunghe sere

inseguivamo, o mio Capo di toro,

il sole; il sole che tra selve nere,

sempre più lungi, ardea come un tesoro.

 

IV

 Figlio d’Amynta! io non sapea di meta

allor che mossi. Un nomo di tra le are

intonava Timotheo, l’auleta:

 soffio possente d’un fatale andare,

oltre la morte; e m’è nel cuor, presente

come in conchiglia murmure di mare.

O squillo acuto, o spirito possente,

che passi in alto e gridi, che ti segua!

ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…

e il canto passa ed oltre noi dilegua. –

 

V

 E così, piange, poi che giunse anelo:

piange dall’occhio nero come morte;

piange dall’occhio azzurro come cielo.

Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)

nell’occhio nero lo sperar, più vano;

nell’occhio azzurro il desiar, più forte.

Egli ode belve fremere lontano,

egli ode forze incognite, incessanti,

passargli a fronte nell’immenso piano,

come trotto di mandre d’elefanti.

 

 VI

 In tanto nell’Epiro aspra e montana

filano le sue vergini sorelle

pel dolce Assente la milesia lana.

A tarda notte, tra le industri ancelle,

torcono il fuso con le ceree dita;

e il vento passa e passano le stelle.

Olympiàs in un sogno smarrita

ascolta il lungo favellìo d’un fonte,

ascolta nella cava ombra infinita

le grandi quercie bisbigliar sul monte.

 

Feb 8, 2012 - Poesia    Commenti disabilitati su Versi In Bianco

Versi In Bianco

Come temevasi, la neve ha colpito – con il serio aiuto dell’influenza. Tra la compagnia decimata e mezzo Mantovano snowbound, la prima di domani sera è cancellata, e Di Uomini E Poeti debutta sabato 11.

E visto che è così che van le cose, neve sia. In versi, magari, e in tre continenti…

La neve

Lenta la neve, fiocca, fiocca, fiocca,
senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca,
canta una vecchia, il mento sulla mano,

La vecchia canta: Intorno al tuo lettino
c’è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s’addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

(Giovanni Pascoli)
 
Pensiero segreto

In un paese ove la neve
raramente cadeva nei passati inverni,
da molti giorni nevica.
S’accumula la neve ed ogni cosa
vien ricoperta da un candido manto:
sotto quel manto paiono più belle
tutte le cose più comuni e vane.
Ma nel nostro pensiero c’impaura
il pensier, che domani, con il sole,
la neve sàrà fusa e allor le cose
sembreranno più brutte e più meschine.

 
(Fuyuhiko Kitagawa)
 
Era lei, la neve

E un mattino
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d’improvviso aperta la porta,
meravigliati la calpestammo:
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era
timidamente festosa
era
fittissimamente di sé sicura.
Giacque
in terra
sui tetti
e stupì tutti
con la sua bianchezza.

(Evgenij Evtusenko)
 
The Snow That Never Drifts
 
La Neve che mai si accumula –
La transitoria, fragrante neve
Che arriva una sola volta l’Anno
Morbida s’impone ora –

Tanto pervade l’albero
Di notte sotto la stella
Che certo sia il Passo di Febbraio
L’Esperienza giurerebbe –

Invernale come un Volto
Che austero e antico conoscemmo
Riparato in tutto tranne la Solitudine
Dall’Alibi della Natura –

Fosse ogni Tempesta così dolce
Valore non avrebbe –
Noi compriamo per contrasto – La Pena è buona
Quanto più vicina alla memoria –

(Emily Dickinson)