Tagged with " renato serra"

Kipling Secondo Renato Serra

kipling.jpgMail:

Ma Kipling ha sempre goduto (si fa per dire) di questa bella fama in Italia? Metà scrittore per bambini, metà imperialista brutto e cattivo?

E no – per niente. Questa bella fama si può datare agli anni Sessanta, per una combinazione di decolonizzazione e Disney. Prima era un’altra faccenda. E per dimostrarlo, la prima cosa che mi viene in mente è il saggio Kipling, di Renato Serra, datato 1907. Librino minuscolo di Fara Editore, curato assai bene da Marino Biondi, con una veste tipografica che è una delizia. Non a caso la collana si chiama Microbi: un vero libro-bonbon. Si troverà ancora in commercio? Francamente non lo so, anche perché l’edizione che possiedo è del 1998, e non so se ce ne siano state di successive – però è nelle collezioni di parecchie biblioteche.

Detto questo, si tratta di un saggio di un Serra giovanissimo, reazione piena di entusiasmo alla lettura di un Kipling fresco di Nobel.

Chi si ricorda più che Kipling è stato insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 1907? “In riconoscimento del potere di osservazione, dell’originalità d’immaginazione, della forza di idee e del notevole talento narrativo che caratterizzano le creazioni di questo autore celebre in tutto il mondo”, diceva la motivazione.

E Serra, che pure ha scoperto Kipling leggendone le traduzioni francesi, ammira “le grandi frasi sonore… gli aggettivi lustri come un soldo nuovo, le immagini sontuose e le osservazioni profonde.” Gli piace persino il nome, “squillante come le note di una fanfara esotica”. E nemmeno per un attimo è tentato di bollarlo come imperialista malvagio o di relegarlo ad autore per fanciulli.

Che poi, sia chiaro: in Kipling l’Impero c’è, con i suoi splendori e le sue piccinerie, lo squallore degli avamposti e il sangue delle battaglie, l’umanità multicolore, pericolosa e affascinante dei suoi popoli e, più di tutto, l’enorme peso di responsabilità che porta con sé. L’Impero di Kipling è una sorpresa: basta volerlo cercare un po’ al di là di Kim e dei Libri della Jungla.

Quindi per accostarsi alle sue opere, per smuovere qualche preconcetto, per vedere attraverso gli occhi di un contemporaneo quel potere di osservazione e quell’originalità d’immaginazione che avevano colpito la commissione del Nobel, si potrebbe far di peggio che leggere Serra. Ed è anche una bella lettura di per sé: critica letteraria nella sua veste migliore, nutrita di entusiasmo per la letteratura, per l’uso della lingua, per un autore appena scoperto, intrisa della gioia di leggere.

__________________________________________

* Anche se, in fairness, il Libro della Giungla e le Storie Proprio Così in Italia erano pilastri della narrativa per fanciulli già dalla fine degli anni Venti. Solo che prima, ogni tanto, si pubblicavano anche i racconti e la Luce che si Spense – poi ricomparsi editorialmente tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta.

 

Apr 15, 2010 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Dieci Libri Che Vorrei Avere Scritto

Dieci Libri Che Vorrei Avere Scritto

Non i miei dieci libri preferiti, ma dieci libri che sono davvero seccata di non avere scritto io. E’ diverso.

1) Lord Jim, di Joseph Conrad. Ma va’? direte voi. E’ una questione di potenza, di bellezza, d’intensità e di nitidezza. Nonostante la selva di narrazioni indirette, Conrad riesce a mettere tutto quanto in una prospettiva vertiginosa, centrata su un singolo errore del protagonista, conseguenza dopo conseguenza. Credo che potrei mentire, rubare, truffare e uccidere per saper fare questo…

2) History Play, di Rodney Bolt. Il più brillante, raffinato, intelligente e spiritoso gioco letterario che mi sia capitato di leggere – e ci sono pure cascata in pieno. Ci ho messo un bel po’ di pagine a capire che i dubbi su Shakespeare erano costruiti ad arte e che parte delle fonti erano immaginarie… e quando me ne sono accorta, ero talmente catturata dal gioco che non mi sono nemmeno seccata. Vorrei saper barare con tanta finezza e grazia.

3) Un Uomo Per Tutte Le Stagioni, di Robert Bolt*. Francamente non è che mi piaccia molto, e di sicuro non ho simpatia per Thomas More, ma accidenti, se vorrei saper mettere in scena dei personaggi storici (per tacere dell’occasionale figura allegorica) e farli parlare di ragion di stato, di Dio, di coscienza e di massimi sistemi con la plausibilità e naturalezza che a Bolt riesce così bene!

4) Poesie, di Emily Dickinson. Non scrivo poesia, ma quelle immagini che ti folgorano come un raggio di luce improvvisa e poi ti rimangono dentro, lustre e taglienti come gemme, chi è che non vorrebbe saperle mettere su carta?

5) Gli Ultimi Giorni di Costantinopoli, di Sir Steven Runciman. E’ rigorosissimo, ma si legge come un romanzo; è ricco e tumultuoso, e perfettamente chiaro al tempo stesso; e fa sperare, gioire e soffrire con i difensori, anche se sappiamo tutti benissimo come va a finire. Storia scritta al livello più entusiasmante.

6) Un libro qualsiasi di Gerald Durrel. Con la possibile eccezione di Storie Dal Mio Zoo, che posso accettare serenamente di non avere scritto io, sono tutti piccoli capolavori di humour leggermente surreale, memorie famigliari, viaggi e divulgazione scientifica, frullati con un’apparenza di disinvoltura noncurante che è tutta la mia invidia.

7) Kipling, di Renato Serra. Un gioiello di critica letteraria per profondità, intuizione, spessore, entusiasmo contagioso e bellezza della scrittura. E’ semplicemente impossibile non lasciarsi trascinare da Serra.

8) Annibale, di Gianni Granzotto. Letto e riletto così tante volte che la copertina si sta sbriciolando: una combinazione perfetta ed appassionante di rigore storico, capacità divulgativa e adesione profonda al personaggio, con l’occasionale speculazione intelligente.

9) La Figlia Del Tempo, di Josephine Tey. Già il fatto di dare ritmo a un giallo in cui l’investigatore è a letto con una vertebra fratturata non è impresa da poco. Qualora non bastasse, il giallo diventa una meravigliosa riflessione sulla storia e sulla verità, ed è anche condito di dialoghi scintillanti. Molto vicino alla mia idea di perfezione, grazie.

10) Il Pozzo Delle Trame Perdute, di Jasper fforde. Magari la trama non è la più tesa e compatta fra le avventure di Thursday Next ma, per una volta, non m’importa: è alla meravigliosa burocrazia del mondo dei libri, agli artigiani che producono pezzi di ricambio per i romanzi, al Gatto del Cheshire bibliotecario e a tutto questo splendore d’invenzioni metaletterarie che vorrei avere pensato io!

E poi, a dire il vero, è dura fermarsi qui**. La scelta non è stata facile: sono molti i libri che ammiro, e l’elenco si allunga continuamente (cosa che prendo per un buon segno). Però questa lista è già indicativa di quello che voglio non solo da quello che leggo, ma da me stessa quando scrivo. A giudicare dai titoli qui sopra, direi che intensità, idee, rigore, vividezza e personaggi che non si dimenticano sono sul menu, con un po’ di nonsense per dessert.

__________________________________________________________________________

* Non avevo mai fatto caso all’omonimia con l’autore precedente. Non so se ci sia parentela.

** Tant’è vero che debbo citarne almeno un altro: Jonathan Strange e il Signor Norrel, di Susanna Clarke, non foss’altro che per la brillante idea dei maghi inglesi che confondono le idee alle truppe napoleoniche spostando a destra e a manca strade, fiumi e villaggi di Spagna!