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Set 25, 2010 - grillopensante    2 Comments

Logica Disney

disney-beauty-beast.gifLa sospensione dell’incredulità è quel patto che, da tempi immemorabili*, narratore e destinatario della narrazione stringono (più o meno consapevolmente) prima dell’inizio: siamo tutti qui per una storia, tu creami un mondo, e io ne accetterò le regole per un po’ – fintanto che ci rimango dentro.

Faciloneria nella creazione e mancato rispetto delle proprie premesse tendono a condurre il narratore nei pasticci, ma la sospensione dell’incredulità è fatta di materiale più o meno elastico a seconda del destinatario della storia, dell’epoca, della distanza cronologica tra narratore e destinatario, del genere e di molti altri fattori. La SdI di un sofisticato lettore contemporaneo di fantascienza laureato in Fisica Nucleare tenderà a rompersi molto più facilmente di quella di un bambino che ascolta le fiabe, e di certo gli autori di romanzi storici ottocenteschi se la cavavano con disinvolture che adesso decreterebbero l’immediato fiasco di un romanzo – ma non necessariamente di un film.

Ci pensavo qualche tempo fa, mentre riguardavo insieme alla bambina di un’amica La Bella e la Bestia in versione Disney, e mi stupivo di non avere mai notato le macroscopiche incongruenze di trama e caratterizzazione.

Nel prologo, un Narratore con la voce meravigliosa di Nando Gazzolo ci racconta di questo giovane principe egoista, mutato nella Bestia eponima da una fata particolarmente punitiva. I termini della faccenda non sembrano troppo iniqui, a prima vista: se il principe riesce ad amare e farsi amare prima di compiere 21 anni, torna principe, otherwise rimane bestia per sempre. Gli anni passano e il principe va in depressione: chi avrebbe mai potuto amare una bestia? Si chiede Gazzolo in tono semitragico.

In realtà, a me la domanda rilevante sembra un’altra: chi avrebbe mai potuto trovare la bestia e provare ad amarla, visto che il castello sembra essere sperduto nel bel mezzo di una intricatissima foresta, lontano da tutti i sentieri battuti, e chiunque ci capiti per caso viene energicamente scoraggiato dal rimanere? Vista in quest’ottica, la punizione della fata assume all’improvviso l’aspetto di una condanna a vita che, inflitta a un bambino di undici anni, sembra un tantino drastica.

Undici anni? Ebbene sì: gli oggetti parlanti ripetono più volte che il castello è stregato da dieci anni, e Belle salva il principe-bestia appena prima del suo ventunesimo compleanno, per cui, se l’aritmetica non è un’opinione, le fate Disney sono pronte a condannare senza appello i bambini viziati ed egoisti, con la beffa aggiuntiva di una possibilità di redenzione dalle condizioni-capestro. Inquietante. 

Oddìo, poi forse così sperduto il castello non è, visto che il padre di Belle ci capita per caso, e Belle stessa raggiunge il posto senza eccessiva fatica – per non parlare poi degli abitanti del villaggio, ma allora c’è qualcosa d’altro che non mi torna. Un principe e il suo intero castello vengono stregati senza che nessuno se ne accorga e, appena dieci anni più tardi, gli abitanti di un villaggio within walking distance, cascano completamente dalle nuvole nell’apprendere la storia?

Forse di quest’ultimo particolare non bisogna stupirsi poi troppo, quando si considera che Belle, la diciottenne intellettuale (e proto-femminista) del villaggio, legge con trasporto e passione… Giovannino e la Pianta dei Fagioli Magici**, tra l’ammirata incomprensione dei suoi compaesani. Ma non facciamo del sarcasmo, e limitiamoci piuttosto ad osservare che sarebbe stato abbastanza semplice eliminare parte dei problemi dando all’incantesimo della fata l’effetto di modificare lo scorrere del tempo in qualche modo.

Invece no: gli autori (Linda Woolverton e Roger Allers, mica gli ultimi sprovveduti) strattonano deliberatamente la sospensione dell’incredulità dei loro piccoli spettatori, non preoccupandosi di creare dei problemi per quando gli spettatori, verso la quarantina, rivedranno il film e si faranno qualche domanda logica.

Ma d’altra parte, ammettiamolo: chi, nella sua fanciullezza, si è mai posto il problema? La Bella e la Bestia è un delizioso film e, se anni, distanze e logica non tornano troppo, tanto peggio per chi è cresciuto, ha ristretto la sua SdI e si è dimenticato che, all’interno delle fiabe, le cose funzionano in un altro modo.

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* Anche se il primo a teorizzarlo più o meno in questi termini è stato Coleridge.

** Qualcuno ha un’idea di quale possa essere l’altro libro, quello che il libraio regala a Belle? “Incantesimi, posti esotici, intrepidi duelli, un principe misterioso…” Più il particolare che l’eroina s’innamora dell’eroe prima di scoprire che è il suo re. Da ragazzina me l’ero chiesto molte volte. In realtà potrebbe benissimo essere una collezione di dettagli affastellati a caso, ma visto che la fiaba è una fiaba effettiva…

Ago 2, 2010 - cinema, scrittura    19 Comments

C’era una volta, in una galassia lontana lontana…

StarWarsIV.jpgIeri sera ho riguardato Guerre Stellari per la zillionesima volta, e non c’è niente da fare: tutte le volte resto colpita dal modo abilissimo in cui la sceneggiatura combina e manovra elementi narrativi vecchi come le colline.

A partire dall’introduzione su sfondo di cielo stellato*: Capitolo 4 – Una Nuova Speranza. Ovvero, o Spettatore, bada ben che adesso ti precipito in medias res che di più non si potrebbe, non solo in azione, ma nel bel mezzo di una storia già iniziata, una storia vecchia ed epica, che non mi prenderò la briga di raccontarti fin a qui, se non per accenni e spizzichi**.

E poi… bam! Enormi astronavi che inseguono astronavi più piccole (non parteggi già istintivamente per la lepre, o Spettatore?), e molta agitazione sull’astronave-lepre, con questi soldati dall’aria superannuata e vagamente coloniale, questi corridoi pieni di fumo… Non si mette bene. Enter i droidi, che forniscono un po’ d’informazioni essenziali: a) siamo alla frutta; b) stavolta per la principessa sono guai.

Che la situazione non fosse rosea l’avevamo intuito, ma quello che dovevamo scoprire qui è che c’è di mezzo una principessa. Una volta ho partecipato a un workshop, il cui insegnante ci ha spiegato come certe parole siano concettualmente e connotativamente più attraenti di altre. “Su una scala da uno a dieci,” diceva, “principessa è probabilmente a 856.” Come dire che se Leila fosse stata una senatrice o una presidentessa non sarebbe stato assolutamente lo stesso. Tra l’altro, abbiamo visto le astronavi, abbiamo visto i droidi, non c’è il minimo dubbio che siamo in piena fantascienza: che ci fa di preciso qui una principessa***? Sii debitamente curioso, o Spettatore.

Anche perché, per il momento, di lei vediamo ben poco: giusto un paludamento bianco, e poi via, a conoscere il Malvagio. Il Malvagio ha una di quelle entrate che sembrano prese da un romanzo gotico di fine Settecento… ma che dico? L’entrata è presa dai romanzi gotici di fine Settecento, punto. Cue: ominous music. Tra vortici di fumo, un misterioso personaggio in armatura e mantello nerissimi**** avanza lungo il corridoio cosparso di cadaveri*****, e i suoi supersoldati scattano sull’attenti. Chiaramente, siamo davanti a Qualcuno. In rapida successione lo vedremo spezzare il collo con totale indifferenza al comandante che reclama status diplomatico, terrorizzare i suoi subordinati, e più o meno scavalcare il suo comando… Il tutto senza togliersi l’elmo nero, il tutto continuando a respirare male assai… Qui c’è malvagità, o Spettatore, ma c’è anche mistero: chi è costui? Da dove viene? Che cosa vuole? Ha una redenzione in vista? Un’attenuante? Una tragica storia alle spalle?

Indi vediamo un po’ meglio la principessa. Avrà pure le trecce e il lungo abito bianco, ma decisamente non è una damigella indifesa: maneggia un folgoratore con letale disinvoltura e, portata davanti al Malvagio, mente e insulta – o almeno ci prova. Quindi scopriamo che non è nuova a questo genere di numeri (ma a dire il vero lo sapevamo già: “Questa volta per la principessa non ci sono speranze,” aveva detto D3BO), lei e il Malvagio si conoscono bene, ed è amica dei ribelli. Ribelli è un’altra di quelle parole, detto per inciso. Dunque, ricapitoliamo: da una parte ci sono i ribelli comandati da una tosta e graziosa principessa in bianco, e dall’altra gli oppressori rappresentati da un crudele signore della guerra in mantello nero. Per chi parteggi, o Spettatore?

E non dimentichiamoci i droidi, per favore. Prima di essere catturata, la principessa è riuscita a contrabbandarli fuori dall’astrolepre, ma… in un esempio da manuale di “La Vostra Soluzione Ha Appena Creato Un Problema Ancora Più Grosso”, i malvagi se ne sono accorti, e scendono a loro volta sul pianetino sabbioso, dove – non avere dubbi, o Spettatore – Qualcosa sta per accadere.

Ecco qui: la scena è stabilita, completa di dosi industriali di conflitto. E per di più – colpo di genio – finora dei protagonisti abbiamo visto poco o nulla, e quasi tutto ci è stato mostrato dal punto di vista di due droidi! Simpatici droidi, chiaramente intelligenze artificiali dalla spiccata personalità******, ma pur sempre esseri artificiali creati dall’uomo.

Oh… ho l’impressione che George Lucas abbia appena fatto qualcosa alla mia sospensione dell’incredulità: ha inziato a raccontarmi una storia di genere, presentandomela come il capitolo intermedio di una storia narrata, e mostrandomela attraverso gli occhi meccanici di due macchine intelligenti. Dimenticati di avere un’incredulità da sospendere, bambina: non hai bisogno di credere a niente, questa e una storia e tutto può succedere!

Guerre Stellari dovrebbe essere testo di studio obbligatorio.

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* La prima volta che ho visto Spaceballs ho rischiato di strozzarmi con il tè: If you can read this, you need no glasses

** Ed è un’idea talmente buona che, se fosse stato per me, la seconda trilogia non avrebbe mai visto la luce, lasciando allo Spettatore l’agio di ricostrurire i precedenti a sua immaginazione e preferenza.

*** Non è che le principesse siano del tutto inaudite in fantascienza, vedi A Princess of Mars, di E.R. Burroughs, datato 1917, ma restano un nonnulla inconsuete: sii preparato, o Spettatore, perché è probabile che le cose non siano come te le aspetti.

**** E se pensate che il color coding non sia sottile, è perché non sta affatto cercando di essere sottile.

***** L’avevamo detto che per questa gente non si metteva molto bene. C1P8.jpg

****** Pur non essendo una principessa galattica, pur non contrabbandando piani di astronavi e pur non pilotando caccia stellari, voglio anch’io un C1P8.  A quanto pare, potrei.