Mar 13, 2010 - Oggi Tecnica, Vita da Editor    3 Comments

Ma è successo davvero

“…E consideri l’ipotesi di eliminare questo flashback della panchina.”

“Vuole scherzare? Non si può togliere*, è assolutamente essenziale* per capire l’interiorità del protagonista!”

“Be’, in alternativa potrebbe spostarlo più avanti, perché qui interrompe il flusso narrativo. Ma visto che lo riprende in mano, perché non prova a rivederlo? Cerchi di renderlo più verosimile.”

“Ma… ma è così che è successo! Voglio dire: è successo davvero, è una cosa vera, è vita vissuta!”

E questo è il punto in cui l’editor si toglie gli occhiali, si pizzica la radice del naso e dà un gran sospirone. Ora, non ricordo se fosse Balzac a dire che la letteratura non dev’essere vera, ma verosimile. Tuttavia, chiunque l’abbia detto aveva ragione. La realtà può permettersi di essere illogica, scomposta, irrilevante, casuale – e anzi, spesso lo è – ma con la scrittura le cose vanno diversamente. Tutto quello che sta in una storia deve esserci per una ragione valida, inerente al significato della storia stessa. Il fatto che qualcosa sia “successo davvero” non costituisce una ragione valida. O almeno non una ragione valida sufficiente.

Tutto deve essere rilevante, e non sto parlando di rilevanza assoluta, ma interna, inerente alla storia. C’è un desolato racconto di Katherine Mansfield, intitolato La Mosca, in cui passiamo una certa quantità di tempo ad osservare gli sforzi disperati di una mosca per ripulirsi dall’inchiostro che le viene versato addosso goccia a goccia. Detto così non sembra un granché, ma ogni battito d’ali della mosca assume tutta la rilevanza del mondo nell’ottica dell’uomo che ha appena perso un figlio in guerra. E’ un racconto incredibilmente triste, e un esempio magistrale di come si possa investire di significato una minuzia in apparenza del tutto triviale. E funziona non in virtù della sua verità, ma della perfetta prospettiva tra il figlio perduto e la mosca.

Una perfezione che, diciamocelo, la “vita vera” possiede raramente. Ecco: uno scrittore è qualcuno che capisce come la “vita vera” non vada gettata sulla carta allo stato grezzo, ma drappeggiata su una solida struttura di rilevanze e di significati.

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* Questa è la reazione classica, primaria e istintiva: suggerite a uno scrittore (con tutta la cautela del caso) di eliminare qualsiasi cosa, e vi dirà che a) non si può assolutamente; oppure b) il capitolo/pagina/paragrafo/riga/segno d’interpunzione che volete eliminare è assolutamente essenziale; oppure c) entrambe le cose. In ogni caso l’implicazione è che voi, o editor, non avete capito un bottone.

Ma è successo davveroultima modifica: 2010-03-13T08:51:00+01:00da laclarina
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3 Commenti

  • Bravissima, sono d’accordo, e ciò che hai pensato lo hai scritto molto bene, non cambierei una virgola…

  • Chiamo King in difesa del tuo cliente 😀

    «[…] aveva raccolto con rabbia il giornale e lo aveva sfogliato fino all’ultima pagina per mostrarle un articolo in una rubrica intitolata Questo strano mondo. Il titolo era «Cane ritrova la via di casa dopo tre anni». Raccontava la storia di un collie di nome Ralph, perso durante una vacanza della sua famiglia a Port Charlotte, Florida. Tre anni dopo Ralph si era ripresentato all’abitazione dei padroni a Eugene, Oregon. Era magro, senza collare e con qualche vescica sulle zampe, ma nel complesso stava abbastanza bene. […] «Secondo te che cosa ne penserebbe Monsieur Carson Foray se trovasse una storia così su un mio libro?» aveva esclamato Scott […] «Credi che mi sparerebbe un fax per dirmi che scricchiola un po’, vecchio mio?» […] «E ti dirò una cosa, Lisey», era sbottato, «i romanzieri sono costretti a sgobbare ostacolati da handicap tremendi. La realtà è Ralph che ricompare dopo tre anni e nessuno sa perché. Ma un romanziere non può raccontare una storia così! Perché scricchiola un po’, vecchio mio!»

    da storia di Lisey

  • @ Bruno: grazie!
    @ Renzo: il teste è inaffidabile! :-)) Fa predicare Scott, ma poi razzola in tutt’altra maniera, lui. Se c’è qualcosa di cui non si può proprio accusare SK è la vaghezza strutturale.