Giu 19, 2010 - Oggi Tecnica    2 Comments

Egli disse, ella disse

Capita di scrivere un dialogo e di essere colpiti all’improvviso da quella che sembra una manifica idea: perché invece di ripetere ad nauseam “A disse” e “B disse” e via così, che è monotono e generico, non uso qualche bel sinonimo espressivo? E/o qualche bell’avverbio? Una giudiziosa combinazione delle due cose non mi darebbe un dialogo più vivace e meglio caratterizzato, oltre che meno banale?

La risposta è no, no, no, mille volte no. Date un’occhiata all’esempio qui sotto. Si suppone che sia una scena d’azione in cui A e B, guidati da D, inseguono dei nemici più numerosi e meglio armati di loro.

“Tra poco saremo al villaggio” annunciò D con sicurezza. “Dopo il villaggio la strada si allontana dal fiume, risale ed entra tra gli alberi. Quando stavo con la zia, scendevamo sempre al villaggio a comprare il sale per la scorciatoia che gira in alto, sopra il bosco” spiegò.

“Scorciatoia sopra il bosco?” ripeté B, rizzando le orecchie.

“Sissignore, si imbocca dopo la curva, non si vede quasi, è un sentierino che sale verso sinistra” rispose lui e, cogliendo al volo l’idea del gigante, esclamò euforico: “Ma, volendo, si può tagliare nel bosco, riprendendo la strada dopo il posto X.”

“Ridiscendere alla strada dopo il posto X? Cos’è questo posto X? E dov’è?” interrogò A.

“Tra, tra… che so, tra quattro, cinque miglia almeno. Lo chiamano il posto X, ma restano solo rovine” D balbettava quasi per l’eccitazione.

“Abbiamo la nostra sorpresa, D, sei un genio!” decise B. Si misero in cammino.

“Ci siamo”  affermò D poco dopo, mostrando un sentiero che saliva ripido sulla sinistra. Salirono.

“Di qua, di qua” sollecitò D, indicando con la mano il limitare degli alberi a destra. “Ecco il posto X” dichiarò soddisfatto, dando l’alt. “La strada è poco lontana, ci si arriva di là” spiegò, indicando la scarpata davanti a loro.

“Abbiamo guadagnato terreno e i carri vanno piano. Abbiamo il tempo per organizzare un’imboscata” valutò B.

“Andate giù a piedi, studiate la situazione e tornate a riferire” ordinò A.

Ecco, non so se mi spiego: dodici sinonimi diversi del verbo dire, per non parlare delle qualificazioni, tra il semi-lirico e il burocratico, il tutto – presumibilmente – nel duplice intento di scongiurare la monotonia e differenziare le voci. Peccato che non funzioni… E’ sabato, siamo in giugno, quindi magari avete una mezz’oretta da dedicare a un paio di istruttivi esperimenti.

Primo esperimento: leggete l’esempio ad alta voce e ascoltatevi per bene, oppure fatevelo leggere da qualcuno, oppure registratevi e ascoltate. Avete colto la dolorosa goffaggine del dialogo? Bene.

Secondo esperimento: copiate e incollate il dialoghetto in un processore di scrittura e sostituite tutti i verbi sottolineati con il buon vecchio “disse”, eliminandoli senza remore quando ce ne sono troppi. Poi togliete di torno i vari soddisfatto, euforico, con sicurezza e compagnia cantante. Adesso rileggete il pezzo: a parte il fatto che scorre meglio, vi pare che le voci siano diverse l’una dall’altra? Sareste in grado di determinare chi sta parlando se non vi venisse detto esplicitamente? No, vero? Appunto.

Il fatto è che da una parte tutti quei bei sinonimi e aggettivi trascinano fuori dalla storia, e dall’altra, senza di essi, il dialogo è pressoché incomprensibile. E allora come si fa? Una volta di più, è questione di mostrare e non dire: dev’esserci un modo per mostrare che D è soddisfatto o euforico, anziché dirlo – attraverso l’azione. Dev’esserci un modo per distinguere D da A e B – attraverso il modo di parlare. Tutto il resto deve essere come un macchinario teatrale: efficiente ed invisibile. Il lettore non deve accorgersi che gli state dicendo che D parla ancora e ancora, o che D è soddisfatto… deve sentire la sua voce, percepire la sua soddisfazione.

Proviamo:

D li guidò fuori dal bosco. “Visto? E’ il posto X,” disse, col fiato ancora grosso per la salita. “Che vi avevo detto? E la strada è proprio qua sotto, guardate.” Indicò col dito il nastro bianco che s’intravedeva tra gli alberi e, quando si voltò a guardare i due uomini, la luce compiaciuta negli occhi di B gli fece allargare il cuore.

Ok, non è da nobel per la letteratura, ma mostra molto più di quanto non dica: D ha fatto la strada poco meglio che di corsa nella sua impazienza, D è compiaciuto di se stesso, D cerca l’approvazione di B – e la ottiene.

Per cui, terzo esperimento: provate a riscrivere tutto il passaggio, dando ad A, B e D delle voci ben distinte, delle azioni che rivelino quello che pensano, dei nomi se volete. Tenete il punto di vista di D (sapete solo quello che D sa, pensa, vede e sente). Poi, se ne avete voglia, ricominciate dal punto di vista di B, e poi ancora da quello di A – ciò che viene detto non cambia, ma le reazioni e le interpretazioni? Per esempio, ha proprio ragione D nel pensare che B sia soddisfatto? E A lo è altrettanto?

“Se ne possono spremere, di esercizi di scrittura, da dieci battute di dialogo,” argomentò soddisfatta la Clarina e, sospirando compiaciuta, annuì a sé stessa, salvò con prudenza il post e lo pubblicò.

Egli disse, ella disseultima modifica: 2010-06-19T08:58:00+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • Ciao, sono d’accordo. A furia di sinonimi della parola “dire”, si rischia il ridicolo (bofonchiò Danilo)

  • C’è un celebre esempio, spesso citato nei corsi di scrittura americani, che si potrebbe tradurre come “Aiutami,” crocidò Richard.
    Crocidò… no, dico: *crocidò*!!