Apr 4, 2012 - libri, libri e libri    3 Comments

Le Ragazze Di Dickens

dickens, bicentenario 1812 2012, personaggi dickensiani, florence dombeyCi sono le zitelle, ci sono le sventate, ci sono le sventurate, ci sono quelle di cattivo carattere, ci sono le perdute (non molte), ci sono le deliziose e poi ci sono le angeliche – ma Dickens ci caccia sempre qualche ragazza da marito. Ed è solo ovvio: come immaginare un romanzo ottocentesco senza una ragazza da marito?

Un matrimonio all’ultimo capitolo è un accessorio indispensabile, tanto più soddisfacente quanto più è stato avversato nel corso dei capitoli precedenti. Si capisce che di matrimoni possono essercene stati altri nel corso del romanzo (con la popolazione media dei tomi di Dickens sarebbe sorprendente il contrario), ma si capisce anche come un matrimonio in intinere non sia in posizione di coronare alcunché e non abbia assolutamente le stesse garanzie di felicità di un matrimonio all’ultimo capitolo.

Guardate la graziosa e sventata Dora Spenlow: sposa David Copperfield piuttosto presto – e altrettanto presto muore, lasciando David libero di salvare sposare la paziente amica d’infanzia Agnes Wickfield – un’angelica tendente al saggio.

Si dice che Dora sia basata su Maria Beadnell, il primo amore di Dickens, ma allora accanto a Dora bisogna ascrivere all’influenza della povera Maria anche ragazze come Cherry Pecksniff, Pet meagles e Rosa Bud – e forse anche Flora Finching in gioventù: graziose e vivaci testoline vuote, tutte boccoli d’oro, piccole tirannie e vezzi infantili. È raro che vadano a finire terribilmente bene…

Che poi talvolta il confine fra sventata e deliziosa è labile. Suppongo che Ruth Pinch sia stata pensata come esponente della seconda categoria, ma credo che nessun lettore moderno possa leggere la pagina in cui Ruth cucina il suo primo steak pudding senza desiderare di darle una buona scrollata. Ma la cosa rilevante è che l’innamorato di Ruth è atteso a pranzo, il matrimonio coronatore è in arrivo dopo un assortimento di avversità, e Ruth è una di quelle che non si sono inaciddickens, bicentenario 1812 2012, personaggi dickensiani, rosa Dartleite.

A differenza, per esempio, di Merry Pecksniff (la sorella di Cherry), Rosa Dartle o Fanny Squeers, inacidite dallo zitellaggio e/o dall’amore non corrisposto. O di Caddy Jellyby, inacidita invece dalla rovinosa ossessione della madre per le missioni africane. Caddy si raddolcirà grazie a Esther Summerson, sposerà il suo giovanotto al terzultimo capitolo e sarà molto felice.

Esther Summerson è un po’ come Agnes: non è quella graziosa, non è quella vivace, però è intelligente e saggia – abbastanza per essere l’unica voce narrante femminile di Dickens. Poi crede di essere orfana, poi ha avuto un’infanzia infelice, poi in realtà si scopre (socialmente) peggio che orfana, poi piglia il vaiolo per troppa generosità e resta sfigurata, poi s’innamora ma per gratitudine accetta di sposare un altro uomo… cadrebbe nel campo delle sventurate, se non fosse che poi tutto s’aggiusta. Sventurata sì, ma sposata felicemente.

Come, d’altra parte, Florence Dombey: figlia trascurata, sorella devota e orbata, innamorata frustrata – ma con sorprese, cotillons e fiori d’arancio prima della fine.

Lucie Manette è un caso abbastanza a sé. Pur biondocrinitaocchiazzurrina e dolce, viene descritta fin da subito come saggia, determinata e matura – e così rimane per tutto il libro. Recupera il padre infermo nel corpo e nello spirito, redime Sydney Carton, tiene unita la famiglia quando suo marito è imprigionato ingiustamente a Parigi… Sussurrasi che Lucie fosse basata su Ellen Ternan, la giovane amante di Dickens, ma non si può nemmeno dire che Dickens scrivesse personaggi migliori quando aveva in mente un modello in carne e ossa. 

dickens, bicentenario 1812 2012, personaggi dickensiani, little nellDelle emanazioni di Maria Beadnell abbiamo già detto, ma parliamo di quelle di Mary Hogarth, la cognatina dell’autore, morta a diciassette anni e immortalata nell’insostenibilmente angelica Little Nell. Nell è una di quelle ragazzine troppo dolci per vivere, sventurata per quattro, tenera, saggia, affettuosa, paziente e mite e coraggiosa e pia… E come Mary, muore giovane e semi-santa in una scena che, come diceva Oscar Wilde, bisogna avere un cuore di pietra per non riderci su. Ma di Mary ci sono altri ritratti, dolci, sventurate e pazienti fanciulle come Kate Nickleby, Lizzie Hexam o Rose Maylie.

Ecco, Rose Maylie, è una ragazza dickensianamente esemplare: è una Mary*, è una funzione narrativa in crinoline ed è una Prima Amorosa piuttosto dimenticabile. Rose compare senza preavviso né provocazione al capitolo 29 di Oliver Twist, ha diciassette anni come molte eroine dickensiane ed è preternaturalmente saggia, bella e dolce. Par quasi di udire la voce di Richard Bentley: “Ottimo lavoro, Boz ragazzo mio, ma mettici una storia d’amore. Abbiamo lettrici da far contente, che cosa credi? Non m’importa come, ma mettici una ragazza, un ragazzo, qualche difficoltà e un matrimonio all’ultimo capitolo.” E Dickens obbedisce. Pur con tutte le sue perfezioni, Rose non può sposare il suo innamorato, perché l’ombra di uno scandalo famigliare grava su di lei. Poi, nel giro di un capitolo – e di nuovo senza preavviso né provocazione- si ammala gravissimamente, rischia di morire e poi guarisce, rendendo tutti molto felici e avendo portato in scena il suo (parimenti irrilevante) giovanotto. Prima della fine, si capisce, tutto si sarà aggiustato, con il tocco aggiuntivo di una bella agnizione – che quelle non  fan mai male.

Che Rose sia una figurina di zucchero di discutibile utilità narrativa e scialba personalità, mette ancor più in luce il contrasto con l’altra ragazza del romanzo, la tormentata prostituta Nancy, ragazza perduta con dilemmi morali, truce destino e più chiaroscuro psicologico di chiunque altro in scena – con la possibidickens, bicentenario 1812 2012, personaggi dickensiani, Dolly vardenle eccezione di Fagin.

D’altra parte, non si tratta di un caso isolatissimo: Emma Haredale, Prima Amorosa in Barnaby Rudge, è la più pallida e bidimensionale creatura che si possa immaginare – e francamente non c’importa poi molto se Edward Chester riuscirà a impalmarla o no. O meglio: diamo per scontato che sarà così e non ci pensiamo più. Per contro l’impertinente, capricciosa e civettuola Dolly Varden è un personaggino memorabile e vivace. Non è angelica, non è mite, non è dolce – però è ben scritta.

Viene da domandarsi se a Dickens per primo non importasse un bottone delle sue nice girls – le Rose Maylie, le Amy Dorrit, le Emma Haredale, le Mary Graham, le Madeline Bray: bellissime, tenere, eminentemente maritabili.

E altrettanto noiose. 

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* La prozia di tutte le Mary Sue, perhaps?

Le Ragazze Di Dickensultima modifica: 2012-04-04T08:10:00+02:00da laclarina
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3 Commenti

  • Si potrebbe assumere un tono conformista, e dire che all’epoca di ruoli un po’ più polposi, per i personaggi femminili, non ce n’erano.
    Ma sarebbe un errore.
    In effetti gran parte delle donne dickensiane incontrate finora sono di una noiosità non indifferente.
    Non che il panorama generale fosse poi molto meglio, comunque.
    Si tratta di un limite di autori e pubblico, probabilmente.

  • Ciao, ci siamo incrociate sul blog strategieevolutive.
    E’ da un po’ che leggo il tuo blog e lo trovo davvero interessante e divertente due cose che raramente vanno a braccetto di questi tempi.
    Adoro i post come questo!
    Credo che alla fine queste nice girls annoiassero Dickens, se non nella realtà certamente nella pagina scritta, proprio per l’assenza di un conflitto come si deve.
    Però probabilmente piacevano al pubblico…
    Dici che oggi come oggi una vampira o un angelo ce li avrebbe inseriti anche lui nei romanzi?

    Cily

  • @Davide: a voler essere più cinici, si potrebbe dire che (con l’occasionale eccezione) le ragazze di Dickens in realtà si dividono tra mere plot devices, MaryHogarts e una combinazione di entrambe le cose. Diciamo che la forza dello Zio Charles non risiede nella profonda caratterizzazione dei suoi personaggi femminili, eh?

    @ Cily: vampire e angeli, eh? Credo proprio di sì. Sempre attento al gusto del pubblico, il buon Dickens. Ma sai cosa? Credo che oggidì Dickens non sarebbe un romanziere, ma uno sceneggiatore televisivo – di quelli da grandi ascolti… 🙂