

Il Carteggio Marlowe
Tardissimo – perdonate. E neanche molto lungo. Passerà anche l’influenza…
Ma veniamo a noi. Era un po’ che meditavo su The Marlowe Papers, romanzo in versi della poetessa Ros Barber.
Insomma, un’altra storia neo-marloviana, con il buon Kit che, invece di morire a Deptford, fugge sul Continente e procede a scrivere tutto il canone shakespeariano… A parte tutto il resto, quante volte è già stata scritta? E d’altro canto è ormai risaputo che, quando si tratta di Christopherm Marlowe, la mia capacità di resistere alle tentazioni, anche le più improbabili, è… ridotta. Ma soprattutto, l’idea di un romanzo in versi – in pentametri giambici! – mi attirava da matti, non foss’altro che per pura e semplice improbabilità.
Alla fine a decapitare i miei tentennamenti ci ha pensato Babbo Natale, scodellandomi The Marlowe Papers sotto l’albero… E diamine, ne valeva la pena in tutti i modi possibili.
Perché la signora Barber, o Lettori, Sa Quello Che Fa.
Può darsi che la nuda ossatura della trama si sia già vista decine di volte (vedi § 2), ma qui è sfaccettata in un’infinità di piccole scene, narrate in prima persona poetica da un Marlowe per cui è impossibile non parteggiare. Comincia arrogante, pieno di fuoco, incauto e troppo fiducioso per il suo stesso bene, e un po’ per volta, ogni singolo passo verso la grandezza si rivela un’imprudenza da pagarsi a caro prezzo. E noi, leggendo, ci dimentichiamo della teoria bislacca su cui è costruita la trama, per appassionarci ai tormenti, ai riscatti momentanei, alle speranze condannate del narratore.
Le poesie sono alla fine fine lettere in versi che, dall’estero o dall’invisibilità precaria di un incognito che rischia di far acqua ad ogni passo, Marlowe scrive senza mai spedirle a Thomas Walsingham – amico, mecenate, salvatore e amante… Lettere non spedite, metà diario e metà testamento per almeno tre quarti del libro.
E, per una volta, persino la trasformazione da Marlowe in Shakespeare è fatta con immaginazione e sottigliezza, intrecciando fatti conosciuti, dubbi, ipotesi, vuoti biografici e cronologie di titoli con molta, molta più finezza di quanta se ne veda di solito in questo genere di operazioni.
Il tutto in pentametri giambici – e se pensate che la forma intralci la narrazione, ebbene lo pensavo anch’io, ma mi sbagliavo. Il linguaggio è una gioia – ricco, vario, con una combinazione perfetta di colore elisabettiano e scioltezza contemporanea. E il ritmo del verso da alla voce di Marlowe una specie di pulsazione, un’urgenza irrequieta che trascina dalla prima all’ultima pagina.
Morale: sono conquistata. No, non nel senso che vo abbracciando tesi neo-marloviane – o anche solo antistratfordiane – ma è di nuovo come per History Play: l’intelligenza e l’ammirevole esecuzione, e la capacità narrativa… Allo scrittore che riesce a travolgermi con le variazioni su una storia che, di per sé, mi manda il latte alle ginocchia, va tutta la mia ammirazione.
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- The Psychology of Renaissance Drama (footnote52.wordpress.com)