Shakeloviana: The Player’s Boy
In realtà ci sono almeno due libri con questo titolo, ma oggi parliamo di Antonia Forest, prolifica autrice per ragazzi negli anni Sessanta, con un paio di romanzi storici al suo attivo.
Il primo è questo – e cominciamo dicendo che, a differenza di altri romanzi per fanciulli, lo si legge volentieri anche da adulti. La storia è quella, tutt’altro che inusuale in narrativa, di un ragazzino che fugge di casa e si ritrova in un mondo vasto e inaspettato e scopre la sua vocazione, ma ci sono alcuni particolari a differenziarla dalle centinaia di altre simili.
A undici anni, Nicholas Marlow è un orfano fortunato. Vive con un fratello molto maggiore, agiato e indulgente, e la sua giovane moglie – e studia con profitto, se non con grande soddisfazione, alla grammar school. I guai cominciano quando, in vista della nascita del primo figlio, fratello e cognata decidono di mandare Nicholas come pensionante presso la scuola. Allontanati da casa a undici anni, ci si sente traditi – e si fanno salti logici non indifferenti: per non volersene stare lontano da Trennels fino a Natale, Nicholas non trova di meglio che fuggirsene a Londra con l’aiuto di un ospite occasionale del fratello – l’affascinante quanto allarmante Kit Marlowe, che si potrebbe ascoltare per ore, che non ha la minima remora a dichiararsi (gasp!) ateo, e che conosce Sir Walter Raleigh.
Perché la grande idea di Nicholas è quella d’imbarcarsi per il Nuovo Mondo, e in quest’epoca di spelling fluido, non sarà difficile farsi passare per un cugino del ben connesso Marlowe… Ma è la fine di maggio del 1593, e tutti sappiamo che succede: Kit viene ucciso a Deptford, e Nicholas si ritrova da solo. Ci vorrà qualche avventura prima di trovarlo installato come apprendista attore presso la Compagnia del Ciambellano, dove un altro poeta, un certo Will Shakespeare, si prende sommaria cura di lui, in parte per buon cuore e in parte perché lo crede cugino del defunto Kit.
Seguono teatro, bugie, cospirazioni cattoliche e avventure miste assortite, tutto molto grazioso a leggersi, ben raccontato e gradevole – ma quel che conta ai fini di Shakeloviana l’abbiamo già visto. Un’era elisabettiana un po’ di fantasia (soprattutto in fatto di disinvolture sociali) e Kit & Will visti attraverso gli occhi di un ragazzino.
Marlowe è affascinante e pericoloso, pieno di ombre e di misteri e alla fin fine irresponsabile, ma capace di simpatizzare con l’infelicità e l’irrequietezza di Nicholas. Probabilmente non è una buona idea aiutare un undicenne a scappare di casa – soprattutto se poi ci si fa uccidere, lasciando l’undicenne in questione in un mare di guai – ma per tutto il libro, quando qualcuno gliene parlerà male, Nicholas continuerà a ripetere che Marlowe è stato buono con lui. Shakespeare, per contro, è affidabile, paziente e gentile, e diventa una presenza rassicurante nella vita di Nicholas, accompagnandolo alla maturazione e sviluppando per lui un affetto quasi paterno, soprattutto dopo la morte di Hamnet.
Quel che colpisce di questo romanzo, è come il rapporto del fittizio Nicholas con questi due uomini diventi una graziosa metafora del ruolo di entrambi nella creazione del teatro moderno: Marlowe è quello audace e pericoloso, che rompe con i precedenti e dà inizio a un nuovo corso di cose, mentre Shakespeare, una volta “ereditato” Nicholas, lo fa crescere sul piano personale e artistico…
Alla fin fine, non so se come romanzo per fanciulli TP’sB sia invecchiato benissimo – conosco molti fanciulli contemporanei che probabilmente ci si annoierebbero più che un pochino – ma un adulto, a patto di sorvolare sull’occasionale inaccuratezza nella descrizione dei rapporti sociali, può trovarci qualche soddisfazione. Per quanto ne so, non è mai stato tradotto in Italiano, ma il linguaggio è del tutto abbordabile – e la lettura vale la pena.